A proposito di “Fallimento Fondo Casella, i poligrafici potevano essere salvati e l’ipotesi saltò”. I lavoratori poligrafici non hanno mai potuto partecipare attivamente con assemblee o altri istituti alla gestione del Fondo Casella. Il quale, per norme dello Statuto, veniva governato con nomine dirette dalle parti istitutive: Fieg e sindacati. La tutela dei partecipanti, ovvero dei lavoratori poligrafici obbligati per decreto presidenziale dal 1962 (incluso nelle norme del Contratto collettivo nazionale di lavoro), era dunque demandata esclusivamente a Cgil, Cisl e Uil, che nominavano direttamente i propri fiduciari e contrattavano le aliquote di supporto al Casella, anch’esse rese obbligatorie per vincolo di Ccnl, e che sono aumentate dal 6% degli anni Sessanta al 23,45% attuale.
I poligrafici hanno dunque solo subìto passivamente, obbligatoriamente. Qualunque poligrafico che abbia percepito un reddito medio della categoria e abbia un’anzianità di trent’anni, avrà partecipato obbligatoriamente per circa 300 mila euro.
Pertanto mi chiedo con quale diritto i sindacati si permettano di autoliquidare un fondo che rappresenta il “sangue” dei poligrafici, senza avvertire nessuno, senza uno straccio di informazione o di confronto con i diretti partecipanti. Ma ancor di più mi chiedo come sia possibile che i sindacati, avvezzi a girare per le stanze dei ministeri, non siano stati in grado di ricercare, in più di trent’anni di sbilancio attuariale del Casella, una soluzione che potesse salvaguardare i diritti di tutti. I diritti di chi ha dovuto versare obbligatoriamente e di chi ha dovuto pagare la crescente contribuzione dell’aliquota, con un arretramento socioeconomico sancito dai Ccnl, che nel corso degli ultimi decenni non sono stati in grado di tenere il passo con i grandi eventi economici, dall’inflazione galoppante all’ingresso nell’area euro, dal costo del denaro alle crisi internazionali. Ccnl che non sono riusciti a intercettare la maggiore produttività aziendale, con poligrafici esclusi dagli automatismi economici e dall’affiorare delle tante nuove professionalità nel mondo della comunicazione.
Un arretramento su tutti i fronti, un degradamento socioeconomico evidenziato perfino dalle parole della Presidente Covip Francesca Balzani in audizione parlamentare. Gli unici interventi “riformatori” che i sindacati sono stati in grado di fare riguardano le decurtazioni delle prestazioni pensionistiche fino all’88%. Lasciando dunque solo un 12% di integrativo pensionistico. Quando appunto le pensioni del primo pilastro, dell’Inps, vengono via via sempre più asciugate. Incapaci di riformare la propria gestione, incapaci di aggiornare la propria rappresentanza, capaci solo di tagliare. E infine di chiudere la saracinesca senza riconoscere i diritti acquisiti di posizioni individuali che dovrebbero essere inviolabili, intoccabili. Per legge costituzionale. Senza contare che le suddette posizioni individuali non hanno neanche fruttato un minimo centesimo di euro di interessi, in decenni di versamenti. Danni su danni creati da un’obbligatorietà di Stato con una gestione fraudolenta di chi avrebbe dovuto avere a cuore la tutela dei lavoratori e pensionati, cioè dei più fragili del processo produttivo.
E oggi apprendiamo, con quest’articolo, che nel 2021 ci sarebbe quanto meno stata la possibilità di andare a vedere le carte di un “salvataggio di Stato” dell’Inpgi. Ma i nostri eroi avevano evidentemente stabilito da tempo il percorso da fare, tanto da prendere decisioni ed emettere comunicati senza mai confrontarsi con i rappresentati. La strada di Byblos era stata tracciata evidentemente da tempo. Non mi sorprenderei se oggi a seguito del diniego all’autorizzazione da parte della Covip, pur di chiudere il Casella, i “nostri” andassero a stravolgere o addirittura cancellare il CCNL di categoria. Da loro ormai mi aspetterei di tutto.
ludovico.sarfatti@gmail.com
Grazie. Appetto di tanti “Leoni da talk show”, una persona che può chiamarsi meritatamente giornalista.