di MICHELE MEZZA

Un congresso sotto voce, quello dei giornalisti, che si sta celebrando con le votazioni nelle singole associazioni regionali. 

Un silenzio stridente con la deflagrazione della crisi del settore, che stringe d’assedio gran parte della categoria.

Nell’anno in cui si è consumata la dissoluzione dell’Inpgi, ingoiato dall’Inps, lasciando i giornalisti senza autonomia previdenziale, ma soprattutto avvertendoli che il mercato sembra non reggere più il sistema artigianale dell’informazione, si sperava in una presa di coscienza che rendesse il sindacato un motore di un dibattito che non può rimanere legato solo alle redazioni.

ganglio vitale

Siamo un ganglio vitale del sistema civile, prima ancora che della democrazia. Ma nessuno se ne accorge, anche perché nessuno glielo dice.

Negli anni ’70 i congressi della Flm, l’allora Federazione unitaria dei metalmeccanici, erano scadenze nazionali, che attiravano l’attenzione di politica, cultura e istituzioni.

I metalmeccanici erano l’asse portante del sistema industriale nazionale, e come tale determinavano la forma e i contenuti del patto sociale che reggeva il paese.

Cinquant’anni dopo, di quel mondo antico non c’è traccia perchè l’intera economia occidentale si gioca sullo scambio di segni e sogni, di informazioni ed immagini.

produrre valore

Persino la guerra in Ucraina è condotta con il linguaggio del giornalismo, con gli strumenti e la forma dell’informazione.

Il ceto sociale che simboleggia il nuovo modo di produrre valore è oggi proprio l’operatore delle informazioni, diciamo normalmente i giornalisti.

Il così detto “quarto potere” oggi è diventato non più semplicemente il cane da guardia delle istituzioni, come ci piace ricordare, ma il testimonial di un modo di vivere, di organizzarsi, di relazionarsi. Scambiarsi informazioni è una pratica antropologica che distingue la modernità dalla preistoria.

Il più grande teorico della potenza dello Stato-nazione, Carl Schmitt, dopo aver spiegato che appunto l’apparato statale si caratterizza per il monopolio della violenza e della deliberazione, proprio in punto di morte, in un fatidico 1984, data emblematica di mille suggestioni, aggiunse la considerazione che completava la sua definizione di Stato : “Il controllore delle onde elettromagnetiche”. 

onde elettromagnetiche

Ad un uomo della prima parte del ‘900, qual era il grande filosofo tedesco, il termine “onde elettromagnetiche” sembrava la migliore definizione di quel processo di pervasività della comunicazione che proprio all’inizio degli anni ’80 cominciava ad invadere la nostra vita.

Lo Stato si definisce proprio in base alla capacità di ordinare e selezionare le diverse modalità di comunicazione, sottomettendo, intendeva Schmitt, i proprietari di questi sistemi che tendono ad avere un carattere multinazionale.

Per questo l’informazione è oggi parte costitutiva della sovranità statale, della sicurezza e dell’autonomia di una comunità nazionale.

circolo Pickwick

Ma allora perché quel tono da circolo Pickwick per il congresso di una categoria cosi essenziale per la vita di ognuno?

Perché nessuno se ne sta accorgendo, nemmeno i giornalisti? 

Tanto più che, mentre si accende una patetica caccia alla preferenza, strattonando via Facebook quel 20 per cento che andrà a votare, la storia continua a galoppare.

Elon Musk compra Twitter, la principale piazza globale dell’informazione, e nessuno alza nemmeno un sopracciglio. I dati della diffusione dei quotidiani confermano l’avvitamento della stragrande maggioranza delle testate, e non si  cerca di afferrarne il motivo. Il più grande quotidiano del paese, il Corriere della Sera, mostra un bilancio in cui le notizie sono sostituite dai video -14 mila nei primi dieci mesi del 2022, e il baricentro del giornale è ormai tutto spostato sul digitale, dove operano sistemi e intelligenze del tutto esterne ai soli recinti giornalistici- e ci si sofferma solo sulla richiesta, per altro legittima, di un premio di produzione per i superstiti che sono ancora in redazione.

azienda italiana

In questi giorni poi giunge una notizia che subito è relegata nel ripostiglio dei tecnicismi: l’algoritmo di ChatGPT, l’intelligenza artificiale che organizza automaticamente interi testi, corredandoli di cronaca e commenti, arrivando ad elaborare anche riferimenti artistici e sonetti di poesia, di proprietà di Elon Musk, sta arrivando nelle redazioni per sostituire i predecessori come GPT-2 e GPT-3, ormai usati a man bassa dalle testate per pianificare le pubblicazioni sui social e viene smontato e rimontato da un azienda italiana, Swascan. 

L’ad dell’azienda, Pierguido Iezzi, con cui ho scritto il libro “Net-war. Ucraina: come il giornalismo sta cambiando la guerra” (Donzelli), spiega al collega Federico Fubini sul Corriere della sera del 16 dicembre ( https://www.corriere.it/cronache/22_dicembre_15/azienda-italiana-che-smaschera-l-intelligenza-artificiale-musk-23e6a2e4-7cbc-11ed-840c-2c5260b7208b.shtml ) che si tratta di “un vero spartiacque che divide la società artigianale e quella dominata dai proprietari degli algoritmi “. In questo caso, continua Iezzi, “abbiamo dimostrato come sia possibile decodificare l’intelligenza artificiale, riprogrammando il sistema in una direzione diversa”.

etica e trasparenza

E’ una svolta , che dovrebbe parlare al mondo dell’automatizzazione professionale, a cominciare dai giornalisti.

Cosa deve fare oggi un redattore per essere coerente con la sua deontologia professionale se non acquisire autonomia e sovranità sulle forme di intelligenza che l’editore gli mette a disposizione? La riprogrammazione del software a partire dalla trasparenza e dai principi etici che poi l’automatizzazione, riproducendosi serialmente, amplifica, nel bene e nel male, è oggi il titolo principale che giustifica e garantisce una professione quale quella del giornalista.

Ma di tutto questo non vi è traccia nel dibattito congressuale, dove si rivendicano nobilissime battaglie per la libertà nel mondo, si contende per la guida di un sindacato sempre meno rappresentativo della materialità del mestiere, ma si ignora che da anni, almeno dieci, siamo nell’occhio di un ciclone . 

pachistani sottopagati

Secondo una semplice cronologia, elaborata da Sergio Ferraris, uno dei pochi colleghi capace di aggirarsi nei meandri informatici, possiamo osservare come nel 2011 Reuters sostituì tutta la redazione che seguiva la borsa di Londra con un gruppo di giornalisti pachistani, pagati un decimo. Poi 4 anni dopo, licenzia anche i pachistani e automatizza tutto il settore della cronaca finanziaria. L’Associated press aveva già automatizzato sport ed economia. Nel 2018 la mitica Bbc, quella della qualità innanzitutto, usa i sistemi di scrittura automatici per seguire la campagna elettorale del paese. L’anno successivo il Guardian adotta il sistema GPT3 per automatizzare la pubblicazione dei contenuti digitali.

In Italia gran parte dei quotdiani hanno già acquistato un software inglese che scrive i testi e sceglie il momento di pubblicazione on line, cambiando il titolo delle notizie.

Cosa dobbiamo aspettare? Davvero dobbiamo ancora inseguire le singole vertenze per mostrarci concreti? I licenziati di oggi sono figli della concretezza di 5 anni fa che ci ha fatto ignorare la strategia di Google e Facebook. E la concretezza di oggi produrrà altre centinaia di licenziamenti e pre pensionamenti fra solo due anni. 

formazione digitale

Nel frattempo continuiamo a frequentare i Festival del giornalismo sponsorizzati dalle grandi piattaforme, ad appaltare la formazione digitale delle testate a Google, e ad addestrarci ad usare gli smartphone esattamente come prescrivono iOS e Android, ignorare il 5 g, e considerare la questione del cloud nazionale politicismo. 

Mentre sarebbe urgente aprire negoziati sui sistemi editoriali, pretendendo di essere al tavolo in cui si scelgono e completano di sistemi tecnologici che acquistano gli editori. 

Così come sarebbe indispensabile imporre una clausola etica per ogni intelligenza e memoria che entra nel perimetro redazionale, in modo da riprendere il controllo di processi che ormai sono di dominio del marketing e della pubblicità.

Contemporaneamente diventa essenziale prendere coscienza che l’informazione è oggi il principale veicolo per l’aggressione digitale e, di conseguenza, la cybersecurity del paese è affare diretto dei giornalisti che si trovano ostaggi di forze esterne o dell’ansia di controllo dello Stato.

modello ingegneristico

Certo tutto questo non è gratis. Implica un cambio copernicano di assetti organizzativi, primati gerarchici, e leadership sindacali. Si tratta di ingegnerizzare un nuovo modello di giornalista, in cui informatica e informazione tornino ad essere due approcci alla stessa materia. Una trasformazione che non lascerà nulla eguale a se stesso. A cominciare dalla fisionomia delle redazioni, dai profili professionali dei redattori, dalla preparazione e percorsi dei giornalisti. 

Ordine e sindacato devono mettere sul tavolo il proprio quieto vivere se vogliono davvero essere parte di una strategia di garanzia per la categoria.

Un vecchio filosofo tedesco diceva, a chi già nell’’800, non voleva  arrendersi ai cambi radicali, che “il mulino ad acqua dà la società feudale, il mulino a vapore quella industriale”. 

Quale redazione produce il mulino digitale?

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