“Vedere Repubblica che viene abbandonata come una nave che affonda è motivo di particolare amarezza in questi mesi. Ma dobbiamo pensare a noi che restiamo e al futuro del giornale, certi che solo l’unione in questo frangente può fare la forza”. Parole inviate via mail dai cinque componenti del Comitato di redazione de la Repubblica ai 350 giornalisti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Lettera di fine anno, che ribadisce concetti già espressi a metà dicembre, quando la redazione ha respinto l’ennesimo piano di prepensionamenti.

anno deludente

“L’anno che si chiude è stato sofferto e difficile, assai deludente per tutti noi. Il nostro giornale continua a perdere copie, abbonamenti e non riesce a trovare una strada nel digitale. E questo, a nostro avviso, per la mancanza di una chiara strategia di investimenti, marketing, obiettivi, collocazione nel panorama editoriale. Nonostante gli sforzi titanici di tutti noi. La difesa dell’identità di Repubblica (che sembra importare solo a noi giornaliste e giornalisti che amiamo questo quotidiano e il lavoro che facciamo) ci ha impegnato in un anno che ha segnato la per noi traumatica disgregazione di quello che era il più importante gruppo editoriale del nostro Paese, smembrato e dismesso da un editore il cui progetto resta per noi incomprensibile, oltre che frutto di preoccupazione”. 

La redazione attende dal direttore Maurizio Molinari il nuovo piano editoriale (a cui, con buone probabilità, sarà collegato un piano di esuberi): “Come sappiamo -dice ancora la lettera- nel futuro prossimo ci sono ancora tagli, riduzione del perimetro giornalistico, mortificazione di competenze e professionalità. Il 2024 si preannuncia un anno di dura battaglia a difesa del nostro posto di lavoro, del nostro nome, della nostra professionalità. Dovremo affrontarla tutte e tutti insieme, perché da questa caduta rovinosa non si salva nessuno”.

cinque scioperi 

A metà dicembre l’assemblea ha deliberato cinque giorni di sciopero. Ora, con la fine del 2023 e l’inizio dell’anno nuovo, la mail inviata dal Cdr a tutte le giornaliste e a tutti i giornalisti, per rimarcare quanto direzione e proprietà si stiano – e si siano – allontanati dall’identità (e dalla cultura) costruita nel tempo da Repubblica e dal suo gruppo editoriale. Alle spalle, la storia più recente, segnata dalla famiglia Elkann, proprietaria dalla fine del 2019: nel 2020 la vendita di Tirreno, Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio e Nuova Ferrara; nel 2021 l’anno successivo la vendita di MicroMega; nel 2022 la vendita della storica rivista che dava il nome al gruppo, l’Espresso; nel 2023 la cessione delle sei testate del Nord-Est (Corriere delle Alpi, Piccolo, Messaggero Veneto, Nuova Venezia, Mattino di Padova e Tribuna di Treviso). E le voci -sempre più insistenti- sul passaggio di Radio Capital al re delle cliniche ed editore (Il Giornale, Il Tempo, Libero, Corriere dell’Umbria) Antonio Angelucci.

La metafora della nave in difficoltà era stata già usata dal Cdr de La Stampa, sempre proprietà Elkann, a fine luglio 2023, contestando la conduzione del Direttore Giannini, poi sostituito dal suo Vice Andrea Malaguti ad ottobre.

Professione Reporter

(nella foto, Eugenio Scalfari)

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