L’identità delle diverse testate, sempre più “annacquata”. L’invocata “flessibilità” del lavoro giornalistico, che dovrebbe essere materia di contrattazione nazionale e aziendale, non di documenti aziendali. L’”affiancamento” ai giornalisti degli addetti al marketing, del tutto contrario alla deontologia professionale. Tutto questo in un momento di grave calo dei dati di vendite e ricavi dell’azienda, “che ci allontana sempre di più dalla concorrenza”.

Su queste parti del documento “Valori e missione editoriale di Gedi”, i Comitati di redazione di tutte le testate del gruppo -a nome dell’intera comunità dei giornalisti- sono “perplessi”. Rispondono pacatamente, ma con decisione. Avrebbero voluto essere consultati prima della stesura del documento. Hanno firmato la risposta i cdr di Repubblica, Stampa, Secolo XIX, Espresso, Gedi Visual, Mattino di Padova, Nuova Venezia, Tribuna di Treviso, Corriere delle Alpi, Messaggero Veneto, Piccolo, Gazzetta di Mantova, Provincia Pavese, Sentinella del Canavese e la redazione di Radio Capital.

Il documento si “Valori e missione di Gedi” è stato distribuito dal direttore editoriale Maurizio Molinari venerdì 11 dicembre.

“calato dall’alto”

Innanzitutto, dai cdr, una nota di metodo: “La condivisione presuppone il confronto, in particolare se si tratta di ‘valori’ che – recita il testo – ‘riassumono e descrivono l’identità’ di una comunità di persone. Ci sembra quantomeno anomalo un documento aziendale calato dall’alto”. 

Le perplessità di merito sono tre. La prima : “Pur non sfuggendoci come ‘azienda, quotidiani, periodici, radio e concessionaria non siano atomi separati’, ricordiamo che in ogni passaggio prima della fusione di società diverse e poi della nascita del gruppo Gedi, gli Editori si sono sempre impegnati, di fronte alle rappresentanze sindacali, a garantire l’autonomia delle varie testate, ciascuna delle quali rappresenta storie, culture ed esperienze peculiari. In una parola, identità. Che, oltretutto, le hanno rese tutte brand di grande successo. Autonomie e identità che in questi mesi si sono progressivamente annacquate e che il documento sembra affondare definitivamente”.

rimessi in discussione

Seconda perplessità: “Quanto al riferimento a ‘disponibilità al lavoro flessibile, incluso lo smart working’, rappresenta un vulnus per la corretta interlocuzione nelle relazioni industriali. Sottraendo alla loro dimensione fisiologica temi dal chiaro profilo riferito al Contratto nazionale e alla contrattazione aziendale e che, quindi, non possono essere rimessi in discussione in modo unilaterale”.

Ultima “anomalia”: “Nel documento dell’azienda si legge che ‘dentro la redazione lavorano fianco a fianco giornalisti, tecnici digitali, analisti di dati, videomaker, fotografi, producer, autori’. Fin qui niente da dire, anzi la conferma della nostra attenzione e disponibilità a metterci in gioco nelle grandi trasformazioni che stanno segnando (ma, sia chiaro, non nel suo significato più profondo) il lavoro giornalistico. Ciò che ci appare pericoloso e inaccettabile è la successiva inclusione degli ‘addetti al marketing’. Una commistione di attività che devono rimanere assolutamente parallele, evitando convergenze, peraltro vietate dai Codici deontologici della nostra professione: a noi il compito di produrre contenuti giornalistici di eccellenza (non di intrattenimento), al marketing il compito di renderli prodotti di successo, anche economico, alla direzione il ruolo di indicare formule giornalistiche convincenti e adeguate a mantenere il primato morale e professionale cui siamo abituati”.

“sacrosante ovvietà”

Su questi i temi i cdr avrebbero voluto avere un confronto con i vertici aziendali, “prima di qualsivoglia documento sui valori e sulla missione del gruppo Gedi. Magari approfittando dell’occasione anche per cercare di capire perché, nonostante il grande impegno di ogni componente di questa comunità di lavoratori, il declino dei numeri stia subendo un’accelerazione che ci allontana sempre di più dalla concorrenza”.

La premessa del comunicato dei cdr era “lo scontato apprezzamento di quei principi, indicati nel documento aziendale, che da sempre fanno parte del bagaglio culturale di ciascuno di noi. Ne citiamo alcuni di quelli ricordati nel documento, a costo di riproporre un elenco di sacrosante ovvietà: ‘conoscenza, professionalità e passione’; ‘rispetto delle notizie e dei lettori’; ‘indipendenza’; ‘competenza, rigore e voglia di innovare’; ‘volontà di aggiornarsi’; ‘predisposizione all’impegno multimediale’, ‘coraggio di osare’; ‘disponibilità a correggere gli errori’; il riconoscimento ‘dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana’; ‘diritti inviolabili della persona’; ‘principi di libertà e di uguaglianza’; ‘doveri inderogabili di solidarietà’; ‘diritto di manifestare il proprio pensiero’; ‘controllare sempre ciò che si afferma’”.

(nella foto, riunione di redazione di Repubblica al Teatro dell’Opera di Roma) 

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