(V.R.) La multa da 1 milione e mezzo di euro che l’Agcom ha comminato alla Rai ha scatenato polemiche, alcune di parte, che non hanno comunque risposto a una domanda: l’autorità può giudicare e sanzionare i giornalisti?

Su una delle due questioni sollevate nella decisione dell’Agcom, quella riguardante l’utilizzazione della pubblicità, non ci sono dubbi. A proposito della vendita e della distribuzione la legge è chiara: l’Autorità per le comunicazioni deve controllare che la Rai (la cui maggioranza azionaria è del ministero del Tesoro) rispetti i limiti precisi e può imporre sanzioni difronte a violazioni gravi e magari ripetute.

Sul secondo ramo del problema, quello della completezza, dell’imparzialità e del pluralismo, il discorso è più complicato. Come assolvere a questo compito? L’autorità può esaminare il pezzo o l’intervista del singolo giornalista? Il legislatore intendeva che un simile organo potesse valutare e giudicare ciascuna notizia? Ad esempio, ogni risposta di un uomo politico intervistato deve essere bilanciata dalla corrispondente frase di un politico di idee diverse? Ovviamente no. Durante i dibattiti è giusto chiedere che siano presenti parti politiche diverse (tutte sempre?) e se una testata o una trasmissione ha violato il dovere del pluralismo l’azienda deve intervenire affinché torni l’equilibrio. Ma ogni volta?

L’authority non può sanzionare direttamente un giornalista. Sarà semmai la stessa Rai a segnalare il suo comportamento all’Ordine in cui è iscritto, che resta l’unico depositario del potere di sanzionarlo. La risposta al nostro quesito sembra non discutibile. Ed è la risposta che venne data anche allorché venne istituita (1996) l’authority per la protezione della privacy. Allora la preoccupazione dei giornalisti fu grande, ma grazie a giuristi come Stefano Rodotà quel pericolo venne sventato.

valutare nel complesso

Tuttavia, non c’è chi non veda che una multa milionaria inflitta alla Rai, scaturita da pesanti rilievi e critiche dell’Autorità rivolte contro un direttore o un giornalista, possono screditare e danneggiare indirettamente il professionista, anche se la sanzione è stata rivolta solo all’azienda. Dunque la decisione dell’autorità può finire per rappresentare una sostanziale punizione per quel professionista.

L’autorità deve valutare nel complesso il lavoro di quella testata (o Rete) che ha l’obbligo di “completare” e riequilibrare nelle sue varie edizioni le opinioni di parte. Anche il contraddittorio, che giustamente viene preteso, non può essere inteso subito e sempre. I servizi radiofonici e televisivi durano in media 1 o 2 minuti al massimo. E’ chiaro che il pluralismo deve essere garantito complessivamente. Questo intendono le regole poste alla base del servizio pubblico e del contratto firmato dalla Rai.

Del resto la stessa Autorità ricorda nella ordinanza che soltanto la valutazione di lungo periodo può giustificare una sanzione. E allora non può non stupire che nella sua voluminosa relazione (cui si è opposto il professor Mario Morcellini mentre si è astenuto Francesco Posteraro) l’ente di vigilanza elenchi proprio servizi e trasmissioni singoli e di diversa natura e valore.

Ad esempio la trasmissione di Bianca Berlinguer e del suo ospite “montanaro”, di cui l’Agcom non ha apprezzato alcune frasi. Dunque, quando costui parla la conduttrice dovrebbe avere a disposizione ogni volta ospiti di parere diverso?

Durante un’edizione del Tg2 fu detto che gli assassini del carabiniere Cerciello sarebbero stati ”due nordafricani”, versione poi risultata erronea e deviante, eppure fornita da molti organi di informazione. Un errore, certo, come ne capitano a chi fa cronaca. Spettava all’Agcom denunciarlo?

L’ente guidato dal professor Marcello Cardani ha poi contestato, come “univoca e contenente solo voci a sostegno della mancata integrazione dei migranti”, una trasmissione speciale sulla Svezia, che aveva fatto arrabbiare l’ambasciatore di quel paese. Detto che si trattava di una sola delle puntate trasmesse, era compito dell’Agcom giudicare il servizio? Che fine fa l’articolo 21 della Costituzione? Non affiora – si perdoni il termine – una sostanziale censura?

Stessa cosa per il commento all’intervista di Fabio Fazio al presidente Macron, per un’intervista a Steve Bannon, per una frase sull’abilità del presidente Trump, o per un servizio sui minobot. Tutti trasmessi dal Tg2, ovviamente.

cinque stelle e sanremo

Era stato registrato uno squilibrio fra i minuti concessi al Movimento dei 5 stelle e quelli del partito di Salvini nel periodo fra l’agosto 2019 e il gennaio 2020? Sì, I computer dell’Agcom lo avevano calcolato: 19,99 % contro 21,45. Qui l’ordinanza ricorda che i 5 Stelle avevano il 34 per cento dei parlamentari. Ma se i cronisti politici ritengono che i comportamenti del leader della Lega “facciano notizia” e quelli di altri no, che devono fare, preoccuparsi di equilibrare? Correre a intervistare i 5 Stelle? Questa è l’idea dell’Agcom?

Quanto ai programmi di intrattenimento, è quasi stupefacente il rilievo sul festival di Sanremo. E’ stata lamentata una carenza per quanto atteneva “la dignità della persona e nella rappresentazione dell’immagine femminile”. Che ha dell’incredibile se si pensa che proprio il festival di Amadeus, per la prima volta, ha dato grande risalto al problema della difesa della donna. Il monologo di Rula Jebrael, il gruppo di cantanti che si sono unite per apposite manifestazioni di denuncia, non c’è stata serata in cui la violenza alla donna non sia stata condannata. E allora?

Di fronte a simili decisioni prese dall’Agcom è comprensibile che qualcuno abbia parlato di Inquisizione, e qualcun altro abbia addirittura intravisto dietro l’ordinanza la volontà di colpire una precisa testata, nella eterna battaglia fra i partiti per il controllo della Rai. I membri dell’Autorità – peraltro in condizione di prorogatio –  non hanno avvertito queste insidie? Non avrebbero potuto svolgere in modo diverso il proprio ruolo di vigilanza?

Noi comunque torniamo alla nostra domanda iniziale. E pensiamo che la regola che impone equilibrio, completezza, obiettività, indipendenza non possa essere né applicata con la bilancia del farmacista né con lo spirito di “magistrati” amministrativi che intendono, dall’alto del proprio scranno, applaudire o fischiare chi cerca e dà le notizie. Compito che spetta invece solo ai cittadini, mentre all’azienda editoriale – speriamo indipendente e autorevole, anche se pubblica – spetta quello di garantire che l’informazione sia veritiera e che i giornalisti siano liberi.

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