(A.G.) Riccardo Luna non è un luddista, uno che si oppone al progresso e distrugge le macchine. E’ stato fra i primi giornalisti, in Italia, a occuparsi di internet, e della sua rivoluzione, con grande passione, entusiasmo perfino. E’ ancora più interessante, quindi, la sua analisi sulla degenerazione delle grandi piattaforme che oggi dominano il mondo. Tanto da decretare che “Qualcosa è andato storto” (il suo nuovo libro, per Solferino Editore). 

E’ andato stortissimo. La rete Internet fu candidata nel 2010 al Nobel per la Pace, Papa Francesco la definì “dono di Dio”, Obama usò i social network per la sua campagna elettorale liberal, si disse che il web avrebbe “abbattuto muri, costruito ponti”. Invece, registriamo oggi che Google ha prontamente ribattezzato “Golfo d’America” il Golfo del Messico, ha cancellato i programmi di inclusione delle minoranze, supinamente obbedendo, in entrambi i casi, al Presidente Trump e, soprattutto, ha abolito il divieto di utilizzare l’Intelligenza artificiale per scopi militari, avviando una proficua collaborazione con il Pentagono, Dipartimento della Difesa Usa. 

Fu proprio il Pentagono a mettere i primi fondi per la ricerca su Internet, ma poi fra i pionieri della rete circolava un’aria di controcultura, voglia di dare potere alle persone, contro le élite. Luna ci accompagna lungo il percorso di quei pionieri che, con magliette variopinte, infradito e pantaloni corti, si sono avviati man mano sulla strada sempre più ossessiva del profitto, del grande, inimmaginabile, profitto. E potere. Ciò che contava sempre di più -ai fini di raccogliere pubblicità-era l’”engagement”, tenere gli utenti sul sito e provocare le loro reazioni. 

Facebook, per dire, da luogo di incontro, da piattaforma sociale, ha cominciato -tramite algoritmo- a segnalare agli anziani solo contenuti sulla insicurezza e quindi sulla paura e a offrire alle ragazze modelli di magrezza e ai ragazzi corpi muscolosi. Sapendo di fare del male: come rivelano ricerche riservate, promosse dalla stessa Facebook, il confronto estetico continuo con gli altri “aumentava ansia e depressione”. 

TikTok, la piattaforma cinese, da parte sua, ha saltato la fase social e si è proposta come quel posto dove “vado per cinque minuti e poi ci passo tre ore”, a “scrollare” video che durano in media 8 secondi ed ecco che 8 secondi diventano la misura della nuova capacità di attenzione. Anche qui sono i ricercatori interni di TikTok a parlare in ricerche che non dovevano diventare pubbliche: “L’uso eccessivo della piattaforma interferisce con alcune funzioni essenziali della persona tipo dormire, gestire gli impegni scolastici o di lavoro, connettersi con i propri affetti”. 

E Twitter? E’ stato il luogo dove andare per sapere cosa era accaduto un istante prima, dove il movimento delle primavere arabe fece sapere di esistere, dove trovò voce la resistenza ucraina. Poi, nel 2022, è arrivato Elon Musk e ha abolito il team che bloccava contenuti violenti e falsi e ha abolito la “spunta blu”, la garanzia di autenticità dei profili. Anzi, l’ha messa in vendita. 

Racconta Luna che un effetto dello strapotere delle piattaforme è l’attacco al giornalismo, che è stato risucchiato dall’esigenza di fare clic e si è allontanato dalla ricerca della verità. I social hanno spinto verso contenuti divisivi e polarizzati (erano i più dotati di appeal), hanno prodotto la perdita del senso comune riguardo ai fatti fondamentali: non c’è più nelle società una base profonda di valori e tradizioni condivisi da cui partire per discutere. Risultati: il populismo, le crepe sempre più profonde nella democrazia. 

Le ultime istantanee sono la sfilata dei boss delle piattaforme Bezos, Zuckerberg, Pichai, Musk, Altman, Cook e Shou Zi Chew alla cerimonia di insediamento di Trump. E l’accordo del Dipartimento della Difesa Usa con Open Ai, Google, Anthropic e xAI per il reciproco sostegno. 

Perché- questa è la notizia da brividi- sono ancora loro, i boss delle piattaforme, a guidare il nuovo passaggio epocale, quello dell’Intelligenza artificiale.  

Luna non conclude il suo libro soltanto sotto nubi nerissime. Spiega come nella tragedia di Gaza i social vengano usati anche per far conoscere al mondo cosa accade, nonostante il divieto d’accesso per i giornalisti imposto da Israele, nonostante le censure di Facebook e Instagram ai contenuti favorevoli ai palestinesi: il fotografo Motaz Azaiza ha messo su Instagram molte stories sull’esodo e il martirio, che hanno raggiunto 14 milioni di di followers, mentre fette di anguria (ha i colori della bandiera palestinese) comparivano ovunque sulle bacheche di Instagram, beffando l’algortimo.

E insomma non esiste soltanto “la monetizzazione dell’attenzione umana attraverso la manipolazione psicologica”. Riccardo Luna conclude con la speranza che le falle del sistema si possano allargare, che stavolta con l’Intelligenza artificiale non ci facciamo passare tutto sopra, in nome dei presunti vantaggio che ne ricaviamo.

E noi speriamo con lui. 

(nella foto, Zuckerberg -Facebook e Instagram-, Bezos -Amazon- con la moglie Lauren Sanchez, Sundar Pichai -Google-, Elon Musk -Twitter, Tesla- all’insediamento della Presidenza Trump; qui sotto, Riccardo Luna)

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