“Adolf Eichmann iniziò la sua carriera Nazista come capo dell’Agenzia Centrale per l’Emigrazione Ebraica presso l’agenzia di sicurezza incaricata di proteggere il Reich. Joseph Brunner, padre del direttore del Mossad David Barnea, aveva tre anni quando fuggì dalla Germania Nazista con i suoi genitori, prima che il Piano di evacuazione fosse attuato. La scorsa settimana, Barnea, il nipote, si è recato a Washington per discutere dell’’evacuazione’ della popolazione della Striscia di Gaza. Barak Ravid ha riferito a Canale 12 Notizie che Barnea ha detto ai suoi interlocutori che Israele ha già avviato colloqui con tre Paesi su questo tema… Un nipote di un rifugiato vittima di Pulizia Etnica in Germania parla di Pulizia Etnica, e non gli viene in mente alcun ricordo. Per ‘evacuare’ due milioni di persone dal loro Paese, serve un Piano. Israele sta lavorando ad uno. La prima fase prevede il trasferimento di gran parte della popolazione in un Campo di Concentramento per facilitare una deportazione efficiente”.
Lo ha scritto il 20 luglio Gideon Levy, ebreo, su Haaretz, quotidiano indipendente di Tel Aviv.
“Verbali tra 50 anni”
Sempre Levy: “La scorsa settimana, la Bbc ha pubblicato un’inchiesta basata su foto satellitari, che mostra la distruzione sistematica perpetrata dall’Idf in tutta la Striscia di Gaza. Un villaggio dopo l’altro viene spazzato via dalla faccia della Terra… I preparativi per il primo Campo di Concentramento israeliano sono in pieno svolgimento… A un certo punto, si sono riuniti e hanno architettato questo Piano… Tra 50 anni, i verbali saranno pubblicati e scopriremo chi era a favore e chi si opponeva a questo Piano”.
Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. E’ entrato a Haaretz nel 1982 e per quattro anni è stato Vicedirettore. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio Libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei Giornalisti Israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo ultimo libro, “La Punizione di Gaza”, è stato pubblicato da Verso.
professionisti palestinesi
Il pezzo di Levy può essere l’emblema di tutto ciò che si muove in questi giorni nella stampa mondiale sulla tragedia di Gaza.
La Bbc, le agenzie di stampa internazionali Reuters e Ap si sono unite all’appello lanciato alcuni giorni fa dai giornalisti francesi del’Afp per salvare i colleghi palestinesi a Gaza che non hanno più forze per lavorare a causa della grave mancanza di cibo e acqua. Si legge in un comunicato firmato da Afp, Ap, Bbc e Reuters: “Israele impedisce l’accesso indipendente (quindi senza l’esercito) alla stampa internazionale e quindi le foto e i video che documentano la catastrofica situazione nella Striscia sono tutti realizzati dai professionisti palestinesi. Fotografi, cronisti, videomaker che lavorano senza uno spazio sicuro, spostandosi tra le macerie e sotto le bombe, soffrendo la fame e la sete come il resto della popolazione. Spesso a costo della vita: sono 230 quelli uccisi dal 7 ottobre a oggi dall’esercito israeliano”.
In questi mesi miriadi sono state le richieste a Israele da parte di sindacati e associazioni di categoria di aprire i confini della Striscia ai cronisti e di garantire la sicurezza dei reporter. Senza risultato alcuno.
diritto del pubblico
La Federazione Europea dei giornalisti, in accordo con il Sindacato dei giornalisti palestinesi, il 24 luglio ha inviato alla Commissione europea una lettera e ha invitato i giornalisti affiliati a inviare lo stesso testo ai loro governi. “Rappresentiamo 300mila giornalisti in Europa e scriviamo mentre il mondo sta assistendo a una delle più terribili catastrofi umanitarie. Chiudendo Gaza ai giornalisti stranieri, l’esercito israeliano sta sopprimendo la libertà di espressione e il diritto del pubblico a sapere. Stiamo assistendo al silenzio letterale delle voci della verità – i giornalisti – facendoli morire di fame. Chiediamo che la Commissione Europea definisca chiaramente la sua posizione sul genocidio in corso a Gaza, smetta di nascondersi dietro formulazioni neutrali e non eviti più di intraprendere azioni concrete. Chiediamo che l’Unione Europea sostenga pubblicamente e ufficialmente la sospensione dell’accordo tra Ue e Israele, l’urgente evacuazione dei civili in pericolo immediato, gli appelli internazionali per consentire l’accesso a Gaza ai giornalisti stranieri, la protezione dei giornalisti locali e le richieste di un’indagine internazionale sulla fame sistematica come crimine di guerra”. Firmato Ricardo Gutiérrez, Segretario Generale Efj e Maja Sever, Presidente Efj.
“indignarsi non basta”
“Indignarsi non basta più” è il titolo dell’”editoriale collettivo uscito su Le Monde il 24 luglio: “L’accanimento di Israele nel distruggere Gaza non si attenua. Il bilancio umano supererà presto l’impressionante cifra di 60.000 morti, tra i quali migliaia di bambini. Decine di migliaia di altri abitanti di Gaza, feriti o mutilati, porteranno per tutta la vita nella loro carne il segno dei bombardamenti indiscriminati. Un’intera generazione – alla quale queste colonne hanno reso l’unico omaggio possibile dando un volto ai giovani palestinesi falciati dalle bombe nel caffè Al‑Baqa – non avrà conosciuto dello Stato ebraico che un blocco implacabile e un uso sproporzionato della forza da parte del suo esercito… L’argomento degli ostaggi è caduto da solo quando Israele ha posto fine unilateralmente a un cessate il fuoco che permetteva finalmente a decine di israeliani catturati il 7 ottobre 2023 di ritrovare la libertà. Il pretesto dell’eradicazione di Hamas è ormai logoro fino all’osso.
In questo territorio strangolato da Israele, alla violenza sfrenata delle armi si è aggiunta la scandalosa manipolazione israelo‑americana degli aiuti umanitari, denunciata da tutti gli specialisti delle situazioni d’emergenza… Avendo lo Stato ebraico esaurito da tempo il legittimo diritto a difendersi che gli era stato riconosciuto dopo l’orribile attacco terroristico del 7 ottobre, il coraggio impone ormai un richiamo all’ordine tradotto in atti all’altezza del massacro in corso. I mezzi per farsi sentire ed essere finalmente presi sul serio esistono. Si tratta di sanzioni – politiche, diplomatiche, economiche o culturali”.
cronisti e famiglie
E in Italia? Prosegue la raccolta fondi a sostegno dei giornalisti palestinesi della Striscia di Gaza e delle loro famiglie nell’ambito della campagna di solidarietà “Alziamo la voce per Gaza” a cui ha aderito, alla unanimità, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. I fondi sono destinati ai giornalisti palestinesi attraverso il loro sindacato con sede a Ramallah, che fa parte della Federazione internazionale (IFJ). I fondi raccolti saranno indirizzati ai colleghi attraverso le loro rappresentanze ufficiali e verranno utilizzati per le esigenze che si renderanno prioritarie nel momento in cui avverrà il loro trasferimento. Alla campagna “Alziamo la voce per Gaza”, promossa dal gruppo Operatrici e operatori dell’informazione per Gaza, da #No Bavaglio e da Usigrai hanno aderito Articolo 21, Giulia Giornaliste, Libera Informazione, Carta di Roma, ControCorrente Lazio, Movimento Pace e Giustizia in Medio Oriente, InfoFuturo, Gaynet.
Per le donazioni è possibile versare direttamente sul conto corrente MPS: IBAN: IT40N0103003250000005602513, intestato a Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti, causale: “Alziamo la Voce per Gaza”.
lettere all’ambasciatore
La Federazione nazionale della Stampa italiana ha deliberato un contributo di 5mila euro in favore del Sindacato giornalisti palestinesi (Pjs). Sin dai primi mesi di guerra, la Fnsi si è attivata contro il blocco all’informazione internazionale imposto da Israele, inviando anche due lettere all’ambasciatore israeliano. “Con la prima lettera abbiamo protestato perché i giornalisti non possono essere bersagli di guerra; con la seconda abbiamo anche recapitato al governo israeliano la petizione promossa dalla Fnsi e sottoscritta dai direttori delle maggiori testate giornalistiche italiane per chiedere l’accesso dei reporter a Gaza e il ritorno al principio democratico della libertà di informazione”, ha detto la Segretaria generale Alessandra Costante.
L’assemblea di redazione di Domani si è unita alle denunce delle agenzie di stampa e delle testate nazionali e internazionali, della società civile, “per dire basta e richiamare i governi e le istituzioni europee ai loro valori costituzionali, adottando ogni misura necessaria nei confronti del governo Netanyahu perché venga rispettato il diritto internazionale e si ponga fine al massacro di civili”.
nutrire gli umani
Giuliano Ferrara, fondatore ed editorialista de Il Foglio, una delle testate più vicine ad Israele ha scritto: “Quello è il problema, se di problema si può parlare nel mezzo di una tragedia. Se occupi un territorio abitato devi nutrire gli esseri umani che lo affollano… Subito dopo il 7 ottobre avevamo detto, facile previsione, che la solidarietà con Israele assalita era ovvia. Meno ovvio sarebbe stato essere solidali con un paese e una comunità che rispondono al fuoco e cercano la pace e la sicurezza nell’unico modo reso possibile dall’attacco di Hamas… Ma non avremmo mai pensato che le cose si sarebbero disposte in un circuito infernale, come la Riviera di Gaza e una strisciante annessione per fame. Un conto sono le vittime di guerra, il martirologio di ogni giorno amministrato dagli assassini terroristi, un conto è tollerare un universo concentrazionario senza scampo in un territorio di cui sei responsabile… Il cinismo delle diplomazie che riconoscono come stato sovrano il pulviscolo di terrore in cui è caduto il popolo palestinese porta dove nessuna democrazia dovrebbe farsi portare: alla de-legittimazione dello stato ebraico attraverso la sua mostrificazione. A questa maledizione Israele in guerra ha il dovere di reagire”.
(nella foto, Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano)





