di ANDREA GARIBALDI

II giornalismo non è morto. Eravamo partiti da un titolo così per il sito, poi qualcuno disse che portava male, che una negazione non funziona, che il pugno nello stomaco va bene, ma insomma. L’idea però resta quella. Mentre tutti (i giornalisti, in particolare) dicono che il giornalismo è morto, noi diciamo di no. Mentre molti sostengono che nell’era digitale non ha più senso una professione (un mestiere) che tutti sono in grado di fare, che non hanno motivo barriere, esami, tesserini che pretendono di limitare dentro un recinto la possibilità e la capacità di raccontare la realtà.
Invece, secondo noi, è il contrario. Nel momento in cui l’informazione è ovunque ed è nelle disponibilità di chiunque, c’è ancor più necessità di un’informazione certificata, garantita, efficace e affidabile. E c’è dunque necessità di professionisti esperti, tenuti al rispetto di una serie di regole, che vengono allontanati quando le violano. Dunque i giornalisti -quelli di buona pasta- vanno difesi, la cattiva reputazione della categoria va ribaltata. “Non sparate al giornalista” è il titolo di un recente libro di Vittorio Roidi e poteva essere anche questo il nome del sito. Ma poi qualcuno disse che portava male, che una negazione non funziona…
Il problema sono due. Il primo è che il giornalismo professionale negli ultimi decenni ha girato l’attenzione verso i palazzi e i luoghi del potere e ha voltato la schiena ai cittadini. In una locuzione, ha perso molta credibilità. Il secondo è che gli editori dei giornali hanno prima ristrutturato le aziende a spese dello Stato con centinaia di prepensionamenti, poi hanno proletarizzato e prevaricato i giornalisti (che hanno accettato un po’ troppo docilmente) abbassando bruscamente i compensi e di conseguenza la qualità delle prestazioni. Vizi come sensazionalismo, superficialità, poca attenzione ai diritti delle persone non sono stati estirpati, anzi.
Eppure il mondo -anche quello del giornalismo- si muove. I giornali di carta perdono lettori in progressione geometrica, ma il web offre possibilità nuove, con costi inferiori.
Noi vogliamo raccontare cosa succede nel giornalismo, nelle sue declinazioni della carta, del web, della tv, della radio.
Vogliamo difendere l’esistenza di una categoria professionale che studia e applica gli strumenti per descrivere il mondo, cercando la massima approssimazione alla verità.
Vogliamo scoprire cosa succede negli istituti e negli organismi della categoria, le relazioni con i governi, le trattative per il contratto. Anche il mondo del giornalismo dietro le quinte fatica ad adeguarsi a trasformazioni rapidissime ed è nel pieno di gravi crisi.
Vogliamo seguire quello che si muove riguardo al giornalismo nel mondo, in particolare nei paesi più sviluppati del nostro: siti d’informazione che hanno i bilanci in attivo, le aziende padrone di tutto e il diritto d’autore, il controllo delle fake news, i pezzi scritti dai robot.
Per dare un contributo a salvare il giornalismo, perché senza bravi giornalisti la vita è peggiore di adesso.

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