(A.G.) “Ritorno in Puglia” di Marco Ferrante è ciò che il titolo promette. Ritorno in certe luci bianche dell’alba e arancio dell’imbrunire. Sguardi sul mare, vento leggero, occhi socchiusi. Bernardo Bleve, il protagonista, è un patriarca, come si trovano in certi romanzi sudamericani. Malinconico e dominatore, convinto che “siamo tutti ogni giorno più infelici del giorno prima, un po’ perché la vita se ne va, e non ce ne sarà a sufficienza per tutto quello che ci resta da fare”. 

Bleve è impegnato nell’impresa impossibile, fare in modo che tutto torni, tutto sia sotto controllo. Ha trasformato la rendita di famiglia in industria (bevande gassate) e già questo lo rende estraneo al paese e ai dintorni. Siamo fra Brindisi e Taranto. 

altra sponda

Ma c’è di più, più complicato. Bleve vorrebbe che funzionassero i rapporti con l’umanità che arriva dall’altra sponda dell’Adriatico, gli albanesi in fuga prima dalla strana democrazia post dittatura, poi dalle truffe finanziarie. Impiega gli albanesi in ditta, ne soccorre alcuni dopo il terribile naufragio, davanti a Otranto, della Kater i Rades, speronata dalla corvetta Sibilla, della Marina militare italiana. Oltre cento annegati, bambini, donne, uomini. 

Ritorno in Puglia ha un primo movimento lento, i personaggi man mano occupano la scena, si mettono in posizione, come in un western di Leone. Qualcuno prepara, altri attendono qualcosa. Che all’improvviso, ineluttabilmente accade. 

cambi di passo

Ferrante è nato, nel 1964, a Martina Franca, racconta con sapienza cose che conosce bene, domina i cambi di passo della storia, dalle grandi spianate, dove tutto sembra destinato a restare com’è, alla sorprendente, devastante accelerazione. Un libro che parla della meraviglia del Sud e dei suoi pesi infiniti, di chi cerca a tutti i costi di restare, dei giovani spinti a scappare, del miraggio dell’integrazione, delle classi sociali che da piccoli sembrano non esistere e dopo si rivelano cruciali.

Ci sono i tre figli di Bernardo, il bello e gelido Gelasio che fa finanza a Londra, il sensibile Pietro, che vorrebbe raggiungerlo, la pratica Francesca, nella scia del lavoro del padre.

 affascinanti e tristi

E ci sono i ragazzi albanesi-rabbiosi, tristi e spietati- e le ragazze -affascinanti come Aurora, impaurite come Besmira, determinate come Jelana. Relazioni, fra i loro e i signori, che diventano d’invidia, di rivalsa, di superiorità indomabile. Di sensualità. Che sfiorano, dolorosamente, l’amore. 

Tutta la vicenda è intrisa di rapporti di forza, fra gli uomini e le donne, fra i padroni e i salariati (e qui anche della stessa nazionalità). Il paternalismo di Bleve, la sua ricerca di armonia si fermano davanti alle differenze che il censo, e il denaro soprattutto, creano e perpetuano. E le differenze, che paiono impossibili da scalare, alimentano gli odi, profondi, infiniti, pieni di desideri sanguinosi. “Non sappiamo mai veramente quanto male abbiamo fatto agli altri”, pensa Gelasio alla fine. Quanto qualcuno può volerci vedere perduti. 

tegole, prato e rotonde

Fra le tante battaglie, Bleve ne combatte alcune estetiche contro i lampioni a palla nei giardini, contro “la retorica della pietra a vista”, il neon, le tegole rosse, il prato inglese, le rotonde stradali. Vuole che la Puglia non resti quella eternamente bloccata nelle chiacchiere del suo amico, l’avvocato Peppino Inglese, ma vuole il progresso a modo suo. Poi, “capì che non potendo cambiare il mondo -rifarlo perfetto come lo avrebbe voluto- si sarebbe accontentato di costruirne uno più piccolo, tutto suo riparato, sicuro equilibrato e giusto”. La moglie Elena, donna elegante e concreta, suole ripetere che “le cose difficili finiscono sempre”. 

Il naufragio della Kater i Rades sempre presente, sullo sfondo, più di cento fantasmi. Ventotto marzo 1997, Venerdì Santo, poco dopo le 19. C’era un accordo per un blocco navale italiano nei confronti delle navi con i profughi albanesi, che arrivavano a migliaia. Il comandante della nave militare Sibilla, alla fine di tutto -nel 2011- condannato a due anni e quattro mesi, il comandante della motovedetta albanese a tre anni e dieci mesi, in contumacia. I due ammiragli coinvolti, il comandante della sala operativa a Roma e il responsabile della squadra a Taranto, fuori dal processo. 

troppo forti

Ritorno in Puglia, perché quella luce dell’alba e dell’imbrunire attira con la forza delle sirene, ma il dolore accumulato e quello nuovo sono troppo forti per poter restare lì.

Marco Ferrante ha scritto due romanzi “Mai alle quattro e mezzo” e “Gin tonic a occhi chiusi” e due ritratti di grande successo “Casa Agnelli” e “Marchionne”. Ha lavorato al Foglio, al Riformista e al Tg 5. E’ vicedirettore di Videonews a Mediaset. “Ritorno in Puglia” è un Romanzo Bompiani. Sarà presentato alla Sala Squarzina del Teatro Argentina di Roma martedì 7 maggio alle 17,30. Con l’autore, lo scrittore Mario Desiati e Luca De Fusco, letture di Francesco Siciliano.

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