Come ti senti? 

L’87% dei giornalisti precari afferma di soffrire di stress, il 73% di ansia, il 68% avverte un senso di inadeguatezza. Più della metà soffre di insonnia. Uno su due ha la sensazione di non essere compreso e prova un forte senso di solitudine. 

Cause principali di questi problemi, i compensi bassi e la precarietà lavorativa.

Il 42% afferma di soffrire di sindrome da burnout (esaurimento emotivo), di avere attacchi di rabbia immotivati e di essere dipendente da internet e dai social network. Uno su tre parla esplicitamente di “depressione”. Il 28% denuncia perdita di appetito o abuso di cibo, il 27% ha attacchi di panico e il 26% ha difficoltà a intraprendere e mantenere relazioni di coppia. Il 15% dice di aver subito disturbi da stress post traumatico. 

Solo il 2% dichiara di non aver mai sofferto di nessuna di queste situazioni.

questionario anonimo

“Come ti senti” è un’indagine condotta da IrpiMedia, testata no profit di giornalismo investigativo. La raccolta dati si è svolta da luglio a ottobre 2023, attraverso un questionario anonimo diffuso sulla piattaforma Google Forms. Hanno risposto 558 giornalisti da tutta Italia.

Il 70 per cento di chi soffre di attacchi di panico sono donne. Il 68 per cento di chi dichiara disturbi da trauma continuo sono donne. Il 65% di chi perde appetito, abusa di cibo ed è insonne sono donne. Gli uomini sono la maggioranza (54 per cento) solo tra chi dichiara di soffrire di disturbi da stress post traumatico e di avere difficoltà nelle relazioni di coppia. Gli uomini rappresentano anche l’83% di chi afferma di non aver mai sofferto alcun problema.

quattordici “stressor”

Per capire quali siano le cause del malessere vissuto dai giornalisti, sono stati presi in analisi 14 “stressor” (fattori di stress). L’85% dei rispondenti dichiara che i bassi compensi incidono “abbastanza” o “molto” sulla propria salute mentale. Subito dopo viene la precarietà lavorativa, con una percentuale dell’83% di giornalisti che hanno risposto “abbastanza” o “molto”, seguita dal rimanere sempre connessi e reperibili (76%), dai ritmi frenetici (70%), dall’ipercompetitività (65%) e dall’ambiente giudicante (57%).

Il 55% dei rispondenti sono donne, 44% uomini e l’1% preferisce non specificarlo. Il 46% ha tra i 18 e i 35 anni, il 31% è nella fascia 35-45 anni, il 14% nella fascia 45-55, il 6% nella fascia 55-65 e solo il 2% ha più di 65 anni.

filmaker e uffici stampa

Questi dati rispecchiano la composizione del gruppo dei freelance, che in media hanno un’età inferiore rispetto alla classe dei giornalisti nella sua totalità. Il 75% dei rispondenti è iscritto all’Ordine dei giornalisti, solo il 23% ha la cassa di assistenza sanitaria della professione Casagit. Sul totale del campione, il 65% si definisce come giornalista freelance, il 14% è composto da giornalisti che lavorano nel campo della comunicazione, l’11% lavora come ufficio stampa, mentre il 10% è composto da giornalisti filmaker, il 7% da fotogiornalisti e un altro 7% da giornalisti che lavorano come social media manager.

I giornalisti più anziani affermano di essere colpiti mediamente in misura minore rispetto ai giovani, da tutti i disturbi presi in considerazione. Questo risultato potrebbe essere espressione di un maggiore benessere psicologico, ma anche di una minor propensione a dichiarare aspetti critici dal punto di vista emotivo. Le maggiori differenze si riscontrano sui dati che riguardano gli attacchi di panico: il 57% di chi ne soffre ha meno di 35 anni, mentre gli over 65 sono sotto l’1% e solo il 3% ha tra 55 e 65 anni. Poi c’è la depressione, la perdita di appetito o abuso di cibo e i disturbi da trauma continuo, che impattano per il 53% i giovani under 35, mentre gli over 55 sono rispettivamente il 4% nei primi due casi e il 5% nel terzo. Riguardo alla risposta all’opzione “Non mi è mai capitato di avere questi problemi”: il 22% ha più di 65 anni.

ambiente e minacce

Ad intaccare la salute mentale sono soprattutto i fattori economici (bassi compensi e precarietà), considerati “molto” o “abbastanza” impattanti dall’84% dei rispondenti. I rischi connessi all’ambiente di lavoro (ipercompetitività, ambiente giudicante, solitudine, ritmi frenetici, rimanere sempre connessi) sono indicati dal 63%. I pericoli e le minacce (querele temerarie, mancanza di assistenza legale, attacchi online) dal 31%. Discriminazioni e molestie da un altro 31%.

All’indagine sono allegati anche alcuni esempi di risposte.

Qual è la cosa più spiacevole che ti è capitata sul lavoro?. 

“Meno di una settimana prima dell’inizio di un nuovo contratto, il direttore mi ha comunicato che non mi avrebbero rinnovato, come se la colpa fosse mia. Io, che per quel lavoro avevo cambiato città, mi sono sentita crollare la terra sotto i piedi: soffrivo di insonnia e attacchi di apnea notturna”. 

“Ricevevo continuamente pressioni da parte del capo per l’ennesima breaking news da scrivere velocemente. Non riuscivo a dormire se non sognando breaking news, avevo attacchi d’ansia continui”. 

“Per uno dei principali quotidiani italiani con cui collaboro mi trovo a svolgere anche innumerevoli altri ruoli: caposervizio per prodotti editoriali del gruppo, social media manager, organizzazione eventi, ufficio stampa. Durante un evento mi è stato chiesto di servire gli antipasti”.

pericoli del mestiere

Qual è la cosa più pericolosa che ti è capitata sul lavoro?

“In Medio Oriente, per scrivere un reportage finito sulla prima pagina di uno dei maggiori quotidiani italiani, sono stato temporaneamente detenuto. Quando, dopo la pubblicazione, chiesi quanto mi avrebbero pagato, mi risposero: ‘Ti stiamo insegnando un mestiere’. Avevo 21 anni”.

“Dopo aver consegnato un pezzo da fare sul campo dopo la mezzanotte, sono rimasta sola in strada in piena notte subendo catcalling. Non avevo alcun modo di tornare a casa, i mezzi pubblici erano chiusi”.

“Ero in Africa per un reportage e non mi è stato dato il budget per pagare un autista privato, così mi sono dovuto affidare a un mototaxi locale. Ho rischiato di essere rapito, per un pezzo da freelance pagato all’epoca 83 euro lordi. Con foto, ovviamente”.

punto di partenza

L’indagine è stata curata da Alice Facchini (autrice), Christian Elia (editing), Lorenzo Bodrero (infografiche).

Irpimedia dichiara che questa è un’indagine giornalistica, che non ha pretese di essere scientifica né esaustiva. Le domande del questionario sono nate da un confronto interno alla redazione di IrpiMedia e non sono stati svolti focus group preliminari, né tantomeno è stato incaricato un comitato scientifico per avallare la metodologia. Tutto questo avrebbe necessitato di tempi più lunghi e di costi più ingenti: “Abbiamo preferito seguire l’urgenza delle storie”. Irpimedia ha deciso di non diffondere i nomi delle testate dove lavorano i freelance che hanno risposto. “I dati che abbiamo raccolto non puntano ad avere una validità scientifica, ma mirano a suscitare un dibattito e una presa di responsabilità. Consideriamo questa indagine non come un punto di arrivo, quanto piuttosto come un punto di partenza, dal quale potranno scaturire nuovi interventi, ricerche e approfondimenti”.

inchieste transnazionali

IrpiMedia è una testata indipendente e non profit di giornalismo investigativo transnazionale. Si occupa di crimine organizzato nel mondo, corruzione, ambiente, sorveglianza, migrazioni e sistema giudiziario.

L’associazione Irpi si propone inoltre di sviluppare e promuovere le più varie forme di giornalismo di inchiesta, collaborando con giornalisti in Italia e all’estero. IrpiMedia non risponde a nessun azionista, proprietario o altre aggregazioni di imprese, ma solo all’Associazione Irpi, attiva dal 2012. Il lavoro di IrpiMedia è sostenuto principalmente da donazioni di privati, fondazioni, partecipazione a bandi e grants.

LASCIA UN COMMENTO