di ANDREA GARIBALDI

Walter Molino, che ha fatto dimettere, con le sue domande, il commissario alla sanità calabrese, generale Saverio Cotticelli, secondo Professione reporter è il giornalista simbolo dell’anno 2020.

Molino ha realizzato il suo scoop per Rai 3, ma è un precario, lavoratore a tempo determinato. Esempio di un giornalismo senza garanzie, né benefit, senza quattordicesima e recuperi corte. Spesso di grande qualità. 

Nel nome di Molino, Ordine e Fnsi dovrebbero utilizzare l’anno prossimo per rinnovare statuto, esami di Stato, Scuole (serve una legge) e contratto (serve l’accordo con gli editori). Registrare quello che è tumultuosamente avvenuto negli ultimi dieci anni. Nuovi media, nuovi mezzi tecnologici, nuove figure. Indentificare chi fa giornalismo (le regole del mestiere non sono cambiate, invece) e accogliere nella categoria. Eliminare qualche rigidità del posto fisso, ma dare dignità professionale e retributiva a tutti. Con evidenti vantaggi anche per previdenza e Inpgi.

terreno da conquistare

Questi compiti sono importanti, perché se i giornalisti non si difendono da soli con i loro istituti, altri protagonisti 2020 conquisteranno terreno. 

Per dire, John Elkann, che nel documento su “Valori e missione editoriale”, consegnato ai giornalisti del Gruppo Gedi, ha fatto scrivere che gli addetti al marketing devono lavorare fianco a fianco ai giornalisti. Mescolando due funzioni che sono sempre state separate.

Sullo stesso fronte, Francesco Gaetano Caltagirone ha fatto accettare ai collaboratori dei suoi giornali tariffe di 7 euro per un pezzo online. I collaboratori del Messaggero hanno trovato, con l’appoggio della Fnsi, il coraggio di riunirsi in assemblea, di proclamare uno sciopero.  Ma alla fine tutti hanno messo la firma sotto il modulo preparato dall’editore e quelle sono le tariffe praticate. La redazione dei garantiti non è scesa al fianco dei “braccianti dell’informazione”. La categoria è debole, in questo momento. Se non è neanche unita perde ogni speranza di resistere e rilanciare.

 

Sullo stesso fronte Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha promosso o avallato la pubblicazione di decine di interviste sul Sole 24 ore di dirigenti di Confindustria e di inserti a cura di Confindustria. Il direttore Fabio Tamburini ha difeso quelle scelte davanti alle proteste della redazione. La redazione ha votato la sfiducia al direttore, 97 contro 16. Tamburini è ancora al suo posto. Questa storia illustra come è cambiato il ruolo dei direttori. Erano il vertice della redazione, sono diventati cerniera fra proprietà e redazione, sono oggi (in buona parte) espressione aziendale.

Poi c’è Urbano Cairo. Storia di successo. Figlio di un rappresentante di mobili e di un’insegnante, diventa assistente personale di Berlusconi, quindi vicedirettore generale di Publitalia, proprietario del Torino calcio, della tv La7, del Corriere della Sera, addirittura. Ha diminuito i debiti, ha consolidato il Corriere al primo posto nelle vendite carta più digitale, ha portato il Corriere al primo posto per contatti sul sito online. Al brindisi di Natale con i giornalisti di via Solferino e di Roma ha promesso che, visti i risultati, farà assunzioni. Parola magica, scomparsa dalle redazioni. Assumere chi? “Gente giovane”, ha spiegato Cairo. Di che gente si tratta? Ricordiamo che nell’ultima dannata normativa sui prepensionamenti dei giornalisti si dice che per ogni prepensionato gli editori dovranno fare due assunzioni, anche soggetti “in possesso di competenze professionali coerenti con la realizzazione dei programmi di rilancio, riconversione digitale e sviluppo aziendale”. 

Concludiamo con qualche festeggiamento di fine anno. Le Monde, che fa meno articoli con più giornalisti. Il New York Times e la sua terribile e meravigliosa prima pagina (domenica 24 maggio) con i ritratti, tre righe ciascuno, di mille morti sui centomila di Coronavirus. Bernardo Valli, che a 90 anni lascia Repubblica, senza fare pettegolezzi. E Report, con un bello scoop, sul piano italiano per le pandemie, concepito nel 2006 e non più aggiornato e sulle pressioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per tenere il fatto nascosto. Firmato Cataldo Ciccolella, Norma Ferrara e Giulio Valesini. 

Giornalismo, bel mestiere. 

(nella foto, Walter Molino, a destra, con il generale Cotticelli) 

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