(A.G.) I giornalisti del Tirreno di Livorno hanno votato la sfiducia al direttore Stefano Tamburini, solo cinque mesi dopo il suo insediamento. Su 77 giornalisti in organico, 54 si sono espressi contro il direttore, 7 a favore, 5 si sono astenuti. Lo scorso 16 dicembre Tamburini aveva ottenuto il gradimento dell’assemblea dei redattori con 57 voti a favore, 5 contrari e 5 schede bianche. Numeri al contrario. 

Il direttore non si è fatto benvolere, ma negli ultimi tempi la redazione gli contesta tre gesti. Il primo la partecipazione alle trattative sindacali, sempre schierato con l’Azienda. Il secondo è l’estensione dei comunicati firmati dall’Azienda: Tamburini nega di essere lui l’autore. Il terzo è il taglio dei turni domenicali. 

modena, reggio e ferrara

All’assemblea della mattina del 17 maggio si è arrivati dopo giornate tempestose. Il Tirreno è stato venduto -sei milioni di euro sarebbe la cifra- il 15 dicembre 2020 dal gruppo Gedi di John Elkann alla Sae (Sapere Aude Editori) di Alberto Leonardis, del costruttore Maurizio Berrighi, originario della Val di Cornia, in provincia di Livorno, e di un altro gruppo di azionisti. Venduto assieme ad altri tre quotidiani, la Gazzetta di Modena, la Nuova Ferrara, la Gazzetta di Reggio. Ai Comitati di redazione Leonardis ha annunciato di voler allargare gli orizzonti comprando anche la Nuova Sardegna. Il quotidiano di Sassari appartiene alla Gedi, ma da due anni e mezzo è in affitto alla società DB di Ninni Briglia e Gianni Vallardi. L’affitto scade a fine anno e DB ha fatto sapere di non voler rinnovare. La Nuova -a differenza del Tirreno- produce utili e Gedi non ha ancora deciso se tenerla, venderla o di nuovo affittarla. Leonardis ha un diritto di opzione in caso di vendita, voleva comprarla assieme agli altri quattro giornali, ma l’offerta fu giudicata troppo bassa. Per l’eventuale acquisto potrebbero entrare in società Nicola Petruzzi, abruzzese come Leonardis, imprenditori della sanità, titolare del Policlinico Sassari e altri imprenditori sardi.

incubatore di start up

Leonardis dopo aver comprato Il Tirreno e gli altri tre quotidiani da Gedi ha annunciato progetti importanti: un incubatore di start up, una piattaforma di produzione video da rivendere a colossi delle tv mondiali, una scuola di alta formazione in giornalismo digitale. In realtà pochi passi avanti ci sono stati anche sugli investimenti digitali, sulle nuove dotazioni informatiche. Anzi, i giornalisti addetti all’online sono stati ridotti. 

All’inizio di maggio è arrivata la richiesta di cassa integrazione al 35 per cento per 18 mesi, l’annuncio di prepensionamenti e di incentivi all’esodo. Già era stato effettuato il taglio dei compensi dei fotografi, meno 30 per cento. Quando la nuova proprietà è arrivata fu firmato un accordo per mantenere intatto l’organico per sei mesi; infatti i tagli dovrebbero scattare dal 1° luglio. Motivati dall’emergenza Covid.

sciopero sospeso

Mercoledì 12 e venerdì 14 maggio le redazioni dei quattro quotidiani hanno fatto sciopero. Poi hanno sospeso il terzo, previsto per il 15 maggio, dopo un incontro con Leonardis che riapriva il tavolo delle trattative. Dopo questa distensione, però, il direttore del Tirreno, Tamburini, ha firmato l’ordine di servizio sulle domeniche. La richiesta di sfiducia era nell’aria. La mattina del 17 Leonardis ha tentato una nuova mediazione, chiedendo al Cdr di non votare contro Tamburini e promettendo un intervento aziendale sul direttore, per un maggior rispetto della redazione. Il Cdr ha chiesto che il direttore non partecipi più alle trattative dal lato dell’Azienda. Tamburini ha fatto sapere che non farà il portavoce della Sae, ma che vuole essere presente anche ai prossimi incontri. Durante questo incontro Leonardis ha annunciato l’interessamento per la Nuova Sardegna: l’obiettivo dei tagli -ha spiegato- è chiudere il bilancio in pareggio, per allargare il gruppo e acquisire maggior solidità, grazie anche ai buoni risultati del quotidiano sardo.

La redazione ha votato lo stesso la sfiducia. In questo momento l’Azienda sembra più preoccupata della direzione, riguardo al clima in redazione. Tamburini è amico personale del socio forte della Sae, Berrighi, Ma la sua conduzione del giornale è stata critica verso il Pd toscano, mentre Berrighi è sempre molto vicino a quel partito, che da anni governa la Regione. Dopo il voto di sfiducia, il Cdr è andato a informare il direttore, che ha affermato di voler riprendere i dialogo.

coincidenza di cognome

Mercoledì 19 maggio è fissato un tavolo di trattativa nazionale a Roma, con la Fnsi.

Tamburini è piombinese, provincia di Livorno. Si è formato alla redazione di Piombino del Tirreno, ha coperto ruoli di vertice nei gruppi Finegil e Gedi, in particolare al Centro di Pescara (che per un periodo è stato di proprietà anche di Leonardis) e alla Gazzetta di Reggio. La Sae l’ha nominato anche direttore editoriale del gruppo.

Nell’ultimo comunicato dell’Azienda si leggeva che oltre ai conti in rosso dovuti alla crisi, ci saranno da recuperare anche i danni causati dagli scioperi dei giornalisti.

Il Tirreno, già Telegrafo, conta 144 anni di storia. Negli anni ’90 arrivò a sfiorare le 100mila copie al giorno. Nel marzo 2021, secondo Ads, ne ha vendute 28.722 al giorno, fra carta e digitale.

(Solo per segnalare una coincidenza: un altro direttore di cognome Tamburini, Fabio, senza nessuna parentela con Stefano, è stato sfiduciato dalla redazione nel novembre 2020. E’ accaduto al Sole 24 ore).

(nella foto, Gianni Vallardi e Ninni Briglia)

1 commento

  1. Non so con precisione qua l’è il rapporto fra Tamburini e i redattori però vi dico ho 76 anni ed è una vita che leggo il Tirreno quindi ho letto gli editoriali di tutti i vari direttori che si sono succeduti e quindi vi dico: tenetevi forte Tamburini è un giornalista di serie A che può dirigere qualsiasi grande giornale nazionale, i suoi editoriali della domenica sono missili contro la classe politica dominante in Toscana; eccezionale l’articolo su Renzi atteso dai lavoratori, il nostro si fece attendere perché era a Bolgheri ad assaggiare il Sassicaia. Che poi le canti al Pd quando c’è n’è bisogno fa solo il suo mestiere e gli fa onore. E io sono un elettore di sinistra. Tanto cari redattori vi dovevo.

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