di MARCO DE RISI

Un pregiudicato viene respinto dalla sicurezza di un locale. Lui, a notte fonda, si presenta di nuovo, ma questa volta impugnando una pistola. Oltre dieci anni fa, a Trastevere.

Spara alcuni colpi. Uno si conficca nell’addome di un liceale, che viene trasportato al Santo Spirito. In sala operatoria, tutto era pronto per una chirurgia addominale. I medici si rendono conto che il proiettile ha toccato il cuore. Il liceale avrebbe le ore contate. 

pallida e in lacrime

Il Messaggero mi manda all’ospedale, dove c’era la mamma del ragazzo, avvicinata da molti cronisti. Vado anch’io dalla signora, pallida e in lacrime, mi qualifico e dico anche che la rispetterò. Il problema non è una sua intervista. 

Il caso finisce nel dimenticatoio, col ragazzo in coma. Una mattina, diversi mesi dopo il ferimento, una segretaria del giornale mi dice che ha telefonato una signora: vuole parlare con un giornalista con barba e capelli lunghi. La signora chiama per il rispetto dimostrato dal cronista nelle prime ore del dramma. 

aereo caduto

Il cronista sarei io. Ed ecco lo scoop. La madre del liceale mi racconta che il figlio si è ripreso e adesso lei vuole rilasciare un’intervista proprio a me. Il Messaggero dedica una pagina alla “resurrezione” del liceale. 

Maurizio Costanzo legge la storia e la vuole riproporre nel suo show. Veniamo così invitati il liceale, il professore che l’ha operato, la madre ed io. All’epoca in America c’era stato un disastro aereo. Costanzo bacchetta i giornalisti di oltre oceano: l’aereo è caduto per un incidente e non -come hanno scritto in molti- per un attentato. E poi dice: invece qui c’è un cronista che ha fatto davvero il suo lavoro. A quel punto, sono scattati tanti applausi, dedicati a me.

In questi giorni di grandi celebrazioni, una piccola storia sul rapporto di Maurizio Costanzo con la cronaca.

(nella foto, Maurizio Costanzo)

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