di ALBERTO FERRIGOLO

“Deprimenti, negative, inaffidabili”. Sono le informazioni, nel giudizio della maggioranza dei francesi, tanto che si sentono meglio “da quando hanno deciso di smettere di riceverle”, scrive Le Monde del 3 gennaio. Secondo uno studio della Fondazione Jean-Jaurès, il 53% dei francesi afferma infatti di soffrire “di affaticamento da informazione”.

Per arginare il fenomeno dell’invadenza delle news e dell’informazione in genere, alcuni degli intervistati hanno dichiarato di essersi progressivamente allontanati dagli schermi, dai canali a rullo, disattivando anche le notifiche sui propri smartphone, a volte addirittura separandosene completamente.

stress da putin

Tuttavia, che trovi le informazioni “troppo complicate, troppo negative o non abbastanza affidabili”, la maggioranza delle persone giunge alla stessa conclusione: le cose vanno meglio da quando hanno smesso di seguirle. Ad esempio, Sanae, 25 anni, racconta la sua esperienza: “Ogni mattina mi svegliavo e andavo su Google News prima ancora di aver preso il caffè. Anche mio fratello di 15 anni ha sentito parlare della guerra in Ucraina su TikTok. Non dovremmo vivere sotto lo stress costante causato da Putin e dal riscaldamento globale. Ho capito che la notizia mi stava divorando e che dovevo proteggermi”, spiega lo studente di Relazioni internazionali. 

Scrive Le Monde che negli ultimi mesi, “questa tentazione di isolarsi da tutti i canali di informazione si è diffusa in tutti gli strati della società” e l’aspetto “particolarmente ansiogeno delle notizie”, dopo la pandemia di Covid-19, l’accelerazione della crisi climatica e l’arrivo della guerra in Ucraina ,“ha necessariamente giocato un ruolo” in questo senso, ma tra i fattori che li hanno portati a smettere di informarsi “il 34% cita innanzitutto dibattiti ritenuti troppo polemici e aggressivi, il 32% cita la scarsa attendibilità delle informazioni e il 31% l’impatto negativo sul proprio umore o sul proprio morale”. La tendenza pertanto è accompagnata da una maggiore “sfiducia nei confronti del lavoro dei giornalisti”: secondo il sondaggio annuale del Reuters Institute, “solo il 29% dei francesi afferma di avere fiducia nei media”, un tasso che è diminuito di nove punti dal 2015.

ogni classe ed età

Lo studio citato mette in evidenza come la “stanchezza informativa” colpisca i francesi di tutte le classi sociali e di tutte le età. Ad esempio, secondo David Medioni, giornalista e direttore dell’Osservatorio Media della Fondazione Jean-Jaurès, riferisce il quotidiano parigino, “gli intervistati più stanchi dicono di trovarsi di fronte a una valanga di informazioni non gerarchiche, non contestualizzate. Senza averlo voluto o controllato, sono immersi in un flusso permanente, in televisione, nelle loro applicazioni per smartphone, sui social network. Alcuni sono tentati di dire a se stessi che non è così grave abbandonare, poiché le informazioni di oggi non saranno più valide domani”. 

Ma Rachida Djaifri, un’insegnante di educazione speciale di 62 anni, ha smesso di seguire le notizie durante l’estate, dopo averle ascoltate su France Culture ogni mattina per anni, adducendo questa motivazione: “Non ne ho mai abbastanza di queste chiacchiere, di questa impressione che si insiste sempre sugli stessi argomenti senza aiutarci a vederci più chiaro. La cronaca è molto centrata su Parigi, sugli intrallazzi dei politici, con una forma di auto-segregazione, e giornalisti che ripetono all’infinito parole come sobrietà, resilienza… non ho l’impressione che mi si parli di vita reale quando accendo la radio”, si lamenta. Abitando a Parigi, ora preferisce svegliarsi al suono della musica trasmessa su Radio Fip. 

maggior cura di sè

Le testimonianze citate nel servizio di Le Monde sono numerose e le argomentazioni varie e di varia complessità, ma il quotidiano si chiede anche: “Il rifiuto di informarsi è forse diventato anche un modo per prendersi meglio cura di sé?”. E la risposta è che questo argomento è ora popolare tra molti coach d’assistenza e sostegno personale, i quali incoraggiano le persone a isolarsi dalle notizie per “riconcentrarsi su se stesse” e “preservare la propria energia”, come consiglia su YouTube Clémence Martin, creatrice del canale The Positive. Tuttavia le domande non si fermano qui: “Questa mancanza d’interesse per l’informazione potrebbe avere un impatto sulla vita collettiva? Come si possono prendere decisioni comuni se non si conoscono i grandi problemi che scuotono la società?”. La risposta, contenuta nell’indagine della Fondazione Jean-Jaurès mostra che la stanchezza informativa è spesso accompagnata dalla “fatica democratica”: il 40% degli intervistati si dice infatti d’accordo con l’affermazione secondo la quale i soggetti politici “sono cose troppo complicate e che bisogna essere esperti per capirle”, un’opinione quest’ultima ancora più diffusa tra coloro che sono stanchi dei media.

scheda bianca

Per esempio Lauriane Plessis, consulente clienti a Saumur (Maine-et-Loire), ha sentito parlare della guerra in Ucraina durante le conversazioni con i colleghi, e non ha seguito affatto le elezioni presidenziali: “Ho guardato vagamente i programmi, mi sono sembrati meno violenti dei dibattiti televisivi. E poi ho votato scheda bianca, come sempre. Per me, qualunque sia il politico che ci governa non cambia molto”. Lauriane ha completamente smesso di seguire le notizie dal 2015 perché, secondo lei, la sua salute mentale dipendeva da questo: “Il nostro rapporto con le notizie dipende molto dalla nostra capacità di allontanarci dal mondo, cosa per me difficile… Quando vedo notizie tristi, mi sento come se stessi portando il peso del mondo sulle mie spalle. Ho avuto attacchi d’ansia dopo gli attacchi del 2015, il mio medico mi ha consigliato di smettere di guardare il telegiornale”, spiega la ventenne.

problemi sociali

Conclude Le Monde: “Nel panorama mediatico francese il tema di come continuare ad attrarre lettori e spettatori in un mondo in cui l’essere informati sembra avere meno importanza della preoccupazione di preservare il proprio benessere è diventata una questione cruciale”. E per evitare di deprimere completamente il proprio pubblico, racconta il quotidiano parigino, i giornalisti americani hanno ideato durante gli anni ’90 metodi di “giornalismo della soluzione”. Che significa? “Si usano le tecniche del giornalismo classico, ma il principio è che non ci si ferma all’osservazione di un problema sociale. Parliamo di una o più soluzioni che potrebbero aiutare a risolverlo”, spiega Pauline Amiel, direttrice della Scuola di giornalismo e comunicazione di Aix-Marsiglia e autrice del saggio “Le Journalisme de solutions”, edito nel 2020 dall’Università di Grenoble. Tanto che questa nuova tendenza sta arrivando gradualmente in Francia, a partire dal 2007 con Libé des solutions, un numero annuale speciale del quotidiano Libération interamente dedicato ai possibili rimedi ai mali del nostro tempo, sorta di “giornalismo costruttivo” alla maniera e sulla falsa riga di quanto propone il sito BuoneNotizie.it e la sua associazione.

Durante lo studio sulla stanchezza informativa è stato notato che i francesi meno stanchi sono però quelli che mettono in atto rituali informativi ben precisi, o addirittura quelli che consultano media limitati, con un inizio e una fine, come certe newsletter tematiche: “I media stessi hanno le loro responsabilità”, aggiunge il giornalista David Medioni, che si dice “convinto che le redazioni debbano smettere di inviare avvisi in continuazione” perché “si tratta d’impostare una logica di sobrietà informativa, di rallentamento. Mettere in discussione ciò che vale la pena pubblicare, selezionare ciò che contribuisce a comprendere il mondo e ciò che è superfluo”. 

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