I bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza hanno ucciso circa 200 giornalisti palestinesi in diciotto mesi. Un gruppo di organizzazioni professionali francesi ha denunciato, in un articolo su Le Monde il 13 aprile, questo massacro e il blackout mediatico che Israele starebbe, a loro dire, deliberatamente organizzando.
“Non è comune -comincia l’appello- che un giornalista scriva il proprio testamento a 23 anni. Eppure è ciò che ha fatto Hossam Shabat, corrispondente nella Striscia di Gaza del canale qatariota Al-Jazeera Moubasher. Queste parole sono state pubblicate sui social media lunedì 24 marzo”. “Se stai leggendo questo, significa che sono stato ucciso”: così inizia il messaggio, in cui il giornalista ricorda le notti trascorse dormendo sul marciapiede, la fame e la lotta per “documentare gli orrori”. “Finalmente potrò riposarmi, cosa che non sono riuscito a fare negli ultimi diciotto mesi”, conclude il reporter palestinese, ucciso da un attacco di un drone israeliano contro l’auto su cui viaggiava, a Beit Lahia, nel nord di Gaza. Un veicolo con il logo di Al-Jazeera.
la scritta “press”
In un anno e mezzo di guerra nell’enclave costiera, le operazioni israeliane hanno causato la morte di circa 200 professionisti dei media palestinesi, secondo organizzazioni internazionali che difendono i giornalisti, come Reporter senza frontiere, il Comitato per la protezione dei giornalisti e la Federazione internazionale dei giornalisti, in collaborazione con il Sindacato dei giornalisti palestinesi. “Almeno quaranta di questi giornalisti, come Hossam Shabat, sono stati uccisi con penne, microfoni o telecamere in mano. È il caso di Ahmed Al-Louh, 39 anni, cameraman del canale Al-Jazeera, morto in un attacco aereo mentre girava un reportage nel campo profughi di Nusseirat il 15 dicembre 2024. E di Ibrahim Mouhareb, 26 anni, collaboratore del quotidiano Al-Hadath, ucciso dal fuoco di un carro armato il 18 agosto 2024, mentre documentava il ritiro dell’esercito israeliano da un quartiere di Khan Younès. Tutti indossavano caschi e giubbotti antiproiettile, con l’acronimo ‘Press’, che li identificava come professionisti dei media”.
case e tende
“Altri giornalisti a Gaza -continua la denuncia- sono morti nei bombardamenti delle loro case o delle tende dove si erano rifugiati con le loro famiglie, come decine di migliaia di altri palestinesi. È il caso di Wafa Al-Udaini, fondatrice del collettivo di giornalisti 16 ottobre, uccisa in un attacco alla città di Deir Al-Balah il 30 settembre 2024, insieme al marito e ai loro due figli. E Ahmed Fatima, figura di spicco della Gaza Press House, una ONG sostenuta da donatori europei. Il 13 novembre 2023, un missile ha colpito il piano superiore dell’edificio in cui viveva con la moglie e il figlio di 6 anni a Gaza City. I genitori sono sopravvissuti all’esplosione, ma il bambino ha riportato ferite al volto. Ahmed Fatima lo ha preso in braccio ed è corso in strada per portarlo in ospedale. Aveva appena percorso cinquanta metri quando un secondo missile gli è caduto vicino e lo ha ucciso. Sei giorni dopo, il 19 novembre, anche il fondatore e direttore della Press House, Bilal Jadallah, è morto per il fuoco di un carro armato israeliano. Il giornalista Fadi Al-Wahidi, 25 anni, è paraplegico da quando un proiettile gli ha reciso il midollo spinale il 9 ottobre 2024, mentre stava filmando l’ennesimo sfollamento forzato di civili, come riportato dal media investigativo Forbidden Stories. Wael Al-Dahdouh, corrispondente di Al-Jazeera a Gaza, ha appreso in diretta la morte della moglie e di due figli in un attentato il 25 ottobre 2023”.
quattro israeliani
L’articolo deplora inoltre la morte dei quattro giornalisti israeliani periti nell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, nonché quella di nove giornalisti libanesi e di un giornalista siriano negli attacchi israeliani: “Ma l’emergenza oggi è a Gaza. L’esercito israeliano sta cercando di imporre un blackout mediatico a Gaza. Questa volontà si riflette nel rifiuto del governo israeliano di consentire alla stampa straniera di entrare nella Striscia di Gaza”.
Si parla anche della situazione nella Cisgiordania occupata, dove tra pochi giorni sarà commemorato il terzo anniversario della morte di Shireen Abu Akleh. La corrispondente più importante di Al-Jazeera è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco a Jenin l’11 maggio 2022 da un soldato israeliano, che non è stato ancora ritenuto responsabile. Hamdan Ballal, co-regista di “No Other Land”, vincitore dell’Oscar 2025 come miglior documentario, è stato aggredito dai coloni il 24 marzo 2025 e poi arrestato dai soldati sull’ambulanza che lo stava trasportando per cure mediche.
entrare nella striscia
Nel documento si rivendica, ancora una volta, il diritto di entrare a Gaza.
I firmatari sono: i sindacati dei giornalisti SNJ, SNJ-CGT et CFDT-Journalistes, Reporters sans frontières, il premio Albert-Londres, la Federazione internazionale dei giornalisti, il collettivo Reporters solidaires, la commissione giornalisti de la SCAM, le società di giornalisti e le redazioni dei seguenti media: AFP; Arrêt sur images; Arte; BFMTV; Blast; Capital; Challenges; Le Courrier de l’Atlas; Courrier International; Le Figaro; France 2; France 3 rédaction nationale; France 24; FranceInfo TV et franceinfo.fr; L’Humanité; L’Informé; Konbini; LCI; Libération; M6; Mediapart; Le Monde; Le Nouvel Obs; Orient XXI; Politis; Le Parisien; Premières Lignes TV; Radio France; Radio France Internationale; RMC; Saphirnews; Sept à Huit; 60 millions de consommateurs; Télérama; TF1; La Tribune ; TV5 Monde; L’Usine nouvelle; La Vie.
Queste organizzazioni hanno organizzato mercoledì 16 aprile, alle 18, due manifestazioni simultanee, davanti all’Opéra Bastille, a Parigi e sul Vecchio Porto a Marsiglia.
(nella foto, la manifestazione del 16 aprile, a Parigi)