“A fronte di una indagine sul Covid che coinvolge autorevoli esponenti della politica italiana, la Procura di Bergamo ha emesso uno scarno comunicato in cui non vi è alcuna informazione sostanziale per descrivere fatti di grande interesse pubblico”. Lo affermano in una nota congiunta il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, la segretaria generale Fnsi Alessandra Costante e il presidente Fnsi Vittorio di Trapani.

“Sarebbe stato molto meglio – prosegue la nota – indire una conferenza stampa alla luce del sole dove i giornalisti avrebbero potuto porre domande e ricevere risposte, nel rispetto delle persone e del lavoro degli inquirenti così come nel rispetto del diritto dei cittadini ad essere informati”.

corretto equilibrio

Il comunicato si chiude con una considerazione: “La vicenda di Bergamo dimostra le criticità delle norme sulla presunzione di innocenza, che vanno corrette al fine di garantire il corretto equilibrio fra il dovere di informare e le garanzie per tutti i cittadini quando vengono indagati”.

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la zona di Bergamo, con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, è stata chiusa l’inchiesta per epidemia colposa con 19 indagati tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore della sanità lombardo Giulio Gallera.

epidemia colposa

Tra i destinatari dei 17 avvisi di conclusione delle indagini, nei quali sono contestati a vario titolo i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio e anche falso ci sono anche il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell’allora Comitato Scientifico Agostino Miozzo, l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli e tra i tecnici del ministero della salute l’ex dirigente Francesco Maraglino. Riguardo invece a Conte e Speranza gli atti dovranno essere trasmessi al Tribunale dei Ministri.

L’inchiesta, che già contava alcuni indagati come i vertici dell’Ats di Bergamo e dirigenti dell’assessorato regionale alla sanità, come scrive in una nota il Procuratore Chiappani, “sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti” informatici o cartacei “nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti”. Un’attività che ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l’Oms aveva lanciato l’allarme globale a tutti i paesi e che si è avvalsa di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd. Gli accertamenti hanno riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale con le audizioni a Roma di Conte, Speranza i veri tecnici e anche l’ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

“settemila morti in meno”

All’attenzione degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e i mancati aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006, e l’applicazione di quello esistente anche se datato e che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid. Riguardo alle omissioni, come ha sottolineato Crisanti nella sua consulenza in base a un modello matematico, se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno.

(nella foto, Vittorio Di Trapani e Alessandra Costante)

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