(A.G.) Nuovi criteri di accesso alla professione giornalistica, sesto atto. 

Il Consiglio nazionale dell’Ordine il 4 maggio, a maggioranza, ribadisce -con piccole variazioni- che si può diventare praticanti anche senza essere stati assunti in una redazione, sotto il controllo di un direttore. E’ la terza delibera in tal senso, che per una volta il ministero della Giustizia (organo di vigilanza sull’operato degli Ordini professionali) ha avallato e per due volte rimandato indietro. Queste due volte il ministero si è mosso sulla base di ricorsi presentati dai consiglieri di minoranza dell’Ordine.

Qual è la materia del contendere?

L’Ordine parte da un problema reale. E urgente. Il praticantato è regolato dalla legge sull’Ordine dei giornalisti, numero 69 del 1963. In sessant’anni il giornalismo è molto cambiato, non nelle sue regole di fondo, ma negli strumenti e nelle modalità di lavoro. Sono arrivate sul campo nuove figure e il tradizionale accesso alla professione è stato stravolto. Si entrava con assunzioni nelle redazioni, ora si lavora nelle più varie declinazioni del precariato, e le redazioni sono piene di veterani. Giusto quindi cambiare, dando la possibilità di accedere all’esame da giornalista a chi effettivamente svolge la professione. Giusto sarebbe anche cambiare l’esame, legato anch’esso al giornalismo di decenni fa. La questione è che la legge del 1963 stabilisce, agli articoli 33 e 34, che per diventare praticanti e accedere dopo 18 mesi all’esame si debba entrare in una redazione con un numero minimo di giornalisti professionisti e con un direttore responsabile. E’ una legge dello Stato e per modificarla occorre un’altra legge approvata dal Parlamento. 

percorso formativo

L’attuale maggioranza dell’Ordine, guidata dal presidente Carlo Bartoli, ha deciso di forzare questo passaggio e procedere con una sua deliberazione. La prima porta la data 8 novembre: si può anche dimostrare di aver lavorato come giornalista per sei mesi ed essere stati retribuiti; a quel punto il Consiglio regionale di appartenenza fa accedere a un percorso formativo, con l’assistenza di un tutor e poi ci si iscrive all’esame. Porte aperte a chi lavora negli uffici stampa, ai social media manager, ai precari.

Dopo poco più di un mese, 5 dicembre, il ministero della Giustizia, sollecitato dai consiglieri di minoranza dell’Ordine, blocca l’innovazione. Scrive il direttore generale degli Affari interni del ministero, Giovanni Mimmo: “La legge istitutiva dell’Ordine professionale ha predeterminato le modalità di iscrizione nel registro dei praticanti in ragione di un periodo svolto presso una testata e con un direttore responsabile, senza delegare alcun potere normativo autonomo in capo al Consiglio nazionale”.  E invita a modificare i nuovi criteri.

incontri e colloqui

Ci sono incontri e colloqui, fra ministero e Ordine e il 17 marzo il direttore generale Mimmo scrive che riguardo ai “nuovi criteri interpretativi dell’articolo 34 della legge sull’Ordine appaiono superati i criteri di criticità”. 

Di conseguenza, il Consiglio dell’Ordine il giorno 28 marzo ridelibera: si può fare il praticantato anche senza redazione e direttore. 

Il 29 aprile il direttore generale Mimmo, sempre sollecitato dai ricorsi della minoranza nell’Ordine, torna a farsi sentire e spiega che “nessuna potestà regolamentare in materia di accesso al praticantato giornalistico è stata attribuita dal legislatore al Consiglio nazionale”, tanto più “ove questa si configuri come deroga alla fonte normativa primaria”, vale a dire la legge. Inoltre, invita i presidenti regionali “sottoposti, al pari di quello nazionale, alla vigilanza del ministero della Giustizia, a fare riferimento in ogni caso, per l’accesso al praticantato giornalistico, alle previsioni contenute nelle norme primarie che regolamentano la professione del giornalista, al fine di non consentire accesso indebito a soggetti privi dei requisiti imposti dal quadro normativo attualmente vigente”. 

Il 4 maggio l’Ordine delibera di nuovo, con criteri simili, che non superano l’obiezione che si debba cambiare la legge. In Parlamento.

Ci sarà una settima puntata?

assetto istituzionale

Poche considerazioni.

La riforma dell’accesso alla professione è un po’ come la legge elettorale, un assetto istituzionale. Andrebbero fatti tutti gli sforzi possibili per arrivare a decisioni condivise dalla stragrande maggioranza della categoria. 

Come già detto, la riforma dell’accesso andrebbe abbinata alla riforma dell’esame, che propone oggi prove molto distanti dall’esercizio pratico della professione. A parte il tema di cronaca, che si fa con una serie di lanci di agenzia, tutti i temi delle altre materie sono come prove di maturità: i candidati devono operare con quello che ricordano a memoria, mentre i giornalisti hanno sempre delle carte o l’aiuto di internet davanti quando scrivono. 

Infine, cambiare le leggi è terribilmente lungo e faticoso, ma di fronte a norme di 60 anni fa e di fronte a tumultuosi aggiornamenti della professione sarebbe utile una nuova legge sul giornalismo in tutte le sue sfaccettature. 

Da chiedere, con forza, tutti assieme, ai parlamentari. 

(nella foto, una prova d’esame da giornalista)

1 commento

  1. Si chiede la riforma dell’esame, ma l’orientamento è di abolirlo anche per ordini ben più “professionali”…
    Si chiede una nuova legge sull’ordine, ma l’orientamento è di abolirlo…
    L’attuale disordinata mossa non fa che avallare l’idea della inutilità e fatuità dell’ordinamento italiano del Giornalismo.
    Giacomo Carioti

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