di FRANCESCO GUIDOTTI

Il lavoro giornalistico si basa sulla lettura e consultazione di molte fonti: per verificare i fatti, per approfondire dei temi, per conoscerne di nuovi. Tra le prime fonti consultate ci sono spesso gli articoli dei giornali, che però sono sempre più spesso a pagamento.

Il modello di business degli abbonamenti si è rivelato tra i più funzionali per le testate giornalistiche: gli abbonamenti costano spesso tra i 4 e i 10 euro al mese e garantiscono una fonte di ricavi su cui i giornali possono fare affidamento. Questo modello di business però può essere un problema per i giornalisti (e forse, ma è un discorso più ampio, è un problema che riguarda tutti i lettori) che per fare buona informazione devono consultare diversi giornali con la conseguenza di doversi abbonare a una gran quantità di siti di news, sia italiani che stranieri. 

Infatti, a seconda della propria area di competenza, molti giornali esteri offrono notizie utili, ma, ad esempio, New York Times, Washington Post, Wall Street Journal, Politico, Le Monde, El Pais hanno molti articoli dietro paywall. Ipotizzando che un giornalista decida di abbonarsi a alcuni principali siti di news (che potrebbero non essere sufficienti per storie specifiche) e tralasciando le offerte iniziali a prezzo scontato, in un anno spenderebbe: 120 euro per il Corriere, 170 euro per Repubblica, 75 euro per la rivista Internazionale, 90 euro per il New York Times. In totale sono 455 euro in un anno e circa 38 euro al mese.

Proprio per quanto riguarda storie specifiche, la giornalista freelance Giulia Boero spiega: “Credo sia difficile trovare oggi, in Italia, giornali interessati a seguire per lungo tempo un argomento o una storia specifica. Molte volte le testate comprano gli approfondimenti da giornalisti freelance che lavorano sul campo e che raccolgono informazioni di prima mano. Gli stessi professionisti che poi si trovano costretti a cercare quasi ogni volta, come rabdomanti, uno spazio diverso per restituire al pubblico quelle voci. Quando un giornalista ha necessità di ricostruire ciò che è stato scritto su un fenomeno e fare sintesi, si trova davanti a troppi giornali diversi che necessiterebbero ognuno di un proprio abbonamento. Perciò a volte vale la pena cercare solo quello che ti interessa; comprare di un giornale un singolo numero; oppure abbonarsi per un mese e poi disdire”.

Ha un parere simile anche la giornalista praticante Martina Toppi della Provincia di Como. Toppi, oltre ad avere accesso a alcuni prodotti editoriali che le mette a disposizione la testata, per il momento riesce “ad avere attivo un abbonamento italiano (a Limes) e un abbonamento internazionale (The New Yorker). È l’equilibrio che ho sempre cercato di tenere: l’anno scorso, ad esempio, ho scelto Il Post e NYT, l’anno prossimo credo che punterò nuovamente su Limes e Le Monde. Il grande problema, a mio parere, più che i cartacei sono le edizioni online dei quotidiani nazionali. Questo mese, per esempio, ho accettato un lavoro extra e ho curato un inserto cartaceo del mio giornale relativo all’orientamento scolastico: avrei avuto bisogno di moltissimi contenuti digitali extra di Repubblica e Sole 24 Ore ma non sono riuscita a consultarli”.

La maggior parte dei giornalisti che lavora in Italia è freelance o a volte lavora in piccole redazioni: e soprattutto i freelance hanno benefici e tutele ridotte con paghe piuttosto basse. La maggior parte di loro, per esempio, arriva a guadagnare circa 15 mila euro lordi all’anno, secondo il recente report di Fnsi (il sindacato nazionale dei giornalisti). Per questi giornaliste e giornalisti è complicato riuscire a investire parte del proprio stipendio mensile sulla formazione, sulle attrezzature per svolgere il proprio lavoro e sull’acquisto di informazione da altre testate; considerando che a volte non hanno accesso gratuito neanche all’abbonamento del giornale per cui collaborano. Per questo motivo a volte alcuni cercano di accedere alle notizie aggirando i paywall o cercando i giornali sui canali Telegram (app di messaggistica online, simile a Whatsapp) dove, in modo illegale, vengono pubblicati ogni giorno decine di quotidiani e riviste. In altri casi alcuni giornalisti formano dei gruppi, in modo informale, condividendo i propri abbonamenti con altri colleghi.

Questa lunga fase di ricerca complica anche il processo di lavoro dei giornalisti, che a volte investono tempo per trovare gli articoli necessari o per capire a quale testata convenga abbonarsi.

Potrebbero esistere delle soluzioni, ma sono probabilmente da pensare e inventare. Non pare possibile la costruzione di piattaforme simili a Spotify o Netflix, che permettano di leggere tutti gli articoli realizzati da un vasto numero di giornali pagando un solo abbonamento. Una piattaforma del genere potrebbe essere difficile da realizzare e non è detto che riesca a mettere d’accordo gli interessi dei lettori e degli editori.

Un’altra idea potrebbe essere quella di realizzare forme di abbonamento specifiche per giornalisti, magari grazie alla mediazione del sindacato Fnsi o dell’Ordine dei Giornalisti. Ma anche in questo caso potrebbe essere una soluzione ingiusta per i lettori e sarebbe escludente per chi non è iscritto al sindacato o all’Ordine.

In questo momento esistono servizi gratuiti che parzialmente riescono a compensare il problema come MLOL (il sito della biblioteche digitali pubbliche italiane, che ha una buona possibilità di scelta e consultazione anche di giornali) o l’archivio storico online di alcuni giornali o riviste, che però spesso non ha a disposizione uscite recenti.

(Francesco Guidotti può essere contattato a questo link)

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