Entra nella storia, ma non viene quasi più usata l’espressione “vu cumprà”, di cui erano pieni titoli e articoli dei giornali e discorsi di tutti i giorni a partire dalla seconda metà degli anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90.

A rifare il percorso della locuzione è l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani con Rocco Luigi Nichil in “R&S – Ricerca e soccorso. Piccolo dizionario di parole migranti”, il nuovo ciclo di interventi pubblicato sulla rivista Lingua italiana, consultabile su Treccani.it.

Nel luglio del 1986, sull’affollatissima costiera romagnola i commercianti locali protestano contro i venditori abusivi di colore, “che vengono chiamati ‘vu cumprà’, come la prima frase che viene loro insegnata dai ‘grossisti’ pugliesi o napoletani che li ingaggiano”: lo spiega il giornalista ravennate Uber Dondini su La Stampa del 1° agosto 1986. Il giorno Raffaella Candoli sul Resto del Carlino scrive: “Percorrono a piedi chilometri e chilometri […] appellando i bagnanti col loro italiano sgangherato. Sono i ‘vu cumprà?’, venditori ambulanti abusivi”).

più di una maratona

Nell’anno successivo, 1987, “vu cumprà” si afferma definitivamente nell’uso, ancora in riferimento al contesto romagnolo: “Rimini. L’anno scorso i grandi colpevoli erano soprattutto i gay, quest’anno tocca agli ambulanti di colore, i ‘vu cumprà’” (Luca Savonuzzi, la Repubblica); “Rimini. I commercianti sono in guerra contro l’esercito disperato dei ‘vu cumprà’” (Pierangelo Sapegno, La Stampa); “Uno dei nuovi mestieri, nella Romagna balneare, è quello dei ‘Vu Cumprà’. Ragazzi africani battono spiaggia e lungomare e, facendo ogni giorno più dei 42 chilometri di una maratona, riescono a tirare su lo stipendiuzzo. Li hanno soprannominati ‘Vu Cumprà’ perché in questo approssimativo italiano offrono magliette, accendini, radioline, musicassette” (Vittorio Monti, Corriere della Sera).

gavettone all’ambulante

Quella del 1987 fu l’estate del “gavettone all’ambulante, non più fatto di una spruzzata d’acqua ma di un secchio di vernice bianca”, spiega Luciano Pedrelli su la Repubblica, a margine di un articolo dedicato al concerto tenuto da Vasco Rossi a Misano Adriatico il giorno prima; “contro quegli episodi di intolleranza” il cantante decide di invitare “tutti gli africani d’Italia a entrare gratuitamente al suo concerto”  divenendo così – a detta del giornalista – “il paladino di tutti i ‘vu cumprà’”. 

La parola entra nel linguaggio comune: di lì in poi le attestazioni si moltiplicano e si allargano, nel lessico giornalistico, ad altri contesti – dai campi di pomodori della Campania alle periferie di Milano.

arrivo in tv

Nel volgere di un anno, la figura del “vu cumprà” approda in tv: Mazouz M’Barek – in arte Patrick, “marocchino autentico e ‘vuo’ cumprà’ di professione” (Mariella Tanzarella, la Repubblica)– viene chiamato da Antonio Ricci a condurre il varietà “L’Araba felice”, su Italia1. Il presentatore incide anche un disco e annuncia la pubblicità con “vu cumprà”.

Nello stesso anno la voce compare nei dibattiti parlamentari, usata in senso dispregiativo o difensivo dei migranti, decine e decine di volte.

Già nel 1987 la parola viene registrata da Claudio Quarantotto nel suo Dizionario del nuovo italiano (vucumprà (o vu cumprà) s.m. Venditore ambulante, gen. negro, così detto per il caratteristico invito che rivolge agli eventuali acquirenti: vu cumprà? (vuoi comprare?)”); due anni dopo sarà la volta del Dizionario di parole nuove (1964-1987) di Manlio Cortelazzo e Ugo Cardinale e vale la pena ricordare anche “Il neoitaliano” (1991) di Sebastiano Vassalli, che per vu’ cumprà scrive: “Voce onomatopeica. Come certi uccelli (ad esempio, il cucù) prendono il nome dal loro stesso richiamo, così anche gli immigrati di colore che nei banali anni Ottanta si aggiravano per l’Italia vendendo tappeti e cianfrusaglie varie, presero nome dal richiamo con cui offrivano la merce: ‘Vu’ cumprà?’”. Il primo dizionario dell’uso a registrare la voce fu verosimilmente il Devoto-Oli nel 1990 (vu’ cumprà, s.m. e f.: “Ambulante straniero e per lo più abusivo, che in un italiano approssimativo offre, con fastidiosa insistenza, la propria mercanzia (tappeti, cinture, collane, ecc.) [Da ‘vuoi comprare?’]”).

variazioni sul tema

Federico Falloppa nel suo saggio “Razzisti a parole (per tacer dei fatti)’ Falloppa segnala variazioni come “vu’ emigrà”, “vu’ campà”, “vu’ drugà”, “vu’ studià”, fino a “vu’ ciulà?”, “vu’ sballà”, “vu’ lavà” e “vu’ stuprà”, che si possono leggere in un volantino distribuito a Cinisello Balsamo dalla Lega Nord nel 1998.

“A quanto pare questi “vu’ cumprà”, “vu’ spazzà”, “vu’ ubriacà”, “vu’ rubà”, “vu’ spaccià”, “vu’ essere sfruttà” e chi più “vu’ ne ha” più ne metta, non sono candidati ad avere i diritti che a tutti noi competono, al di là delle cittadinanze, dei luoghi di nascita, del colore della pelle, vale a dire i diritti umani”, scrive l’ex parlamentare Dacia Valent in un articolo (“Vu’ sfruttà?”) su l’Unità nel 1989

Nell’agosto 2014 si torna a parlare di “vu cumprà” dopo le dichiarazioni del ministro dell’Interno Angelino Alfano, che annuncia l’intenzione di debellare il commercio abusivo: “Gli italiani sono stanchi di essere insolentiti da orde di ‘vu cumprà’, dobbiamo radere al suolo la contraffazione”.

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