“Anche oggi su molte testate italiane, tra cui Repubblica e Stampa, i lettori troveranno un annuncio a pagamento di un’intera pagine dell’Associazione Setteottobre. Nel testo si accusano anche i mezzi di informazione di essere ‘veicolo dell’ideologia di violenza, odio’ e quindi di favorire il terrorismo. Avevamo già protestato con l’azienda e con la direzione per la scelta di pubblicare tale annuncio contenente illazioni offensive verso tutte e tutti noi e verso il nostro lavoro, improntato su equilibrio e professionalità lungo due anni di guerra che hanno spaccato l’opinione pubblica e i governi. Un lavoro fatto in Italia e sui fronti di guerra in condizioni mai facili”. È quanto si legge in un comunicato sindacale del Comitato di redazione di Repubblica pubblicato venerdì 10 ottobre 2025 anche sull’edizione cartacea del quotidiano diretto da Mario Orfeo.
“Purtroppo – proseguono i giornalisti – apprendiamo con rammarico che è stato deciso di accettare di nuovo questa inserzione pubblicitaria in nome di una presunta necessità di lasciar spazio a tutte le opinioni. Come ha scritto anche la Federazione nazionale della Stampa, l’accusa ai mezzi di informazione di fomentare la violenza è inaccettabile e va respinta al mittente. E ci domandiamo come gli editori, proprietari dei giornali che vengono accusati in modo così ingiustificato e assurdo, possano decidere di ripubblicare tale pagina”.
La redazione di Repubblica, quindi, “si dissocia con forza dai contenuti di questo annuncio che, fra le altre cose, offende la memoria degli oltre 200 giornalisti uccisi da Idf nella Striscia di Gaza e il lavoro prezioso e rischioso che stanno facendo tanti nostri colleghi impegnati a seguire il conflitto. Lo ripetiamo: i quotidiani non sono della semplici buche delle lettere, neanche a pagamento”.
Anche il Comitato di redazione della Stampa, in una nota uscita nello stesso giorno, “conferma il giudizio espresso nella nota congiunta dei Cdr del gruppo Gedi pubblicata martedì scorso sul giornale. Riteniamo gravissima e assolutamente inaccettabile la chiamata in causa dell’intero mondo dell’informazione fatta dall’Associazione Setteottobre nel suo annuncio a pagamento”.
Anche per il Cdr del quotidiano diretto da Andrea Malaguti, «la tesi dell’Associazione Setteottobre risulta poi ancora più offensiva verso il giornalismo stesso se si pensa al fatto che ad oggi sono stati uccisi da Idf oltre 200 giornalisti nella Striscia di Gaza. Senza dimenticare poi che ai media, nonostante appelli delle varie istituzioni non solo professionali, il governo israeliano non permette di entrare per fare il loro lavoro. I giornalisti de La Stampa si chiamano fuori da queste accuse, come i lettori possono testimoniare quotidianamente. A loro garantiamo che continueremo ad informare con grande scrupolo, massima correttezza e massima trasparenza sulle vicende di Gaza”.
In risposta, il Direttore di Repubblica Orfeo argomenta che il suo giornale “ha una linea editoriale chiara e nette di condanna del massacro di bambini, donne e uomini a Gaza, come d’altra parte sul crescente antisemitismo nelle nostre società, e non si sente investita in alcun modo dalla critica” dell’associazione Settottobre. Il direttore della Stampa Malaguti spiega la decisione di pubblicare l’inserzione con l’intenzione di non fare censure, “pur non condividendone i contenuti: generici, pieni di insinuazioni e al limite di quello che riteniamo accettabile” e “davvero sul confine di ciò che secondo noi è legittimo”.
Interviene sul tema anche il Cdr del Sole 24 Ore. L’8 ottobre in un comunicato sul giornale si ricorda che su molte testate italiane è apparsa un’informazione pubblicitaria che, ricordando la tragica ricorrenza del 7 ottobre, faceva riferimento all’”ideologia dell’odio e della violenza” che “ogni giorno s’infiltra nelle piazze delle città italiane” e che starebbe “permeando i luoghi dove si forma il pensiero: le scuole, le università, la cultura. E i mezzi d’informazione”.
Oltre al merito – la ricostruzione parziale, semplicistica e ideologica veicolata dal messaggio pubblicitario – il Cdr contesta il metodo: “gli spazi pubblicitari di un giornale non possono diventare un porto franco, attraverso il quale far passare messaggi gratuitamente provocatori. Lo dobbiamo ai nostri lettori e ancora di più alla realtà dei fatti. Fatti che i giornalisti – quelli internazionali cui è precluso l’accesso a Gaza e quelli palestinesi che muoiono sotto le bombe dell’esercito israeliano – stanno documentando al meglio delle loro possibilità. Riteniamo inoltre sbagliato associare le grandi manifestazioni dei giorni scorsi di solidarietà con il popolo palestinese, che hanno avuto una partecipazione di massa, con posizioni filo terroristiche. Ribadiamo questi principi, nel rispetto dell’indiscutibile tragedia vissuta il 7 ottobre dal popolo di Israele che tutti quanti commemoriamo insieme”.




