Il coraggio di bambini e bambine che denunciano i maltrattamenti dei padri sulle madri: cento casi lo scorso anno, solo a Torino. Ne parla La Stampa, in cronaca locale, con un’intervista alla procuratrice del tribunale dei minori di Torino, Emma Avezzù. Il quotidiano piemontese porta questa storia in prima pagina, spiegando che sempre più spesso sono i più piccoli a prendere in mano la situazione quando le madri non riescono e cita un bimbo di 11 anni che ha denunciato il padre, condannato poi a 5 anni e mezzo per le violenze sulla mamma, costretta a dormire nella cuccia del cane. 

Al coraggio dei ragazzini aveva dedicato una pagina il Corriere della Sera il 30 gennaio. Parlava delle donne ospiti degli appartamenti rifugio della onlus Telefono donna, a Milano. Sono fuggite dalle violenze domestiche, una di loro ricorda quando si allontanò da casa il primo marzo del 2018, con il figlio di 4 anni, camminando nella neve per arrivare alla caserma dei carabinieri. Mentre i figli possono tornare a scuola, le madri seguono percorsi di formazione per ritrovare un lavoro e rifarsi una vita. Come ha sottolineato anche Margherita Cassano, la presidente della Cassazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario, uno dei fattori chiave per liberarsi dall’incubo delle violenze domestiche è l’indipendenza economica, senza la quale non può esserci libertà di denuncia. 

Sul Messaggero c’è un’apertura di pagina su un progetto di legge bipartisan (per ora Pd, 5 Stelle e FdI), che dovrebbe favorire l’assunzione di donne vittime di violenze nel settore pubblico e in quello privato, con estensione delle agevolazioni sui contributi per i datori di lavori e creazione di quote riservate. Nel taglio l’intervista a Barbara Bartolotti, la donna che nel 2003 fu quasi uccisa da un collega che l’aveva colpita con martellate e coltellate, tentando pure di darle fuoco. Lui ora lavora in banca, lei il lavoro l’ha perso e quando ha tentato di ritrovarlo le è stato detto a chiare lettere che il suo aspetto era un problema.

Questi temi sono in evidenza sulla “Rassegna sui generis” della settimana dal 29 gennaio al 3 febbraio, curata da GiULiA giornaliste, basata su Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, La Verità, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport e uno sguardo al web.

Questa settimana le firme in prima pagina sono di 904 uomini e 276 donne. Editoriali e commenti in prima pagina: 174 uomini e 26 donne. Interviste:  236 uomini e 53 donne.

INTERVISTE INDOMITE. La Rassegna segnala il valore delle interviste a Franca Caffa, “indomita novantenne milanese che ha dato una lezione di educazione civica, in una piazza per la Palestina, a un carabiniere che negava di riconoscere Mattarella come suo presidente”. E la fermezza di Liliana Segre nel rivendicare il suo essere ebrea “che non deve rispondere di quel che sta facendo Israele a Gaza”.

Su un altro piano l’intervista su Repubblica all’autrice e discografica Mara Maionchi che ricorda Sandra Milo, scomparsa in questi giorni, “sulla quale non sono mancati ritratti pieni di stereotipi: la musa, l’amante di, la svampita, negandone intelligenza, libertà e autonomia”.

CATENE E GUINZAGLIO. Per giorni le prime pagine sono state tenute dalla vicenda di Ilaria Salis, la ragazza italiana da 11 mesi detenuta in un carcere ungherese, accusata di avere ferito alla testa un neonazista durante una manifestazione in Ungheria. Il giovane non l’ha nemmeno denunciata, ma Ilaria è stata arrestata e dopo quasi un anno di carcere trascorso in condizioni spaventose, è stata condotta in tribunale in catene, mani e piedi legati e una specie di guinzaglio trattenuto da una carceriera. “Trattata come un animale”, hanno titolato molti giornali e quella foto di Ilaria in ceppi, come ha scritto Flavia Perina sulla Stampa è destinata a passare alla storia. 

I quotidiani italiani si sono divisi in due: da una parte quelli che, indipendentemente dal merito delle accuse, si sono schierati dalla parte della giovane insegnante, reclamando per lei condizioni di detenzione umane e dall’altra quelli che invece hanno scavato nel passato della ragazza (e anche di suo padre), tentando di trovare giustificazioni a quanto le sta accadendo.

IN BUSTA CHIUSA. Domani offre un approfondimento firmato da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty, che elenca i diritti violati nell’Ungheria di Orban.  Tra i tanti, la diffusione di informazioni su omosessualità o cambiamento di genere nelle scuole, le multe alle librerie che espongono libri sull’omosessualità negli scaffali per ragazzi (vanno esposti comunque in busta chiusa). Per quanto riguarda la libertà di stampa si registra una grave situazione legata all’ingerenza del governo nell’informazione pubblica e il numero elevato di media filogovernativi che promuovono campagne denigratorie contro gli oppositori. Per quanto riguarda la parità di genere, l’Ungheria si colloca complessivamente al penultimo posto tra gli stati membri della Ue e all’ ultimo posto per quanto riguarda la parità di genere nell’ambito delle posizioni di potere.
Il titolo migliore  sulla vicenda di Ilaria Salis è quello del manifesto, in prima sotto il faccione di Orban: “Angheria”.

UOMINI INERMI. Anche le donne, a volte, uccidono e come assassine sono scaltre e raramente colpiscono d’impeto, più facilmente persone inermi, come il proprio compagno mentre dorme. Uccidono per malvagità, anaffettività, desiderio di possesso. E in famiglia, tanto come gli uomini. Così scrive Barbara Benedettelli sulla prima pagina del Giornale a proposito dell’omicidio di Domenico Vellega avvenuto 2 anni fa ad Acerra e per il quale sono stati arrestati recentemente la moglie Maddalena Masi e Francesco Miranda, il compagno di lei. Benedettelli, attivista politica di centrodestra, scrittrice e autrice televisiva si è occupata dal 2016 anche degli uomini vittime di violenza domestica e ha partecipato alla stesura del Codice rosso 2019. 

DOMANDE MACIGNO. Alla fine le 1.400 domande degli avvocati sono diventate almeno 2mila (così nota Giusi Fasano sul Corriere) e si registra “quasi con sollievo” la fine dell’interrogatorio di Silvia, la ragazza che al tribunale di Tempio Pausania accusa Ciro Grillo e tre suoi amici di averla violentata nella estate del 2019. Ha cominciato il Fatto quotidiano pubblicando i verbali di aula e tutti gli altri si sono accodati, alcuni purtroppo con accanimento nei confronti della presunta vittima. Perché se è vero che i processi servono ad accertare la verità, scrive Viola Ardone sulla Stampa “c’è qualcosa di tragico in queste domande, una violenza persecutoria, un macigno che pesa su quella ragazza in particolare ma allo stesso tempo su tante altre donne che sapendo quello a cui andrebbero incontro magari preferiranno non denunciare, non finire in quel tritacarne di interrogativi sempre più incalzanti, sempre più offensivi sempre più destabilizzanti”. 

PARITA’ E ISTRUZIONE. Emozione all’università di Padova per la laurea postuma in Ingegneria biomedica conferita a Giulia Cecchettin. Gioia e tristezza della famiglia nel discorso del papà e della sorella Elena. Piccola consolazione in provincia di Latina, dove una ragazza di 16 anni, svolgendo il tema in classe su Giulia ha svelato le violenze subite da quello che ci si ostina a definire “fidanzatino” consentendo alle insegnanti di aiutarla, insieme alla sua famiglia, a denunciare il ragazzo. 

Su Avvenire Elena Beccalli riflette sull’importanza dell’istruzione per le donne. La vera parità si ottiene con le vere opportunità. Ancora oggi nel mondo ci sono 130 milioni di ragazze che non vanno a scuola. 

FARMACO E PUBERTA’. Sul Fatto un ampio resoconto sull’attività del centro dell’ospedale Careggi di Firenze, punto di riferimento per giovanissimi e adolescenti transgenere, messo sotto accusa da un’interrogazione parlamentare di Maurizio Gasparri cui hanno fatto seguito denunce da parte dell’associazione Pro Vita e di molti quotidiani di destra. Su Careggi e soprattutto sull’uso della triptorelina, un farmaco che blocca la pubertà nei bambini e bambine di 10-12 anni, c’è stato in questa settimana uno scambio di accuse a distanza fra il Fatto e il  Giornale, Libero e la Verità: i tre giornali di centrodestra denunciano l’uso non corretto del farmaco, che dovrebbe essere somministrato successivamente ad una adeguata psicoterapia.

DUE CONSERVATRICI. Su Repubblica e Avvenire il ritratto di Kemi Badenoch, 44 anni, ministra del Commercio inglese, indicata come la prossima e prima leader nera del partito conservatore. Le elezioni di quest’anno vedono strafavorito il partito laburista mentre il premier Rishi Sunak scivola pericolosamente verso il fondo dei sondaggi: per questo una parte dei conservatori vorrebbe Kemi al comando subito, per arginare la falla a destra. Del resto lei è il politico conservatore più amato con il 65 per cento del consenso degli iscritti che ne apprezza le posizioni integraliste su deportazioni in Ruanda, discriminazioni delle donne, questioni Lgbt. 

E c’è un’altra donna, secondo il Corriere della sera, che pian piano sta scalando il tempio del potere maschile. Dall’altra parte del mondo, in Giappone, Yoko Kamikawa, 71 anni, ministra degli Esteri da qualche mese, è indicata come la stella in ascesa che potrebbe diventare addirittura la prima donna a capo del governo, ora che è in scadenza il mandato del premier Kishida. E Yoko Kamikawa potrebbe davvero salvare il partito conservatore devastato dagli scandali: già ministra della Giustizia, è entrata nell’ultimo rimpasto che doveva servire ad attenuare il gender gap dove, secondo il World economic forum, il Giappone  si trova al 138° posto tra i Paesi nella rappresentanza politica femminile.
Novità anche dall’Irlanda dove Michelle O’Neil sarà la prima presidente della Repubblica.

CONTRO LA TRATTA. Su Avvenire intervista a Abby Avelino, suora filippina, chiamata a Roma a guidare come coordinatrice internazionale la rete di religiose Thalita Kum (6 mila suore nel mondo) che si batte contro sfruttamento e tratta. Abby Avelino è “ingegnere meccanico”, lavoro che ha svolto a Los Angeles dove la sua famiglia era emigrata. Ha preso i voti nel 2008 e da missionaria ha viaggiato in tutto il mondo. “Le aree più a rischio oggi sono Africa settentrionale e Asia meridionale ma soprattutto il fenomeno di sfruttamento e tratta sta esplodendo on line con i social network. È in rete che dobbiamo mettere nuove radici come missione. Per questo stiamo coinvolgendo giovani ambasciatori dai 18 anni in su nei propri Paesi con corsi di formazione nei villaggi e nelle zone più remote e povere da dove i giovani sognano di partire cadendo spesso nella rete degli sfruttatori”.

La Rassegna sui generis è a cura di Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Luisella Seveso, Paola Rizzi e Maria Luisa Villa.

(nella foto, Abby Avelino)

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