di ENRICO MARIA CASINI

Tung tung tung sahur, tralalero tralala, brr brr patapim, bombardiro crocodilo. 

Non sono parole a caso: sono i nuovi nomi dei trend sulle piattaforme social della Generazione Z (nati tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo). Se vi capita di scorrere il feed di TikTok o Instagram e di imbattersi in immagini di squali con scarpe da ginnastica, cactus con mazze di legno, “minotauri” fra coccodrilli e aerei, non siete soli. Questi strani ibridi sono i protagonisti del fenomeno noto come “Italian Brainrot”, meme che hanno preso piede in Italia a partire da gennaio 2025. Ma dietro queste immagini surreali si nasconde una riflessione più profonda – e se vogliamo, insidiosa – sul nostro rapporto con i social media e la cultura digitale. 

video meme

Gli “Italian Brainrot” sono video meme caratterizzati da immagini di animali combinati con oggetti o elementi inaspettati, creati attraverso l’intelligenza artificiale. Queste immagini sono accompagnate da filastrocche, spesso volgari, che ne descrivono l’aspetto e talvolta ne specificano altre caratteristiche. L’elemento distintivo è l’uso di un linguaggio nonsenso e giochi di parole offensivi generati con un text-to-speech, che aggiungono un ulteriore strato di assurdità al contenuto . 

Il termine “brain rot” è stato scelto come parola dell’anno 2024 dall’Oxford English Dictionary. Traducibile come “cervello marcio” o “putrefatto”, descrive il deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, visto soprattutto come risultato di un consumo eccessivo di contenuti online considerati banali o poco impegnativi. Nell’ultimo anno l’utilizzo di questo termine è cresciuto del 230%. Questo fenomeno è stato amplificato dalla generazione Z, che ha utilizzato il termine in modo umoristico, poco impegnativo e banale per descrivere la sensazione di annebbiamento mentale derivante dallo scrolling infinito sui social. 

perdita di significato

Gli Italian Brainrot si inseriscono in questo contesto globale come una manifestazione locale di un fenomeno più ampio. Questi meme, con la loro estetica volutamente kitsch e il linguaggio grottesco, sembrano voler esprimere una critica alla superficialità dei contenuti digitali e alla perdita di significato nella comunicazione online. In un’epoca in cui la velocità dell’informazione supera la profondità della riflessione, questi meme diventano un modo per esorcizzare la sensazione di “brain rot” attraverso l’umorismo e l’assurdo. E se a questo si unisce la viralità del “brainrot content” con video che arrivano a picchi di 7 milioni, la questione non può essere presa sottogamba.

Il successo degli Italian Brainrot non è solo il frutto di un umorismo demenziale o di una generazione che ride per non piangere. È anche il sintomo di una bulimia informativa: consumiamo centinaia di contenuti al giorno, senza filtrarli, senza assimilarli. I social ci spingono a una dieta mentale fatta di input costanti, rapidi e superficiali. Ingoiamo immagini, suoni, parole senza mai digerirle davvero.

aquila con occhiali

E così, tra un orso con i pattini e un’aquila con gli occhiali da sole, finiamo per ridere non tanto del meme, ma della fame insaziabile di stimoli che ci tiene incollati agli schermi. Una fame che forse nasconde un vuoto più grande: quello di una mente che ha dimenticato come si fa a fermarsi. 

Italian  Brainrot non è solo un fenomeno estetico o linguistico, ma un riflesso della nostra relazione con la cultura digitale. In un mondo in cui siamo costantemente bombardati da stimoli visivi e verbali, questi meme ci invitano a riflettere sulla qualità dei contenuti che consumiamo e sull’impatto che hanno sulla nostra mente. Forse, dietro l’apparente assurdità, c’è un messaggio più profondo: un invito a recuperare la consapevolezza e a riscoprire il valore della riflessione, della comunicazione e dell’informazione autentica. 

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