Dopo che Italia Viva ha salutato la compagnia, per Giuseppe Conte è stato tutto un fare un su e giù a piedi fra il Quirinale e Palazzo Chigi, perdendosi fra il dedalo delle stradine del centro storico di Roma. Tutto programmato: la camminata veloce, l’entrare, in cerca di avventori, in qualche bar ancora aperto, il passaggio dal mercatino ortofrutticolo. Quando il barometro segna bufera, cioè, crisi politica, ci sono potenti che escono dal palazzo per dimostrare che la gente è ancora con loro. Niente di nuovo, tipico del populismo, un po’ come l’affaccio dal balcone di Palazzo Chigi per annunciare ch’era stata sconfitta la povertà. Copione vecchio e stravecchio.

È, al contrario, sorprendente vedere che c’è chi ancora casca nella trappola, come quel nugolo di giornalisti e operatori TV assembratisi fuori Palazzo Chigi intorno a Conte, l’uomo dei Dpcm notturni con cui chiudere gli italiani in casa e guai ad uscire figuriamoci a radunarsi, pena multe e sanzioni. 

Una conferenza stampa che ha fatto saltare le norme anti-Covid e che ha fatto insorgere il sindacato dei cameramen, pronti a passare alle vie legali. Una conferenza stampa improvvisata, l’hanno definita in molti. Tutto si può dire tranne che fosse improvvisata. Piuttosto voluta e studiata nei minimi particolari. 

A osservare l’immagine dell’assembramento davanti a Palazzo Chigi si possono cogliere due aspetti: il primo, l’incoerenza di chi nei Dpcm a raffica ha trovato il modo per restare a palazzo, giocando sulla pandemia; il secondo, l’incapacità di giornalisti ed operatori di sottrarsi al gioco. Domandiamoci allora cosa accadrebbe se fra qualche giorno si venisse a scoprire che quell’assembramento ha causato un contagio.

E allora non si faccia come i topi del pifferaio di Hamelin annegati nel fiume Weser, dove l’accorto pifferaio li aveva condotti con la musica, ingannevole, del suo piffero.

stefy.carnemolla@gmail.com 

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