Fra le pagine e pagine e pagine pubblicate in vista delle elezioni politiche del 25 settembre in Italia, spunta un’iniziativa dell’Espresso, diretto da Lirio Abbate. Una paginetta, la numero 12 del numero dell’11 settembre: “Cinque domande ai candidati”.

Si tratta, appunto, di cinque domandine semplici, che vengono offerte a tutti i candidati alle elezioni: si chiede di rispondere e le risposte eventuali saranno pubblicate, prima che gli italiani vadano a votare.

Numero uno: quali sono le due proposte irrinunciabili dell’agenda della sua coalizione da affrontare in Parlamento come prioritarie?

Due: se sarà eletto o eletta, come pensa di costruire e mantenere un dialogo continuo con il proprio territorio di elezione? Quanti giorni, ore, settimane dedicherà al proprio territorio? In che modo relazionerà sull’attività svolta? In quali luoghi?

Tre: cosa ha fatto di concreto nel territorio nel quale è candidato?

Quattro: chi sono i finanziatori della sua attività politica?

Cinque: in che modo si impegna a rimanere libero o libera da interessi e condizionamenti?

Interessanti in particolare la due e la tre, perché dal 1993 in Italia, con l’eliminazione delle preferenze e le liste bloccate, predisposte dai vertici dei partiti, si è perso quel contatto fra eletti e territori, che era alla base della rappresentanza parlamentare e anche giustificava l’alto numero di deputati e senatori. Ogni deputato e ogni senatore “apparteneva” a una zona del Paese e a quei cittadini, in qualche modo, rispondeva delle sue azioni politiche. Alle domande due e tre moltissimi candidati, la maggioranza, non sarà in grado di rispondere, dato che le liste, per tutti i partiti, sono state compilate rispondendo a criteri di opportunità e fedeltà, che non hanno a che vedere con il radicamento territoriale.

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