Accordo ChatGPT-Springerdi MICHELE MEZZA

A questo punto resta che da chiedersi se, nella sua ormai totalizzante e poliedrica attività sul mercato digitale, OpenAi non abbia deciso anche di diventare editore, sostituendosi a quelli che ancora qualche giorno fa erano i fornitori di quei contenuti essenziali per l’addestramento di Chat GPT in tutte le sue versioni.

L’accordo annunciato fra la società di Sam Altman con il gruppo Springer, uno dei più antichi  conglomerati editoriali europei, proprietario di testate quanto mai prestigiose e ancora possenti come la Bild e Die Welt, dinamiche e moderne come Politico e Business Insider rende plausibilissima la domanda. 

redazioni da riorganizzare

Apparentemente i due gruppi annunciano un’operazione basata su evidenti sinergie: Springer porta in dota una consistente massa di contenuti fondamentali per assicurare l’alimentazione dei dispositivi automatici di OpenAI, che a sua volta assicurerà il know how per riorganizzare le redazioni dell’editore tedesco con le verticalizzazioni di GPT, la versione personalizzabile dell’ormai famosa intelligenza artificiale.

Ma non sembra azzardato spingere oltre la nostra previsione. Infatti Springer da qualche settimana sta procedendo ad una robusta strategia di sostituzione dei suoi giornalisti con sistemi di Intelligenza artificiale.

Una politica che non si basa solo su una banale esigenza di risparmio economico, riducendo i costi del personale. 

transizione digitale

In realtà, come si dovrebbe sempre considerare, la digitalizzazione non è mai la semplice trascrizione in byte di tutto quello che prima era stampato. Mutano i linguaggi, o format, e soprattutto la funzione dei sistemi editoriali.

Ancora una volta dovremmo meglio leggere la lezione americana per come ci viene documentata dai suoi protagonisti, come l’ex direttrice del New York Times Jill Abramson e il suo testo “Mercanti di verità”, che documenta appunto la transizione verso il digitale delle grandi testate statunitensi.

Il giornale sostituendo il suo primitivo lettore con un utente che viene analiticamente profilato e a cui si propone un catalogo di servizi altamente personalizzati, diventa non più un distributore di contenuti, e nel caso segnatamente di informazioni, ma un vero centro servizi dedicato ad una vasta gamma di necessità o ambizione dei propri clienti, e le notizie diventano un gadget che concorrono alla reputazione della ditta.

manuali e guide

Basta vedere cosa è accaduto nella pancia del mercato americano, la vasta e articolata provincia, dove in questi ultimi 123 anni sono state chiuse circa 3.000 testate della stampa locale che in larga parte si sono trasformate in sistemi di supporto e commercializzazione per l’utente finale: sono diventate navigatori territoriali, manuali turistici, guide eno gastronomiche, portali di marketing territoriale.

La personalizzazione dei prodotti comporta inevitabilmente anche un adeguamento dei linguaggi. A cominciare proprio dall’informazione, che è considerata un argomento principe di ingaggio per scannerizzare le identità degli utenti.

fonti condivise

In questa caratteristica forse sta l’interesse di OpenAI per i gruppi editoriali. Così mentre faticosamente in Europa si tenta di imporre ai proprietari delle grandi piattaforme digitali di retribuire gli autori di contenuti, e di rendere trasparenti e condivise le fonti dell’addestramento dei dispositivi intelligenti, proprio il capostipite del mercato dell’intelligenza artificiale si combina direttamente con un grande gruppo editoriale, privatizzandone la vastissima biblioteca e rastrellando i preziosissimi dati degli utenti.

In questa prospettiva non diventa difficile immaginare una corsa anche dei concorrenti di OpenAI ad accaparrarsi, a prezzi dei favore date le condizioni finanziarie dei gruppi editoriali, testate, archivi e data base, per accorciare la filiera e rendere più compatto e totalizzante il controllo sulle platee degli utenti.

Alimentazione e addestramento

Qualcosa del genere del resto è già stato fatto da Amazon con la conquista del Washington Post.

Possibile o meno? Bisognerebbe discuterne. 

Soprattutto i giornalisti dovrebbero capire se siamo ad un nuovo tornante del mercato che ci conduce ad un controllo ancora più asfissiante delle fonti di informazione. 

Immaginate cosa significa se un sistema come OpenAI, ma anche Google o appunto Facebook, che sta lanciando un nuovo social come “Threads”, con evidenti ambizioni editoriali, diventassero proprietari di grandi gruppi editoriali creando un loop fra la capacità di alimentazione e addestramento dei sistemi intelligenti e la loro gestione commerciale. 

grande fratello

Saremmo nei pressi  di quel totem del Grande Fratello che abbiamo forse troppo evocato e oggi ci viene concretamente incontro.

Per questo sarebbe forse opportuno che il mondo dell’informazione, attorno alle organizzazioni dei giornalisti anche la galassia degli operatori on line che galleggiano sul confine di un nuovo giornalismo digitale, cominciassero a farsi sentire magari chiedendo alle Authority anti trust un pronunciamento sulla liceità di convergenze fra proprietari di apparati e servizi basati sull’Intelligenza artificiale e imprese editoriali. Un tempo ci furono grandi mobilitazioni per scongiurare concentrazioni nel campo dei quotidiani nazionali o della pubblicità o infine della televisione, che permisero al mondo dell’informazione di essere protagonista e interlocutore principe della stagione delle libertà. 

nuova mappa

Si tratta di tracciare una nuova mappa dei diritti e delle autonomie. Centrale è oggi proprio la separazione fra fornitori di intelligenze e fruitori di soluzioni digitali, e vice versa dobbiamo distanziare i proprietari dei sistemi automatici dai contenuti che li addestrano. Le nuove proposte di normativa sia delle istituzioni europee sia perfino del governo americano presuppongono proprio un’alterità fra chi costruisce sistemi di grandi capacità di elaborazione e chi invece deve assicurare la trasparenza e condivisibilità del corredo semantico che sostiene le Intelligenze artificiali.

Siamo in un campo ancora più complesso e ampio di prima, quando riuscimmo a garantire una sufficiente articolazione e pluralismo fra le forze dell’informazione. Siamo in un campo in cui è l’idea stessa di ideazione e diffusione di contenuti che entra, come avrebbe detto Benjamin, nell’epoca della riproducibilità tecnica. Quali giornalisti, e quale democrazia per questa epoca?

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