Un’intervista al cantante Ghali bloccata nel pieno della notte dal Direttore de la Repubblica Molinari. Un pezzo sul Fatto quotidiano che racconta questa storia. Un duro comunicato del Comitato di redazione contro l’intervento di Molinari. La pubblicazione (solo su repubblica.it) dell’intervista, con una prefazione e una postafazione. 

Al centro di tutto, il conflitto a Gaza e la mancata esecrazione da parte di Ghali dell’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre.

Con ordine. Venerdì 9 febbraio il Presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi dice che la canzone di Ghali a Sanremo fa “propaganda anti-israeliana”, che “ha ferito molti spettatori”, che “questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 otobre e a differenza sua non possiamo dimenticare”. 

domani migliore

Nella canzone di Ghali, “Casa mia”, un verso parla di “bombardamenti sugli ospedali per un pezzo di terra”. 

A Repubblica si decide di intervistare Ghali. Lo fa Carlo Moretti, redazione spettacoli, inviato a Sanremo. Intervista realizzata e messa in pagina. Ghali, fra l’altro, dice: “Ho iniziato a scrivere ‘Casa Mia’ molto prima del 7 ottobre, poi alla luce di quanto accaduto alcuni passaggi si sono inevitabilmente caricati di un’attualità, di una forza e autenticità dirompenti, motivo che mi ha spinto ancora di più a portarla al Festival”. Aggiunge “di non avere il ruolo per dirimere una questione internazionale, quello che mi muove e guida il mio fare musica è innescare una riflessione con la speranza che il domani possa essere migliore per tutti, a cominciare dai bambini”. Aggiunge: “Perché non utilizzare la mia voce per dare voce a chi non sempre ne ha, se questo può portare a qualcosa di buono e stimolare la riflessione e il dialogo? È semplicemente incredibile che mentre siamo qui a cantare ci siano le bombe sui civili, i bambini che muoiono. E io non me la sento di fare finta di niente”.

“stop genocidio”

Alle ore 23 circa il Direttore legge il testo e afferma che manca una domanda su cosa Ghali pensi dell’attacco del 7 ottobre. Viene richiamato il cantante che dopo una consultazione con lo staff, a tarda notte, decide di non rispondere. Molinari ordina di togliere l’intervista dalla pagina. 

Sabato Ghali dice sul paco “Stop genocidio”. Domenica comunicato “riparatorio” dell’amministratore delegato Rai, Roberto Sergio, tramite Mara Venier: “La mia solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica è sentita e convinta”.

lavoro buttato

Martedì 13 febbraio sul Fatto Quotidiano esce un pezzo: “Repubblica censura Ghali prima del caos a Sanremo”. NeIla stessa mattinata il Comitato di redazione interviene: “Interpretando il comune sentire largamente diffuso tra le colleghe e i colleghi di Repubblica, non possiamo che contestare la mancata pubblicazione dell’intervista a Ghali, fermata dal direttore quando era già in pagina. Non neghiamo il fatto che il direttore possa intervenire e decidere che vada aggiunta una domanda. Le domande si fanno tutte, soprattutto le più scomode. Ma diritto e dovere del giornalista è riportare le cose come stanno. I nostri interlocutori hanno il dovere di rispondere, ma anche il diritto di non prendere una posizione se lo ritengono, assumendosene le responsabilità. Ma quello che non si può fare è non pubblicare un’intervista (dove tra l’altro si parlava di pace) perché non ci piace il suo contenuto, buttando il lavoro delle colleghe e dei colleghi e umiliandone la professionalità”. Il Cdr sottolinea inoltre due comportamenti in contrasto: “Fatto che diventa ancora più grave nel momento in cui Repubblica racconta – e prende giustamente posizione – il comportamento dei vertici Rai parlando di ‘censura e Festival vigilato’. Viene meno non solo la coerenza, ma emerge un atteggiamento da ‘misura per misura’ che mina la credibilità della testata e mette in grave difficoltà il lavoro delle colleghe e dei colleghi che si stanno prodigando, non solo sui teatri dei (troppi) conflitti internazionali, per tenere alto il significato più alto del nostro lavoro: informare senza rispondere a nessuno e a nient’altro se non a una onesta ricerca della verità dei fatti. Purtroppo non è la prima volta che siamo costretti a intervenire su casi di questo tipo. Repubblica è di chi la fa, è un prodotto collettivo come ogni giornale ma un po’ più di tutti gli altri, non uno strumento che risponde alle sensibilità di un’unica persona”. C’è un riferimento anche allo stop di Mara Venier, domenica, al cantante Dargen D’Amico, che tentava di parlare del lavoro dei migranti in Italia.

in attesa di risposta

A questo punto Molinari prende un’altra decisione e pubblica l’intervista su repubblica.it. Con una premessa: “In merito a quanto pubblicato oggi dal Fatto Quotidiano, la direzione di Repubblica precisa che non è stata mai fatta alcuna censura contro il cantante Ghali, gli è stato invece chiesto di rispondere a una domanda sulle polemiche seguite al suo primo intervento a Sanremo in merito al mancato riferimento al 7 ottobre e lui ha scelto di non farlo. Pubblichiamo sul nostro sito l’intervista in questione che aspetta la sua risposta su questo tema perché il dialogo fra prospettive diverse arricchisce tutti”.

E in fondo all’intervista una precisazione in corsivo: “Le dichiarazioni di Ghali non sono mai state censurate da Repubblica, che ha dato conto anche del suo intervento dal palco dell’Ariston, nella serata finale del festival, pubblicandone il video sul sito. Per non dire della presenza dell’artista sulla copertina dell’ultimo numero del Venerdì di Repubblica. Quanto all’intervista, era stato chiesto di integrarla con una risposta sul 7 ottobre, richiesta fatta da uno dei nostri inviati con un messaggio whatsapp mandato all’entourage dell’artista all’1.16 di venerdì 9 febbraio, messaggio che non ha mai ricevuto risposta e nel quale si ribadiva l’intenzione del giornale a pubblicare l’intervista non appena Ghali avesse fornito una risposta, naturalmente quella che riteneva di dover dare. Quella risposta non è mai arrivata”.

(nella foto, Ghali con l'”alieno”, suo compagno a Sanremo)

Leggi anche:

“Repubblica come una nave che affonda”, scrive il Cdr a trecentocinquanta giornalisti

LASCIA UN COMMENTO