di VITTORIO ROIDI

I cittadini italiani devono avere il diritto alle notizie, questa la strada nuova che il Parlamento deve indicare al giornalismo. Quel diritto deve essere proclamato con una legge, è tempo di riconoscere che il diritto all’informazione è del tutto simile a quelli che i cittadini hanno in altri settori della vita: la sanità, la scuola, i trasporti e tutti i servizi essenziali che non possono mancare in una nazione moderna e che per questo vengono definiti “pubblici”. Dunque, questioni delle quali deve preoccuparsi lo Stato, come avviene per la cura delle malattie, per l’istruzione di base, per il trasferimento delle persone. In tutti questi settori, al fianco, ci sono anche attività svolte da privati (cliniche, scuole, pullman, aeroplani) al quale il cittadino si può affidare. Il problema è che nel campo dell’informazione esistono invece soltanto i privati che, come tutti vedono, spesso non stanno in piedi, perché fornire le notizie ai cittadini non rende, non frutta soldi, per cui una azienda traballa e finisce spesso per chiudere.

quantità e qualità

Lo Stato, prima nel campo della radio (1924), poi della televisione (1954), assunse l’incarico di fornire alcune trasmissioni, sotto il controllo del ministero dell’Economia e Finanze, ma non approvò mai una legge che stabilisse che i cittadini avevano un autentico diritto ad essere informati. Con tutte le conseguenze che si possono immaginare. La prima: le istituzioni non affrontano mai il tema della quantità e della qualità delle informazioni, non se ne possono occupare, come se esse appartenessero al campo della libertà di opinione e di stampa, dalla loro voglia di parlare e di scrivere, di ascoltare e di leggere.

Soltanto oggi, dopo sessanta anni, si capisce (speriamo) che le notizie sono un’altra cosa, sono un bene essenziale che i cittadini devono avere, necessario per il buon funzionamento della vita organizzata. Ciò anche se nel nostro mondo sono aumentati gli strumenti e le “piattaforme” tecnologiche capaci di diffondere le comunicazioni e le informazioni. Sviluppo? Al contrario, sono calati in modo impressionante gli utenti, i lettori dei giornali di carta (se ne vendono la metà rispetto al 2000 e calano del 10 per cento ogni anno) e gli ascoltatori di radio e telegiornali.

modifiche e ritocchi

In queste settimane il Parlamento ha cominciato il riesame della legge del 1963, vecchia di sessanta e più anni, quella che creò l’Ordine dei giornalisti. Ci sono due testi sui tavoli della Commissione Cultura del Senato. Ma non si vedono proposte innovative e tantomeno rivoluzionarie, Si chiedono ritocchi, non sufficienti a modificare le regole con le quali la categoria viene gestita. E’ tempo di andare oltre, di fare quello che non venne fatto nel 1963. Ora, l’intero giornalismo deve essere governato con idee e regole che garantiscano la libertà di parola, l’indipendenza, il dovere di rispettare i diritti dei cittadini. Uno dei quali deve essere quello ad essere informati. Fare in modo che la legislazione sia improntata a ciò che devono avere le italiane e gli italiane: le informazioni.

moderna democrazia

E’ una richiesta che non possiamo pretendere dal presidente dell’Ordine dei giornalisti. Carlo Bartoli è stato ascoltato dalla Commissione lavori pubblici e comunicazioni del Senato alla quale ha detto ad esempio che è necessario che venga cambiata la gestione della Rai, che è troppo condizionata dalle parti politiche e che solo di rado è governata con spirito unitario. Le proposte presentate riguardano ad esempio la preparazione, l’accesso, l’esame che devono fare professionisti e pubblicisti per avere la tessera dell’Ordine. Cose importanti, ma che non cambieranno affatto il contenuto, la qualità, la diffusione delle notizie.

Non può essere Bartoli, dopo sessanta anni, a indicare cosa serve al sistema (culturale, economico, professionale) del giornalismo e alla diffusione delle notizie ai cittadini. Affinché si realizzi finalmente un diritto all’informazione, del tutto simile a quelli che essi hanno in altri settori fondamentali della vita, quei servizi pubblici che sono essenziali in una democrazia moderna. E’ una questione di grande rilevanza, sulla quale Professione Reporter aprirà e aiuterà la discussione.

Vittorio Roidi

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