In questi giorni il magazine Vita ha compiuto 25 anni. Prima settimanale, poi mensile, prima cartaceo, poi online (con allegati tematici stampati in occasioni particolari) Vita è stato e resta forse il più lucido e riuscito esempio di alleanza tra giornalisti e associazionismo sociale in Italia. Un giornale che ha avuto come editore inizialmente un gruppo di imprenditori illuminati e poi il mercato (Vita editoriale è oggi una piccola Spa benefit), ma che ha mantenuto sempre un legame strettissimo con il Terzo settore, le onlus e le associazioni che hanno partecipato all’attività di Vita sedendo dal primo giorno nel Comitato editoriale con propri rappresentanti. Un giornale pensato e realizzato per e con il mondo del volontariato e delle imprese sociali, mondo di cui è stato in tantissime occasioni portabandiera e portavoce. Un modello di impresa giornalistica e editoriale innovativa e coraggiosa, che è riuscito a imporsi alla fine degli anni Novanta su un mercato – quello dei settimanali – presidiato da colossi e avventurieri, e poi a sopravvivere e rilanciarsi durante le stagioni della grande crisi del mercato pubblicitario, crisi che tanti colossi e giornaloni ha definitivamente seppellito. Un modello che oggi più che mai andrebbe forse studiato e seguito.

Quello che segue è l’editoriale di Riccardo Bonacina, fondatore, anima e direttore per tanti anni del giornale (oggi Vita è diretto da un giovane, Stefano Arduini), pubblicato sull’ultimo numero, quello dei 25 anni.

 

di RICCARDO BONACINA 

Ben 25 anni fa, quando fondammo Vita, il sogno, come scrivemmo sul numero zero nell’ottobre 1994, era quello di «un giornale capace di muovere le cose, di cambiarle, se possibile, capace di raccontare la vita intera capendone i problemi e proponendo risposte». Non so se in questi 25 anni siamo riusciti a realizzare il nostro sogno, di certo gli abbiamo dato sostanza, provandoci e riprovandoci ancora. Cambiando direzione quando sbagliavamo, facendoci aiutare dai tantissimi amici trovati sulla strada quando smarrivamo il sentiero.

È un compleanno importante per noi, 25 anni sono tanti, particolarmente tanti per un editore indipendente che in questo quarto di secolo ha attraversato cambiamenti tanto veloci quanto radicali. Sono cambiati gli strumenti del lavoro, i supporti delle notizie, le modalità di lettura e di fruizione, da quando abbiamo iniziato è davvero cambiato tutto. Come è stato possibile attraversare questo lasso di tempo e durare nei cambiamenti? Provo a rispondere così.

passione per la realta’

Mi ha molto colpito che Papa Francesco poche settimane fa abbia detto ai colleghi: «Non abbiate paura di rovesciare l’ordine delle notizie, per dar voce a chi non ce l’ha; di raccontare le “buone notizie” che generano amicizia sociale: ma non raccontate favole, raccontate la realtà». Eccolo no- minato il tema vero che abbiamo cercato di mettere al centro della nostra storia: la realtà. Saper stare nel proprio tempo e raccontarlo tutto intero. Riconoscendo il bene senza tacere dell’inferno. Una passione per la realtà intera; nasce da questo la storia di Vita. Non nasciamo per dare “buone notizie” o per proporre le retoriche del lato positivo, o del mezzo pieno, non ci interessa la pur apprezzabile battaglia per le quote di bontà nell’informazione. Non esiste l’informazione buona e quella cattiva, ma solo la buona e la cattiva informazione. L’informazione e la comunicazione hanno regole e linguaggi, mezzi e piattaforme da conoscere e da usare in tutte le loro potenzialità. Per raccontare la realtà intera. Lo scandalo da cui siamo nati è che della realtà si raccontava solo un piccolo pezzettino. Siamo nati non da un’idea ma da una passione, non avevamo idee da propagandare, volevamo solo andare incontro alla realtà per raccontarla stanchi di un modo di fare giornalismo scemo e pigro.

Giornalisti e soggetti sociali

Un secondo nodo della nostra storia è stata l’alleanza costitutiva tra un gruppo di giornalisti e le organizzazioni di Terzo settore. Vita è un’avventura editoriale nata dal basso, dai gruppi sociali intermedi e dalle libere aggregazioni di cittadini.
Fu chiaro sin dal primo giorno che il giornale nasceva su spinta di organizzazioni che non aveva parola nell’agenda setting tutta determinata dalla politica partitica. Per questo il cuore della nostra scommessa è quello che il nostro Statuto de nisce come “Comitato editoriale”, ovvero l’aggregazione di organizzazioni non profit che scelgono
Vita come piattaforma di comunicazione condivisa, spazio indipendente di confronto e di dialogo con tutti gli attori della vita sociale e produttiva. Vita è diventata via via, da voce del non profit a voce dell’Italia responsabile, voce di tutti coloro che a prescindere dalle appartenenze, desiderano impegnarsi per costruire una casa comune sostenibile ed equa. Una caratteristica che ha reso Vita una piattaforma indipendente, pubblica e partecipata di informazione riconosciuta da tutti. Mi ha davvero colpito ed emozionato leggere il messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci ha inviato e che trovate a pagina 65. Un messaggio in cui, tra le tante cose, riconosce e sottolinea la “capacità di dialogo con cui avete contribuito al cammino della società italiana di questi anni”.

Già, perché il dialogo non è mai fine a se stesso e non è mai esclusivo, si dialoga per cambiare e si dialoga per includere. Si interloquisce con tutti senza pregiudizi e schierandosi sempre da una sola parte, quella della realtà e del tentativo di cambiare in meglio le cose, generando dibattito e confronto.

Credo che questa esperienza di alleanza tra giornalisti e organizzazioni abbia contribuito a far crescere sia i giornalisti che hanno imparato che non si lavora mai per se stessi, sia per le organizzazioni che hanno capito che la comunicazione non è qualcosa che viene dopo l’azione, ma è un lucido esercizio di presenza nel mondo che sta all’inizio di ogni azione e intrapresa.

Piattaforma di innovazione

La piattaforma multimediale di Vita è stata sin dall’inizio un’infrastruttura di innovazione del Terzo settore per il fatto che da subito ha favorito l’emergere della società civile organizzata nello spazio e nel dibattito pubblico e il suo riconoscimento giuridico e legislativo. Sono state tante in questi anni le battaglie anche legislative, dalla campagna per la deducibilità delle donazioni (Legge 80 del 14/5/2005) alla campagna per la stabilizzazione del 5 per mille norma rimasta per anni misura sperimentale e dalle coperture ballerine, dalla Legge del Buon Samaritano (Legge 155 del 16/07/2003) sulla distribuzione dei prodotti alimentari ai fini di solidarietà sociale sino alla campagna per il Servizio civile universale, ovvero per un Servizio civile che non dica no ai giovani che vogliono impegnarsi per un anno in attività finalizzate al bene comune.

Ma se l’innovazione sta nei geni di Vita, essa si è dovuta ogni volta produrre e rigiocare a fronte dei tanti cambiamenti attraversati in un arco così significativo di tempo. Dalla scoperta che il sociale non era un tema ma un punto di vista e un modo di fare giornalismo, alla formazione rispetto ai nuovi media e alla piazza social, dalla scelta di passare da una frequenza settimanale a una mensile con l’origina- le formula del bookazine (una rivista da sfogliare e un libro da conservare) sino al quotidiano online con le sue news, storie e interviste su vita.it.

Per arrivare all’ultima scommessa, quella dei seminari dedicati alle modalità di una nuova narrativa delle realtà non profit, perché se non raccontiamo la nostra storia, qualcun altro la racconterà per noi. Se non usiamo le parole adatte, le parole non si allineeranno alle cose. E le cose — soprattutto le più importanti — resteranno mute. Il capitale narrativo — insieme di parole, pratiche, storie, esperienze — è quanto di più prezioso un’organizzazione possieda e su questo è importante lavorare «Scommettete sulle parole, perché lì si coltiva il senso» ci ha insegnato il grande antropologo Arjun Appadurai.

Queste mi sembrano le caratteristiche di un Dna che ha mostrato una indubbia capacità di resilienza e che è stato in grado di portarci sino a qui, ad un compleanno per nulla scontato.

In questo numero speciale proviamo a rilanciare con domande scomode ai tanti interlocutori che in questi anni ci hanno accompagnato. “Nell’era dei populismi che spazio e ruolo per il Terzo settore? Sarà ancora necessario al cambiamento?”. “E che ruolo per una piattaforma come Vita nei prossimi 25 anni”? 

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