di SOFIA GADICI

Meno politica, più notizie leggere. Cambia la “dieta” informativa degli italiani. Il Censis li descrive come apparentemente vigili, ma in realtà ciechi. L’Istituto di ricerca chiama gli italiani “sonnambuli” nell’ultimo Rapporto sulla situazione sociale del paese, presentato il primo dicembre nella sede del Cnel. Non fa eccezione il settore dell’informazione, che agli italiani si rivolge e come loro appare inerme davanti ai cattivi presagi.

La crisi del settore non è notizia nuova, ma la sua portata e le sue ragioni si fanno evidenti anno dopo anno, anche grazie alle analisi del Censis. Nuove grandi sfide si sono ormai palesate e “risulta sempre più difficile orientarsi e riconoscere le finalità degli atti comunicativi”. L’intelligenza artificiale, ma anche il discorso pubblico, che dopo la pandemia e la guerra si è fatto più “rovente” e “divisivo”, e poi la sovrabbondanza informativa e l’anarchia mediatica provocata dal sempre più massiccio uso dei media digitali, tutto contribuisce a confondere il pubblico – e a volte anche i professionisti: difficile distinguere tra informazione accurata e propaganda, persuasione politica, pubblicità e manipolazione. 

Si tratta di criticità, quelle presentate dal Censis, di cui il settore dell’informazione è certamente consapevole, ma che non sembra essere riuscito ad affrontare nel modo giusto, se si considerano i dati quantitativi e qualitativi sulla fruizione dei media da parte degli italiani. 

Dal rapporto emerge che le famiglie spendono sempre meno per informarsi, vedi il continuo e costante calo delle copie vendute di quotidiani, settimanali e mensili, mentre spendono sempre più per l’acquisto di telefonini. Questi sono i dispositivi attraverso cui ci si informa in maniera preponderante: aumentano quanti attingono a internet per trovare notizie, aumenta il numero di spettatori della “mobile tv” (un terzo degli italiani) e di chi ascolta la radio attraverso lo smartphone (29,2%). 

Allo stesso tempo va però sottolineato che per gli italiani l’informazione proveniente dai social è ritenuta poco affidabile e che tv e radio, pur essendo ritenute affidabili, sono giudicate negativamente del pubblico (71,8%), e questo soprattutto su temi caldi come lo sono stati la pandemia e la guerra in Ucraina. Di cui, va evidenziato, gli italiani hanno avuto l’impressione che si sia parlato troppo. Il giudizio negativo si basa sull’accusa di un’informazione “confusa”, “propagandistica”, “ansiogena”, “spettacolarizzata” e addirittura “falsa”. Questa percezione spiega, forse, il motivo per cui il 60,1% degli italiani guarda con favore a forme di censura che abbiano lo scopo di tutelare chi si informa da fake news, da opinioni intenzionalmente manipolatorie o espresse da persone che non hanno competenze in materia o persone che si esprimono con approssimazione.

Un altro elemento che sembra dimostrare una mancata corrispondenza tra offerta e domanda di informazione, o comunque uno scollamento tra ciò che l’informazione e i lettori reputano degno di nota, riguarda appunto il “focus” delle notizie. Malgrado la politica sia l’ingrediente principale dell’abbuffata informativa italiana, i lettori prendono le distanze da questa tipologia di notizie (-7,3% nella classifica del genere che interessa di più). Si è affievolito anche l’interesse verso l’informazione medico-scientifica, la cronaca nera, la cultura e lo spettacolo. È aumento invece l’interesse per notizie più frivole relative a stili di vita, viaggi, cucina, sport, ma anche per economia e – in corrispondenza con una più precaria situazione internazionale – la politica estera. 

DI fronte a questa situazione gli autori del rapporto del Censis si domandano quando e se “torneranno ad essere prioritari e dirimenti” il ruolo della mediazione editoriale, la giusta remunerazione del lavoro giornalistico, la tutela della proprietà intellettuale, la pregnanza dei meccanismi di costruzione della credibilità dei diversi media e i moniti deontologici. Nonché, infine, la comunicazione intergenerazionanale che, a detta del Censis, sembra impossibile mentre proprio sui più giovani, sfavoriti demograficamente ma dotati di energia e tenacia, risiedono le speranze, in un quadro generale che oggi è preoccupante e inquietante.

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