(A.G.) E così Marco Paraldi giunge al suo terzo romanzo -giallo- da protagonista. I lettori aficionados cominciano a sentirsi a casa, nella sua vineria dietro Campo de’ Fiori, nella bella casa lì a due passi, con le sue ricette tradizionali, i suoi avventori e i suoi amici -Picasso, l’Avvocato, Bombardino, Franchino e Cocchiere- i suoi dipendenti Bamba e Antonia, l’eterna non-fidanzata Chicca. Le sue ossessioni, i gin, i Martini (senza oliva), gli champagne, le marche (di giubbotti, maglieria, scarpe, orologi). 

Paraldi è un vincente. Piace alle donne. E’ in confidenza con personaggi famosi, che passano in vineria, Mentana e Francesca Fagnani, Roberto d’Agostino, Alberto Matano, Pierluigi Pardo, Adriano Panatta. Partecipa a feste esclusive, lo invitano a Capodanni a Bali, frequenta Panarea e la Cerveceria Catalana di Barcellona.

malinconico vincente 

E’ un vincente malinconico. La sua vita, tutto sommato, gli piace; quello che vede intorno, per niente. 

Paraldi è una creatura di Fabrizio Roncone, inviato del Corriere della Sera, autore -per esempio- del pezzo dell’estate 2023, quello che smitizzava sorridendo il Twiga di Briatore e Santanché (bagni sporchi, prezzi assurdi), con strascico di lettera risentita di Briatore stesso. Il primo Paraldi si chiamava “La paura ti trova” (2016), il secondo “Non farmi male” (2022), questo terzo “Il potere di uccidere” (Marsilio editore). Paraldi era giornalista. Come Roncone ha cominciato in quel bel giornale chiamato “Paese Sera”, prima cronista, poi sulla politica. A differenza di Roncone, ha smesso, avendo picchiato, alla Camera, un ministro che l’aveva offeso. Siccome però giornalisti (almeno alcuni) si nasce, ogni tanto (ogni libro) qualcuno o qualcosa lo richiama in servizio, a risolvere un caso. E lui ci casca, gli piace ancora. 

come un pattinatore

Una caratteristica di Paraldi è che si muove a Roma in lungo e in largo come un pattinatore (in realtà, con un vecchio Defender Land Rover). Va, viene, torna, ripassa, corre, cammina, pedina, aspetta. Osserva, prende appunti, a penna. Vive la sua Roma scintillante, dove si beve e si mangia e si sta in compagnia, sempre ad alto livello. S’immerge nella Roma abbandonata delle periferie, troppo spesso sporca, violenta, fascista. Visita la Roma del potere e dei soldi, politici che tirano cocaina anche nei bagni di Montecitorio, ex sindacalisti che parlano di “inclusione” e vendono servigi per una villa ad Ansedonia, voli privati con amanti scostumate verso Parigi. E i grossisti di frutta e verdura maleducati, i gioiellieri senza freni. Poi, la Roma dei barboni assistiti dall’elemosiniere del Papa sotto il colonnato di Bernini, che finiscono, a volte, bruciati vivi e la Roma delle bambine infelici e maltrattate. 

Paraldi è così. Duro come un giornalista da film americano, duro verso chi ha sfasciato tutto a Roma e nel Paese di cui sarebbe la Capitale. Fino a farsi -se ritiene- giustizia da sé, assieme ai suoi amici mascherati da Mourinho, da Fiorello, da Mattarella. Tenero di fronte alle bambine maltrattate, ai barboni, agli ex tipografi del suo ex giornale, ai ricordi di famiglia, al papà e alla mamma che non ci sono più. 

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