(A.F.) Attilio Bolzoni, giornalista per oltre otto lustri a la Repubblica e da alcuni anni editorialista al quotidiano Domani, ha presentato un esposto al Consiglio superiore della magistratura contro la giudice Roberta Serio, in merito a un procedimento penale conclusosi in Corte d’appello a Caltanissetta.
Questi i fatti: andando a ritroso con la memoria Bolzoni s’è ricordato che quel cognome, Serio, gli diceva qualcosa. Nella fattispecie, Bolzoni ha capito che il caso riguarda un processo per diffamazione a carico dell’editore e direttore de Il Fatto Nisseno, Michele Spena, condannato in primo grado a una multa di 900 euro, oltre che al risarcimento di 3 mila euro a favore di Bolzoni. Al centro del procedimento, alcune frasi pronunciate da Spena durante una trasmissione radiofonica in diretta, che lo stesso Bolzoni aveva ritenuto lesive della propria dignità e professionalità. In particolare, Spena ha accusato Bolzoni d’aver condiviso cene romane con Antonello Montante, il potente ex presidente di Confindustria Sicilia, condannato in primo grado a 14 anni per essere stato a capo di un sistema corruttivo e per accesso abusivo al sistema informatico Sdi delle forze dell’ordine, attraverso il quale Montante ricattava “nemici”, condizionava attività politiche e amministrative e acquisiva informazioni su indagini a suo carico. Successivamente è poi stato scarcerato su disposizione della Corte di Cassazione.
Per essere stato “vittima di dossieraggio” da parte di Montante, Attilio Bolzoni, parte civile nel processo “Double Face”, ha deciso di denunciare l’editore Spena per diffamazione, processo penale che si è concluso in appello con l’assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Ma non finisce qui: quando Bolzoni riceve le motivazioni della sentenza, scopre che la Presidente del collegio giudicante è Roberta Serio, figlia di Guglielmo Serio che nel 2013 aveva aperto un giudizio civile contro il Gruppo editoriale L’Espresso, lo stesso Bolzoni e l’allora direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari, per ottenere il risarcimento dei danni per un importo di 200 mila euro, che avrebbe subito in merito a un articolo che portava proprio la firma dello stesso Bolzoni. Il Tribunale non solo aveva rigettato l’istanza di Serio, ma lo aveva anche condannato a rifondere le spese legali nei confronti di Repubblica. Spese poi estinte dagli eredi di Serio, nel frattempo deceduto, che nel 2020 hanno corrisposto al Gruppo Gedi, già L’Espresso, una cifra pari a 13 mila euro “a saldo compensi e spese di giudizio”.
Pur dichiarando di non mettere in dubbio l’imparzialità della magistrata, Bolzoni ha ritenuto opportuno segnalare la circostanza, ritenendo che la pregressa controversia potesse rappresentare una condizione potenzialmente idonea a suggerire l’astensione nel giudizio di Appello. L’esposto, corredato da copie delle sentenze e della documentazione contabile, è stato inviato oltre che al Csm anche al ministro della Giustizia, al procuratore generale della Cassazione, alla presidente Corte d’appello di Caltanissetta e al procuratore generale di Caltanissetta “per ogni valutazione e provvedimento ritenuto opportuno”.
Tanto più che, secondo Bolzoni, “la circostanza che gli eredi di Guglielmo Serio abbiano corrisposto la somma a Gedi Gruppo Editoriale per spese e compensi legali conseguenti alla soccombenza del procedimento nel giudizio civile” costituiscono “delle serie ragioni che avrebbero dovuto indurre il magistrato all’astensione dal procedimento che si è celebrato davanti alla prima sezione penale della Corte d’Appello di Caltanissetta”.
Ora la valutazione spetta al Csm.