di MICHELE ANSELMI

Il tono era solenne, da editoriale d’apertura meditato e scritto, un po’ alla maniera del Michele Santoro d’antan: “Per rispetto verso chi ci guarda, vorremmo chiedere a Meloni e Salvini le ragioni per le quali nessun esponente di Fratelli d’Italia e della Lega accetti di partecipare a ‘Piazzapulita’”. Così ha esordito Corrado Formigli la sera di giovedì 13 aprile, spiegando che saremmo di fronte a “un grande problema di democrazia”.

Penso che Corrado Formigli abbia ragione, dal suo punto di vista e pure in linea teorica, nel criticare il boicottaggio che Fratelli d’Italia e la Lega operano nei confronti della sua trasmissione. Il conduttore da mesi prova a invitare esponenti di spicco di quei due partiti, ma tutti fanno finta di nulla o non si fanno trovare, facendogli capire che l’ordine parte direttamente dall’alto. Insomma Meloni e Salvini si comportano come Grillo qualche anno fa, quando – ricorderete – impediva a rappresentanti del M5S di parlare nei talk-show politici, considerati delle “trappole” mediatiche. Certo dispiace che nessun ministro, viceministro o sottosegretario dell’attuale governo si affacci mai a “Piazzapulita”, dimostrando così una scarsa autonomia personale dai capi politici di riferimento, pure una sorta di asservimento a indicazioni altamente inopportune sul piano formale.

Ciò detto, credo altresì che sia legittima, benché discutibile, la scelta di non andare in una trasmissione considerata “faziosa e di parte”, le virgolette sono d’obbligo. Mi spiego: fossi un esponente del Pd, mai accetterei l’invito di Paolo Del Debbio, Mario Giordano o Nicola Porro, insomma eviterei di comparire in una puntata dei loro programmi sulle reti Mediaset. Risponderei educatamente al telefono, alla maniera dello scrivano Bartleby di Melville: “Preferirei di no”.

Sarebbe boicottaggio? Forse sì, o semplicemente il rifiuto a farmi coinvolgere in “pipinare” insensate, costruite ad arte per sputtanare l’opposizione, anche se non userei queste parole.

Anticipo la contestazione: Formigli pratica un giornalismo più serio e meditato, mai isterico, fa inchieste apprezzabili e non solo commenti opinabili. Inoltre, come mi suggerisce un collega esperto del ramo, “le parti avverse che vanno da Formigli o da Del Debbio rischiano di essere foglie di fico o cerbiatti da impallinare nella foresta; ma se poi non vanno le trasmissioni diventano tutte a senso unico, bolle informative dove gli spettatori si rispecchiano nelle proprie posizioni senza ascoltare altro”.

Tutto vero, è un bel dilemma. Nondimeno, alla fine della fiera, ritengo che sia legittimo astenersi da una comparsata televisiva, specie se si ritiene incongruo il contesto. Una volta, scusate il fatto personale, mi feci convincere da Gigi Marzullo a partecipare a una puntata di “Cinematografo”. Capii subito, mentre registravamo nello stesso studio di Bruno Vespa, che andazzo demagogico e futile avrebbe preso la discussione, sicché dopo di allora mi sono sempre defilato. Con cordiale fermezza.

Tutto ciò fa parte del gioco mediatico e giornalistico, pure politico. E so bene quanto i talk-show, quasi tutti, siano diventati palestre di scontri verbali spesso alimentati dai giornalisti, insomma esercizi di piccolo potere, per il gusto di infiocinare l’avversario, talvolta circondandolo per ottenerne infine lo scalpo.

Come se ne esce? Non saprei. Naturalmente esistono doveri diversi: i governanti non dovrebbero negarsi al confronto, magari anche serrato e scomodo, fatto salvo il bon-ton giornalistico; ma tutti ricordiamo che lungamente Mario Draghi, secondo me con abilità, evitò di concedere interviste in esclusiva e usò quasi solo i canali istituzionali per comunicare quanto faceva Palazzo Chigi.

Non credo che Meloni e Salvini debbano confessare per iscritto o a voce perché vietano ai loro compagni di partito, se è davvero così, di parlare a “Piazzapulita”. Credo invece che d’ora in poi nessuno, di quella parte politica, potrà però rimproverare a Formigli di “censurare” la destra al governo, ossia di favorire solo il centrosinistra e dintorni. Sono loro stessi, con metodo inciprignito, che disdegnano e si negano. Sbagliano, ma la democrazia, con o senza la D maiuscola, poco c’entra in questo caso. Secondo me.

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