di STEFANO AVANZI

I truffatori digitali sfruttano l’Intelligenza artificiale per creare video deepfake che utilizzano volti e voci di giornalisti televisivi al fine di vendere prodotti online. Il fenomeno, esploso negli ultimi due anni, riguarda diverse aree del mondo e pone interrogativi sulla capacità delle piattaforme social di contrastare queste manipolazioni.

Il caso della conduttrice indiana Pooja Shali, volto del network India Today, è emblematico. Nel maggio 2024, un’amica le inviò un video circolato su Instagram Reels: sembrava che Shali, dal suo consueto studio televisivo, presentasse un’app di trading descritta come sicura e milionaria. In realtà, l’anchor non aveva mai sentito parlare del prodotto. La clip iniziava con estratti autentici del suo programma, ma dopo pochi secondi il tono di voce e i movimenti delle labbra tradivano la manipolazione. “Sono rimasta completamente scioccata”, ha dichiarato la giornalista, riconoscendo subito un deepfake.

Un milione di utenti

L’episodio non è isolato. Nel 2025 il Financial Times ha denunciato che l’immagine del suo editorialista economico Martin Wolf era stata utilizzata in oltre 1.700 annunci deepfake su Facebook e Instagram, raggiungendo quasi un milione di utenti in Europa. Gli spot promettevano guadagni facili e rimandavano a canali di investimento sospetti. Solo dopo settimane di pressioni e la pubblicazione di un articolo del giornalista, i contenuti sono stati rimossi da Meta.

Secondo la Coalition for Women in Journalism (CFWIJ), il fenomeno è in crescita rapida: nel 2023 erano stati documentati 7 casi di giornaliste prese di mira, nel 2024 sono diventati 20, e nei primi nove mesi del 2025 sono già oltre 150. Non si tratta solo di pubblicità fraudolente: molti deepfake sono utilizzati anche per la disinformazione politica o per produrre contenuti pornografici non consensuali, con l’obiettivo di colpire e screditare professioniste dei media.

tono autorevole

L’uso dei giornalisti televisivi come target non è casuale. I loro volti sono facilmente reperibili in ore di trasmissioni disponibili online, spesso con lo sguardo fisso in camera e un tono autorevole. Questo rende i conduttori un bersaglio perfetto per le manipolazioni: i truffatori sanno che il pubblico tende a fidarsi di chi porta le notizie. “Quel legame che uno spettatore ha con il giornalista, soprattutto se si tratta di giornalisti televisivi, è ciò che viene abusato”, ha spiegato Shali.

Le piattaforme digitali sono ora sotto pressione. Meta ha rilanciato un programma di riconoscimento facciale riservato a personaggi pubblici in alcuni paesi, mentre YouTube ha annunciato l’uso di strumenti simili per i creator. Tuttavia, giornalisti e associazioni segnalano che gli interventi restano disomogenei e spesso tardivi. “I truffatori sono instancabili”, ha ammesso un portavoce di Meta, sottolineando i continui aggiornamenti delle tattiche fraudolente.

senza protezione

Nonostante gli sforzi annunciati, molti giornalisti restano senza protezione. Alcuni non ricevono supporto dalle loro stesse redazioni e devono gestire da soli le conseguenze sulla propria reputazione. In diversi casi, come documentato da Women Press Freedom, la pressione psicologica ha spinto professionisti a lasciare il lavoro.

Il fenomeno solleva una questione cruciale: le piattaforme social stanno facendo abbastanza per difendere giornalisti e utenti dalle truffe deepfake? Mentre le grandi aziende tecnologiche sperimentano strumenti di controllo, i video manipolati continuano a circolare, minando la fiducia nell’informazione e trasformando i volti del giornalismo in strumenti di truffa online.

(nella foto, Pooja Shali)

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