Vivere costantemente in bilico. Questa la dimensione del giornalista oggi. 

Parola di Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, così come l’ha delineata parlando agli allievi della Scuola di giornalismo della Luiss, il 9 giugno 2021. 

Altra notizia inaspettata: riscoprire il valore delle redazioni locali.

Terza affermazione: i giornali saranno sempre più fatti da collaboratori esterni.

Quarta: i sindacati devono permetterci di assumere giornalisti giovani.

compagni di lavoro

Con ordine. Molinari ha cominciato parlando di alcuni nuovi “compagni di lavoro”: “A La Repubblica abbiamo iniziato a lavorare a stretto contatto con analisti dei dati, che sono tecnici indispensabili per guidarci nelle scelte future. Analizzare i dati è avvincente, perché ti rendi conto degli interessi dei lettori, che vogliono interagire. Persone che insultano, e che esprimono bisogni di conoscenza. Abbiamo un ‘moderatore’ che legge i commenti comprendendo il sentiment dei lettori, nuovi temi che gli interessano: negli ultimi 2 mesi abbiamo ad esempio scoperto un forte interesse per il “parenting”, dunque le relazioni interpersonali. Di qui, l’esigenza di trovare un redattore che si occupasse di ciò”.

Dobbiamo riuscire a intercettare nuovo pubblico -ha detto Molinari- e quindi serve conoscerlo. Come? Con l’analisi dei dati: “Ci servono analisti dei dati con la passione per il giornalismo, altrimenti non sono funzionali. Il collante è la passione. Oggi i giornali possono intercettare nuovi lettori e ingaggiare nuovo pubblico, ma per farlo gli servono nuove professionalità, che però mantengano sempre l’amore per il giornalismo e la passione per l’editoria”.

audience femminile

Continua Molinari: c’è uno scarto tra digitale e carta per quanto concerne l’audience: l’elettorato medio della carta è un uomo al di sopra dei 55 anni, mentre il 60% dell’audience digitale sono donne, e a livello anagrafico il 55% è al di sotto dei 40 anni. Questo vuol dire che donne e giovani cercano contenuti che sappiano parlare loro al di là del prodotto in carta.

“La sfida è portare il pubblico da Facebook e Instagram fino all’app che stiamo implementando per diversificare. Dobbiamo studiare percorsi digitali per portare il lettore da una piattaforma all’altra. Perché? Perché non sai mai tra 6 mesi che tipo di contenuti richiederà il mercato. Per questo, se oggi ci si occupa di informazione bisogna essere duttili: serve un corpo di redattori duttili, ma anche nuove professionalità abili ad adattare nuove capacità a nuove esigenze, unite al tradizionale controllo delle fonti, che resta perno del giornalismo. L’innovazione richiede però di mettersi sempre in discussione. Il giornalista spesso si adagia innamorandosi di ciò che ha scritto o pubblicato. Vivere costantemente in bilico è una dimensione molto forte, che ciascuno deve avere dentro di sé. Oggi bisogna continuare a fare le cose che funzionano, con l’umiltà di cancellare ciò che non funziona. Questo è l’unico ‘ragionevole metodo’: fix it and then make it better.”

serbatoi di risorse

Riscopriamo anche l’importanza delle redazioni locali, dice Molinari: “Se prima si pensava che fossero destinate a morire, con l’informazione digitale sono invece diventate grandi serbatoi di risorse. Il reporter in loco può scoprire notizie che sul nazionale rischierebbero di non emergere. L’interesse per le notizie locali è in media più alto perché non hai concorrenti. Secondo le nostre analisi dei dati, quando facciamo racconti di ‘fatti locali’, nel 90% dei casi le visite sul sito avvengono da parte di persone emigrate, che vogliono informarsi su cosa succede nella propria città d’origine”. 

Molinari passa poi ad esaminare i prodotti emergenti: “Il video è il prodotto che il mercato ti chiede di più: appena tu lo programmi la pubblicità già lo paga. Il mercato in Italia chiede video di qualità, non solo amatoriali, come ad esempio la ricostruzione del video dell’incidente di Zanardi, un lavoro durato 10 giorni e per cui abbiamo usato anche droni. Oggi, infatti, ci servono anche operatori di droni, che sappiano ‘volare’ e scattare foto”.

Poi, Content hub: canali verticali su settori specifici (moda&beauty, green etc).

producer e sceneggiatori

E i podcast: “Abbiamo lavorato un anno al palinsesto dei nostri podcast attuali. Podcast non vuol dire che Maurizio Molinari legge il suo pezzo: sarebbe noioso. La chiave del podcast è la conversazione: l’attenzione rimane alta se il contenuto è coinvolgente. L’ascoltabilità della voce è fondamentale, insieme al ritmo, per una storia vera, espressione di fatti veri, narrati da un anchor che lo sappia condurre per 2, 5, 30 minuti. Oggi a Repubblica ne abbiamo 2: ‘La giornata’ (di notizie, va alla mattinata, a cura di Laura Pertici); ‘Metropolis’ (approfondimento costruito sulla base di dati con 2/3 storie, a cura di Gerardo Greco). Per produrlo servono tecnici audio e redattori: di solito serve un giorno. L’obiettivo è creare dei veri e propri producer e sceneggiatori per i podcast: ci servirebbero subito, domani mattina, persone capaci di farlo. Uno che si occupi solo delle notizie, uno delle storie, uno delle rubriche, uno dei longform. Sono tutti lavori diversi, e nuovi di zecca”.

Le redazioni dei giornali -dice Molinari agli studenti Luiss- hanno una età media che è alta: sotto ai 30 anni sono pochi: “Sarò contento quando le regole sindacali consentiranno di assumere. Ma l’età conta poco: puoi avere un vecchio abile e capace con le nuove tecnologie e un giovane di 20-25 anni incapace di farlo”.

leader su tik tok

Quali sono i network più popolari?, chiedono gli studenti Luiss. “Facebook è per noi il social più popolare, mentre Instagram è il secondo. Su Tik Tok siamo leader. Alessio Balbi in 30 secondi spiega concetti difficili con scritte in sovrimpressione. Funziona molto. Su Youtube, invece, abbiamo un canale dove mettiamo i video più lunghi. Con Clubhouse? Abbiamo iniziato da 2 mesi: io personalmente faccio una room a settimana. Lo apprezzo come social, perché consente di conversare con persone sconosciute con toni molto moderati. Va quindi contro ciò da cui dobbiamo difenderci, ossia insulti e fake news, che oggi – riflettendo – sono perlopiù scritti. Quando le persone devono insultare a voce, si fermano. Twitter? È una mia grande ferita. Lo uso molto per me, sin da quando ero negli Usa, ma in Italia è raro che vengano messe notizie vere su Twitter. Se vediamo il numero di utenti tra Fb/IG e Twitter il rapporto è 100 a 2. Twitch? Se avremo successo con l’app che abbiamo lanciato, nel 2022 faremo un nostro palinsesto di  video. Ciò significa andare live con una tv on demand che potrebbe essere Twitch: sarà molto impegnativo. Oggi produciamo molti video e li pubblichiamo su Rep TV e sulle altre piattaforme. Fare la tv digitale ogni giorno è diverso: significa fare 15 video al giorno ed è una responsabilità diversa. Se saremo bravi partiremo l’anno prossimo. La radio? Nell’anno della pandemia ha registrato un calo nelle pubblicità, è stata una mazzata devastante. Stiamo iniziando a registrare un ritorno”.
Quanto sono importanti i collaboratori esterni?
“Sempre di più, credo. Grazie allo smart working i giornali avranno sempre meno redattori in redazione e molti più collaboratori in giro e da casa. Credo stiamo andando in questa direzione”.
Cosa non ti fa dormire? “Gli abbonati che disdicono”.

Professione Reporter

(nella foto, Maurizio Molinari)

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