Cosa ha combinato Alessandro Barbano per essere rimosso dalla Direzione del Messaggero dopo un solo mese ed entrare così nel Libro dei Primati? Si è permesso di avere qualche idea sua sul rilancio del giornale, qualche idea sua sulla situazione politica, qualche idea sua sul giornalismo. Ha coltivato l’ambizione di lasciare un segno con la Direzione del Messaggero, la sua più importante. Niente di rivoluzionario. Ma quanto basta per irritare molto il patron della Società Editrice, Francesco Gaetano Caltagirone, costruttore, patrimonio netto stimato intorno a 4 miliardi e mezzo di euro. La redazione aveva molto apprezzato -e lo ha scritto in un documento di assemblea- il clima sereno creato da Barbano, “dopo anni di rapporti interni sempre più tesi”.

alcuna intenzione

Da poco insediato, Barbano ha chiesto un aumento di pagine, che l’Editore e per lui sua figlia Azzurra, Vice Presidente della Società e amministratore delegato del Messaggero, non hanno alcuna intenzione di discutere con i dipendenti.

Barbano ha cominciato a scrivere fondi -da sociologo prestato al giornalismo- di idee liberali. Così come quando era direttore del Mattino non fu tenero con il governo giallo-verde -Lega più 5 Stelle- qui ora non ha mostrato simpatie per certe derive sovraniste del governo in carica, incoraggiando piuttosto una svolta conservatrice moderata della Destra italiana. Ha inoltre approvato le parole del Presidente Mattarella sulla “sovranità europea”.

gelosie napoletane

Barbano ha coltivato la gelosia con Roberto Napoletano, ex direttore del Messaggero e del Sole 24 Ore, totalmente scagionato da vicende giudiziarie proprio sugli anni del Sole (gonfiamenti di copie) e richiamato da Caltagirone alla guida del Mattino. Mercoledì 29 maggio Napoletano intervista Giorgia Meloni (non proprio uno scoop, la Meloni in questi ultimi giorni di campagna elettorale è ovunque). Barbano anche chiede l’intervista, ma da Palazzo Chigi fanno sapere che dovrà essere con domande scritte e risposte scritte, perché   la Presidente del Consiglio ha l’agenda stracolma. Barbano non gradisce e l’intervista salta. Meloni nega di aver fatto qualsiasi intervento dopo il diniego, ma si può supporre, in ogni caso, che Caltagirone, come la grande maggioranza degli editori italiani, non gradisca conflitti con chi governa.

nessuna spiegazione

In un comunicato lo stesso Barbano, il 4 giugno, dice che la sua revoca da Direttore del Messaggero non dipende da questo rifiuto di fare un’intervista a domande scritte. Aggiunge: “Sono altre le motivazioni del recesso”. Ma non le spiega. Nè le accenna.  Caltagirone Editore invece, sempre il 4 giugno, scrive: “Tra i diritti di un editore non c’è quello di indicare chi intervistare e come farlo. C’è invece quello di pretendere il reciproco rispetto degli impegni contrattuali. Le ricostruzioni diverse da questa sono fantasiose e prive di qualunque fondamento. La vicenda relativa all’ex direttore del Messaggero è tutta qui”. Quali impegni contrattuali? Quelli di non mettersi di traverso con i vincitori delle elezioni, si può ipotizzare. E di non chiedere investimenti di troppo.

riavvicinamento cordiale

Viene inoltre raccontata una brutta telefonata di Caltagirone a Barbano a causa di un titolino nelle pagine di Economia. Telefonata nella quale Barbano ha chiesto di non venir meno, nei toni, al rispetto personale.

In realtà era stato proprio l’ingegnere Francesco Gaetano a volere Barbano. Dopo la cacciata dal Mattino (2018), c’è stato un riavvicinamento cordiale, i due si sono visti e quando Martinelli è andato in pensione la scelta è caduta su di lui. Mentre Azzurra avrebbe voluto proprio Boffo, Vicedirettore, nominato ora al posto di Barbano.

giacca e cravatta

A proposito di Boffo. Il 3 giugno, prima della sua nomina ha cambiato il suo profilo Facebook, levando la foto al mare e mettendo una foto in giacca e cravatta, più consona al nuovo ruolo che andava a svolgere. Nella sua prima riunione con tutti i capi dei servizi il 4 giugno ha chiesto giornale più snello, niente commenti in prima di cronaca, niente paginoni, più integrazioni con il web. Ha detto: “Ripartiamo dal 30 aprile”, ovvero dall’ultimo giorno della Direzione Martinelli. Barbano cancellato come nelle purghe staliniste (neanche il classico fondo di saluto ai lettori). E Martinelli era presente al giornale.

quarantotto ore

La redazione ha convocato l’assemblea nel pomeriggio di martedì 4 giugno. La sera del licenziamento di Barbano, non era stato possibile farla, perché al Messaggero vige la regola che le assemblee si possono fare con 48 ore di preavviso. All’unanimità l’assemblea ha affidato al Comitato di redazione 5 giorni di sciopero e ha deciso l’uscita del giornale senza firme fino al 10 gennaio. I giornalisti chiedono alla nuova Direzione chiarimenti sul futuro del giornale e un piano editoriale “dettagliato e condiviso con i giornalisti”. Rimarcano “il clima di lavoro sereno e rispettoso che si era venuto a creare durante la breve direzione di Barbano, dopo anni difficili che avevano reso i rapporti interni sempre più tesi”. L’assemblea “esprime sconcerto per le modalità con le quali è stato licenziato il direttore Barbano, dopo appena un mese alla guida del giornale e senza che ne siano state esposte formalmente le motivazioni. L’assemblea esprime forte preoccupazione per la perdurante mancanza di un piano editoriale, che dia contezza della programmazione del lavoro dei giornalisti. Una situazione, questa, aggravata proprio dalla mancanza di continuità nella guida del Messaggero e di chiarezza sui motivi delle ripetute modifiche ai vertici della redazione. L’assemblea chiede che venga conservato il clima di fattiva collaborazione e serenità all’interno della redazione, dà mandato al Comitato di redazione di vigilare affinché non ci siano cambi di rotta su questi punti fondamentali”.

Professione Reporter

1 commento

  1. Auguri ai giornalisti del Messaggero, di un buon lavoro, indipendente e che continui a rispecchiare il giornalismo vero, che sta scomparendo per logiche economico-politiche o viceversa imperanti. La notte della Repubblica finirà prima o poi.

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