di LUDOVICO SARFATTI

La recente nota sindacale del 17 settembre sul rinnovo contrattuale dei poligrafici e sulla liquidazione del Fondo previdenziale “Casella” merita un ulteriore approfondimento.

In apertura si evidenzia una posizione di irrigidimento nel dialogo della Federazione editori (Fieg), che vincola il rinnovo contrattuale alla definitiva soluzione della procedura di liquidazione dell’ente previdenziale. Non seguono puntualizzazioni o stigmatizzazione dei sindacati, a conferma di un’intesa tra le parti sociali che si manifesta nella nella frase successiva, quando si afferma che “le Segreterie Nazionali e La Fieg auspicano che la questione possa essere risolta entro la scadenza del mandato dell’attuale commissario, fissata per il 17 novembre 2025, data entro cui poter finalmente avviare in modo più produttivo la trattativa di rinnovo contrattuale”. Il punto di vista della Fieg è così ospitato a pieno titolo in un comunicato sindacale. Una novità sostanziale che potremmo definire storica nelle relazioni industriali.

Nel verbo “auspicano” è racchiuso il senso dell’intero comunicato. Sindacati e Fieg sono le parti istitutive del Casella, nonché i firmatari dell’Accordo di liquidazione del 2 dicembre 2024, ma “auspicano” che qualcun altro definisca la procedura di liquidazione. Un messaggio enigmatico. Scrivono ai lavoratori ma parlano ad altri? A chi? Proviamo a capirlo.

LA FIEG. L’associazione degli editori non ha finora proferito parole ufficiali sulla liquidazione, silenziosa e coerente nella convinzione di alleggerire l’aliquota versata all’ente. Nessuna novità: la pluridecennale insofferenza per l’esborso-monstre è stato finora digerito solo perché funzionale a cambi contrattuali, prepensionamenti e per svuotare il Contratto collettivo nazionale di lavoro nelle sue essenziali funzioni. Ridotta la platea dei poligrafici attivi a poco più di un migliaio, il Casella non rappresenta più nessun valore aggiunto.

IL COMMISSARIO. Secondo quanto denunciato dal Coordinamento dei Poligrafici, l’avvocato Ruggiero sembrerebbe essersi distinto, nei cinque anni di amministrazione straordinaria, per soli due provvedimenti: congelamento del diritto al riscatto delle quote dei lavoratori silenti e trattenuta del 9,24% sulle quote individuali del 2022 causa andamento negativo dei mercati. Cinque anni di direzione amministrativa votati sostanzialmente ad attendere la decisione delle parti istitutive, come confermato in Commissione bicamerale dalla ex Presidente Covip Francesca Balzani (audizione del 13 marzo 2025). Può essere rivolto al Commissario “l’auspicio” a definire la liquidazione? Evidentemente no.

LA COVIP. L’Accordo di liquidazione del 2 dicembre 2024 ha chiamato in causa esplicitamente l’Authority di vigilanza sui fondi pensione per verifica e autorizzazione. Ma l’ex Presidente Balzani ha chiarito, sempre in sede parlamentare, che tale intervento non risiede nelle prerogative dell’istituto di vigilanza, in quanto il “Casella” risulta fin dal 1995 un “sorvegliato speciale del Ministero” (del Lavoro).

IL MINISTERO DEL LAVORO. E’ il convitato di pietra dell’intera faccenda. Il dossier Casella è sulla scrivania del Sottosegretario Durigon, il quale sta provando a favorire politiche di allargamento della platea di iscritti ai fondi previdenziali, motivato dalla preoccupante insostenibilità delle future pensioni. Incomodo com’è, il dossier-Casella tende però a restare semi aperto – o semi chiuso se si preferisce – per nascondere alla collettività che persino i fondi integrativi obbligatori e sorvegliati direttamente dallo Stato possono far evaporare i risparmi. Un messaggio che non può filtrare alla vigilia della Finanziaria 2025, dove il tema delle pensioni è centrale nei conti pubblici ed è necessario alimentare la fiducia verso la previdenza complementare. Tornando alla domanda: “l’auspicio” di sindacati ed editori era rivolto al ministero del Lavoro? Difficile crederlo, perché se la Fieg resta alla finestra i sindacati, pur nella difficoltà di serpeggiare fra diritti dei lavoratori e responsabilità di gestione, non hanno mai segnalato la seria intenzione di voler dialogare le istituzioni.

I SINDACATI. Cgil-Cisl-Uil hanno fino a oggi diramato due comunicati sul tema. Forse meglio dire uno e mezzo. Il primo, del 6 dicembre 2024, per dichiarare “inopportuno divulgare anzitempo il testo” (dell’Accordo di liquidazione). Il secondo, del 17 settembre 2025, nel quale si riporta una situazione di impasse fra le parti sociali e si auspica che qualcun altro risolva definitivamente. Una produzione documentale povera, anche in considerazione dell’assenza di assemblee o confronti collettivi che abbiano coinvolto i diretti interessati, lavoratori e pensionati poligrafici.

Solo un tentativo di ricostruire la storia e la natura dell’ente previdenziale è stato prodotto dalla Cgil-SLC con un Documento di sintesi dove: 1) si omette l’intervento del Presidente della Repubblica del 1962 che classifica come obbligatorio il Casella per i lavoratori poligrafici e ne allega il Regolamento alla legge nazionale del Ccnl; 2) si dimentica di specificare che il sistema tecnico della gestione a capitalizzazione, introdotto nel 1995 nel Casella per obbligo di legge, avrà solo vita “nominativa”, mai operativa; 3) si evita di ricordare che con il decreto del 22 dicembre 1995 il Ministero del Lavoro autorizza il Fondo Casella a deroghe di legge – tuttora non revocate – connotando il Casella un sorvegliato speciale dello Stato Italiano; 4) si sottace sull’asserzione della ex Presidente Covip in audizione parlamentare che “no, il Fondo non è in default, chiariamo questo punto, altrimenti non saremmo qui a parlarne”, per concludere invece con un perentorio “si prende atto dell’insostenibilità finanziaria del Fondo, certificata dal provvedimento Covip del 18 novembre 2020 (che invece, molto semplicemente, delibera l’amministrazione straordinaria e nomina i professionisti), e si ritiene che l’accordo sottoscritto il 2 dicembre 2024 garantisca un trattamento migliorativo per gli iscritti e i pensionati”. Un autogol.

IL FONDO BYBLOS. L’Articolo 1, comma 2, del D.lgs. 252/2005, attualmente in vigore recita: “l’adesione alle forme pensionistiche complementari disciplinate dal presente decreto è libera e volontaria”.

Se il Fondo Byblos è saldamente radicato nel disciplinare della previdenza complementare, il Fondo Casella, è invece istituito nel 1958 con natura di funzione integrativa della pensione pubblica e ulteriormente consolidato nella specifica connotazione migliorativa con il D.P.R. del 1962 del Presidente Gronchi, che mutua e trasferisce lo status di obbligatorietà pubblica anche a Casella. Si tratta di istituti previdenziali completamente diversi.

Torniamo un’ultima volta alla domanda iniziale: è al Fondo Byblos che le parti istitutive si rivolgevano per una rapida e definitiva soluzione? Procedendo per esclusione – Covip no, Commissario no, Ministero no – ecco che abbiamo, forse, individuato il destinatario dell’ermetico messaggio. A quanto risulta, è proprio Byblos a nutrire forti dubbi sull’operazione, tanto da aver avviato più di un approfondimento legale. Può il Fondo Byblos farsi carico, con un accordo privatistico, di discriminazioni fra platee da sempre unite nell’obbligatorietà di uguali doveri e diritti? Può il Fondo Byblos prestarsi all’esercizio privato di una funzione di vigilanza sempre rimasta in capo al potere pubblico? Avrebbe Byblos la base patrimoniale per far fronte a eventuali definizioni risarcitorie in potenziali vertenze per diritti, perfino costituzionali, negati o cancellati?

E’ già stato avanzato un esposto dal Coordinamento dei poligrafici che investe la legittimità del prelievo dai conti individuali del 9,24% per il 2022 per risultati negativi dei mercati azionari: una sottrazione di poco più di 20 milioni di euro dai contribuenti che – si denuncia – essere in contraddizione con la precedente e vincolante delibera del 1996 del Casella che ha privato i profitti per investimenti. Inoltre, risulta ancora non definita presso la Corte di Appello di Roma un’istanza collettiva in merito alla legittimità dei “contributi di solidarietà”, ovvero ai tagli alle prestazioni. E ancora, la Covip, dopo istruttoria, non ha mai autorizzato l’ultimo “contributo di solidarietà”, dal 75 all’88%.

CONCLUSIONE. La faccenda troppo seria e complessa per essere contrassegnata da un semplicistico – o peggio enigmatico – lessico come quello espresso nei comunicati sindacali. Sono in gioco risparmi di vite lavorative per i quali lo Stato è intervenuto con le migliori intenzioni di tutela. E va considerato anche che, per Statuto, i lavoratori, pur obbligati all’adesione, sono stati esclusi dall’attiva partecipazione e sorveglianza. Per superare le pregresse responsabilità e distrazioni, non può bastare, nella situazione che si è oggi prodotta, l’impegno di un fondo privato, come Byblos. E’ giunto il momento di maggiore serietà: c’è ancora sufficiente tempo per ricercare la più corretta delle soluzioni istituzionali, non compromessi privati improvvisati e impugnabili. Il dialogo istituzionale è la strada più appropriata e le istituzioni ne sono consapevoli. Questo è il punto fermo dal quale ripartire e dal quale tutti trarrebbero vantaggio.

4 Commenti

  1. Chiaro come è chiaro il comportamento scorretto del sindacato, l’unica soluzione per i pensionati che hanno versato soldi al Fondo Casella per 35 anni e adesso sentirsi dire che è fallito, complimenti a chi doveva controllare.

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