(S.A.) Lunedì 6 maggio i telespettatori potrebbero trovare schermi oscurati e notiziari interrotti, poiché i giornalisti della Rai hanno deciso di scioperare. La decisione è stata annunciata attraverso un videomessaggio trasmesso in tutti i Tg dell’emittente pubblica, a firma Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai.

I giornalisti lamentano le decisioni prese dalla dirigenza aziendale senza coinvolgere il sindacato, come la fusione di testate senza consultazione, l’assenza di sostituzioni per pensionamenti o congedi per maternità, lasciando agli altri dipendenti il carico di lavoro in eccesso, e la riduzione unilaterale del premio di risultato. Inoltre, si evidenzia il tentativo di censura del monologo sul 25 aprile dello scrittore Antonio Scurati, trasformato in una questione economica dalla Rai.

digital media company

Attraverso un altro videomessaggio, la dirigenza Rai ha risposto alle accuse del sindacato definendo le motivazioni dello sciopero come “ideologiche e politiche”. Si è ribadito che la Rai sta lavorando per trasformarsi in una moderna Digital Media Company e che non vi è stata alcuna censura sull’informazione. L’azienda sostiene di aver adattato il sistema premiante dei giornalisti e di non poter attualmente avviare nuove assunzioni a causa del quadro economico attuale, che richiede invece ottimizzazioni per valorizzare il personale esistente.

La disputa si intensifica anche sulla tempistica dello sciopero, che coincide con le imminenti elezioni europee. Secondo l’azienda, questo rischia di impoverire l’offerta informativa e di esporre il servizio pubblico a strumentalizzazioni politiche, privando i cittadini del diritto fondamentale all’informazione.

regolarmente al lavoro

L’assemblea dei giornalisti del nuovo sindacato Rai, Unirai, ha deciso all’unanimità che i suoi membri saranno regolarmente al lavoro il 6 maggio, nonostante lo sciopero proclamato. UniRai afferma che lo sciopero è un diritto ma non deve essere imposto. Unirai tenterà di fornire i servizi informativi durante la giornata, con la collaborazione di coloro che scelgono di lavorare anziché scioperare.

Il segretario dell’Usigrai, Daniele Macheda, ha ribadito l’importanza di difendere la libertà di stampa, soprattutto alla luce del recente declino dell’Italia nella classifica mondiale di Reporters Senza Frontiere.

pari dignità

Parallelamente allo sciopero, giornalisti appartenenti ai settori “Day Time” e “Approfondimento” avanzano richieste di pari tutele e dignità professionale. Una petizione promossa dai Comitati di redazione delle due realtà Rai mira a ottenere un riconoscimento equo per coloro che operano al di fuori dei tradizionali telegiornali.

Alessandra Costante e Vittorio di Trapani della FNSI criticano la risposta della Rai, definendo gravi le accuse di diffusione di fake news. Contestano la mancanza di riconoscimento contrattuale per giornalisti e la censura del monologo sul 25 Aprile. La Fnsi sostiene lo sciopero e le rivendicazioni dell’Usigrai.

Unirai dichiara 300 iscritti trai 2mila giornalisti della tv pubblica. Le previsioni sono che Tg1 e Tg2 possano andare in onda, mentre Tg3, Rai News 24 e Tgr Lazio dovrebbero saltare per lo sciopero.

(nella foto, Daniele Macheda, Segretario Usigrai)

1 commento

  1. Non scioperare è un diritto oltre che una scelta, ma si voglia o no significa che chi non sciopera comunque non condivide le ragioni dello sciopero. Non si comprende però cosa condivide chi non ha scioperato. Le ragioni dello sciopero sono state ampiamente spiegate e non è il caso di presentarle, ma credo che sfugge a chi non sciopera e, un po’ anche, a chi sciopera che gli utenti non sono tutti uguali e quindi ci sono nel panorama degli utenti opinioni diverse, cosa che un valore della nostra democrazia.
    L’informazione deve essere per tutti e i Tg della Rai sono diventati strumenti di comunicazione in prevalenza del governo. Questo costringe i cittadini/utenti ad andarsi a cercare quelle notizie di critica delle scelte governative che i telegiornali della Rai non offrono purtroppo quasi mai e questo ha un costo che pesa anche perché siamo nel corso di una crisi economica e il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni diminuisce continuamente.

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