Elena Tebano ha raccontato il 22 dicembre sulla Newsletter del Corriere della Sera alcune esperienze di giornaliste  greche, raccolte dal sito di giornalismo investigativo Balkan Insight – Birn. Lavorano in radio, tv, nei maggiori quotidiani del Paese o per siti web. Oltre il 70% di loro non ha fatto denuncia. La vittima più giovane aveva 17 anni, mentre la più anziana 62. Circa il 43% degli incidenti è stato di natura sessuale, il 35% di molestie verbali. Circa l’81% è avvenuto sul posto di lavoro e in poco più della metà dei casi l’autore era un supervisore della vittima. Circa il 22% degli autori era un pari grado della vittima, scrive Balkan Insight. Tutte le donne hanno parlato a condizione di non utilizzare i loro veri nomi. 

limiti oltrepassati

“Giocava con il mio desiderio di diventare giornalista in Grecia. Aveva una posizione di rilievo in un noto giornale. Nel 2015 avevo 26 anni e in Grecia non esisteva il #MeToo. Mi molestava al telefono e io ero vulnerabile a causa dei problemi personali che stavo attraversando. In seguito, ho sofferto di depressione e ansia. Nel 2022 mi disse di lasciare il giornalismo”.  “Stavo facendo il tirocinio e lui mi ha immobilizzato al muro il mio ultimo giorno in ufficio e mi ha leccato l’orecchio. Anni dopo, quando ci siamo trovati nello stesso ambiente di lavoro, dal vivo o via messaggio, è diventato insistente nel flirtare, ha oltrepassato i limiti e ha iniziato a stalkerarmi”. “Nel giornalismo, c’è una linea sottile che separa il sentirsi molestati sessualmente dall’accettare una situazione che ci porterà a un altro livello giornalistico. Ho visto donne e ho vissuto con colleghe che non solo hanno accettato le molestie sessuali che vedevo avvenire davanti ai miei occhi, ma ne hanno approfittato per ottenere una posizione professionale migliore”. “Ero andata a fare uno stage presso un importante giornale sportivo. Ho capito subito che l’ambiente non era amichevole perché ero una donna. Dopo molteplici attacchi verbali sul mio aspetto e sul mio sesso, ho avuto il ‘piacere’ di sentirmi dire la famosa frase ‘vai in cucina’. È lì che il mio coinvolgimento nel giornalismo sportivo si è fermato”. 

omertà diffusa

In Grecia -scrive Tebano- è ancora diffusa una cultura maschilista e, come anche in Italia, non ci sono stati movimenti di massa di denuncia di molestie. Nel mondo del giornalismo l’omertà è ancora diffusa e non ci sono state accuse formali. “Le redazioni sono maschili per cultura e percezione. Promuovono i valori della mascolinità e della forza. Questi spazi possono diventare molto facilmente violenti e condizionanti. Non è un caso che ancora oggi in Grecia non si siano studiati i traumi, le molestie e gli abusi sulle donne nel giornalismo”, dice la cronista del quotidiano Efsyn, Ntina Daskalopoulou. 

regole imposte

C’è anche un altro aspetto: il giornalismo funziona per cooptazione, chi è ai vertici decide chi far salire in termini di opportunità e carriera. E ai vertici ci sono ancora in gran parte uomini. Che quindi decidono le regole e le impongono, facendo avanzare solo le donne che vi si adeguano. Questo purtroppo, in alcuni casi, significa non potersi opporre pubblicamente alle molestie. A meno di non rinunciare alla propria carriera. 

Conclusione di Elena Tebano: “Come si previene tutto questo? Prima di tutto con regole chiare e condivise che offrano percorsi sicuri (nel senso di evitare penalizzazioni sul lavoro) a chi denuncia. E poi cambiando la cultura di base. Se aumenta la consapevolezza sulle molestie sessuali, diminuisce anche l’omertà. La strada è lunga”.

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