Per la precisione. In tutta la complessa vicenda dell’arresto dei sette italiani in Francia, anche Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, è stato chiamato terrorista. Lo ha fatto, per esempio, Repubblica il 29 aprile in prima pagina, lo ha fatto il Tg1 del 29 sera. E’ andata oltre La Nazione, edizione di Pisa, con un ritratto di Pietrostefani a cura di Giuseppe Meucci, intitolato “Brigatista intransigente”. Titolista sbrigativo, nel pezzo questa espressione non si legge.

In realtà Pietrostefani non ha mai fatto parte delle Brigate Rosse, ma è stato un dirigente di Lotta Continua, formazione extraparlamentare di estrema sinistra. E assieme ad altri di Lotta Continua (Sofri, Bompressi, Marino) è stato ritenuto colpevole dell’uccisione di Calabresi, accusato dall’organizzazione di responsabilità per la morte dell’anarchico Pinelli nella questura di Milano, dopo la strage di piazza Fontana. Con sentenza definitiva, dopo sedici anni di iter giudiziario, Marino (teste d’accusa) e Bompressi sono stati condannati come esecutori, e Sofri e Pietrostefani come mandanti. La condanna escluse l’aggravante del terrorismo.

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