Sono stato per una decina d’anni dirimpettaio di scrivania di Fabrizio Zampa, al quarto piano della redazione di allora (Ottanta e Novanta) del Messaggero. Uno stanzone spesso felice per entrare nel quale occorreva salire uno scalino, con tre o quattro balconi, dieci tavoli bianchi, i primi pc accesi sul videogioco del principe che scala castelli per salvare la sua dama.
Sono tra gli ultimi a poter parlare di Fabrizio, con tutte le colleghe, le amiche, i colleghi e gli amici che ha coltivato in 85 anni. E sono sicuro che lo abbia fatto, sornione, elegante e sagace, fino alle ultime settimane prima di decollare ieri da una clinica romana e raggiungere lo spazio. Una galassia? I suoi Caraibi? Qualche amico lontano che, chi scrive è fra questi, lo aveva preso in giro per anni perchè quando acquistò una vasca da idromassaggio fece abbattere alcune pareti del suo piccolo attico pieno di dischi per farcela entrare. Altro che un gran coda da concerto…
Come Franco Leonardi – che ci terremo stretto per anni ed anni –  per la televisione (dal prodotto alla storia del piccolo schermo), così Fabrizio Zampa era il molto competente critico e cronista musicale di una redazione Spettacoli che poteva comunque contare su altri due titani in materia come Paolo Zaccagnini e Marco Molendini.
Il valore aggiunto erano poi la sua “Cristianè”, professionista straordinaria nella comunicazione sul cinema, suo padre Luigi Zampa, regista di rango e di gran fiuto, la Roma bella che lui, Fabrizio, avrebbe seguito giorno e notte. Se non fosse che, per anni, ha fatto anche parte di una redazione, con i turni di notte a rotazione e tante piccole incombenze giorrnalistiche.
Fabrizio Zampa non lascia alcun vuoto perchè è ancora con noi. Ma a pensarci bene non lascia vuoti soprattutto perchè quanto ha fatto, scritto e raccontato nella sua (prima) vita è talmente grande e meraviglioso che non sapremo mai dove sistemarlo. Se non nel nostro cuore, raggrinzito da una tristezza grande.

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