di VITTORIO ROIDI

La notizia era: “Matteo Renzi lascia la Direzione del quotidiano Il Riformista”. I commentatori di politica hanno spiegato che lo aveva fatto per dedicarsi 24 ore su 24 alle prossime elezioni europee. Probabile. Il personaggio è abile, ma anche lui limitato, come tutti gli esseri umani. Certo lo ha fatto per i propri interessi, non per altro ed allora un simile piccolo episodio spinge però a dire “basta”. Questo mischiare politica e giornalismo a proprio piacimento è lecito, ma intollerabile. Lecito perché è previsto dalla legge (vero Direttore era un collega iscritto all’Ordine). Intollerabile perché poter entrare e uscire dalla sede di un quotidiano significa poterlo controllare e ciò non è accettabile per i giornalisti che ci lavorano e che sono tenuti, sempre dalla legge, a scrivere e pubblicare notizie lavorando in condizione di indipendenza e autonomia. Quali?

cause della crisi

Ecco una delle cose che fanno male al giornalismo, perché tutti capiscono che gli interessi di Renzi non sono quelli di chi il giornale lo compra. Questa confusione è probabilmente una delle cause della crisi dell’informazione, della chiusura delle edicole, del calo degli ascolti dei telegiornali. Esempio: se il Messaggero vende oggi a Roma 60 mila copie al giorno mente venti anni fa ne vendeva 150mila, se c’è un evidente disamore per organi di informazione che hanno una grande tradizione alle spalle, la colpa è anche del rapporto troppo stretto fra gli operatori del settore e gli interessi della classe politica (oltre che di quella economica). E’ ora di rifletterci e di provare ad andare in direzione contraria, se vogliamo salvare il sistema.

onestà e indipendenza

Facile a dirsi, meno a farsi. Non tanto e non solo per colpa degli uomini politici, che i giornali cercano di sfruttarli o di imbavagliarli, sempre, a seconda delle loro “necessità”. Quanto perché anche il giornalismo “buono”, cioè basato sull’autonomia delle donne e degli uomini che ci lavorano, non è mai asettico, neutro, separato sia dagli aspetti commerciali sia dalle idee, dalla cultura, dalla preparazione che porta con sé chi impugni un penna, un mouse, un microfono, un teleobiettivo, una videocamera. Non esiste un’informazione totalmente libera da “influenze” politiche, in senso generico. Lo sappiamo bene. Anche se con orgoglio potremmo mostrare e proporre la lettura degli statuti di alcune delle redazioni e indicare tantissimi professionisti che ogni giorno mostrano sul campo onestà e indipendenza. Perfino rispetto agli interessi economici dei propri editori.

diritto dei cittadini

Gli editori, ecco il primo interlocutore, visto che proprietari o finanziatori dovrebbero sapere che l’autonomia dei redattori è requisito indispensabile per vendere i giornali. Il secondo interlocutore, un po’ più improbabile, sono naturalmente i politici. Tutti. Perché sono loro a poter cambiare le leggi e perché dovrebbero a loro volta sapere che la democrazia sarà più forte, più attuata, più concreta, se essi sapranno stare lontani dalle sedi dei giornali, delle radio, delle tv, se cioè lasceranno in pace i professionisti delle notizie, quelli che devono garantire il diritto dei cittadini ad essere informati.

Professione Reporter apre la discussione, se vogliono ci dicano cosa pensano. Anche Renzi.

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