di ANDREA GARIBALDI

Non li leggeremo più. Nel 2022 sono andati via in un soffio Eugenio Scalfari, fondatore de L’Espresso e de la Repubblica, Gianni Clerici, narratore di tennis e tanto altro, Letizia Battaglia, fotografa dei bambini e del sangue di Palermo, Sergio Lepri, depositario delle regole del giornalismo. Potremo solo rileggerli.

Giovani e scoop. Simone Canettieri del Foglio ha rivelato la cena con parole grosse che ha fatto dimettere Albino Ruberti, capo di gabinetto del sindaco di Roma (19 agosto). Alessandro Serranò ha fotografato, in Senato, il biglietto in cui Berlusconi definiva il comportamento di Meloni “supponente, prepotente, arrogante, offensivo” (13 ottobre, su la Repubblica, che ha messo la sua firma piccola piccola). Mario Neri sul Tirreno pubblica la lettera di Denis Verdini a Dell’Utri e Confalonieri sulla candidatura di Berlusconi al Quirinale. Cecilia Sala, a meno di trent’anni, ha raccontato l’Ucraina con uno smartphone. Qualche anno in più, ma senza pause, Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera, ha parlato con Totti della sua separazione, l’intervista che volevano fare tutti.

Vita da giornaloni. Il Corriere ha intervistato, in successione, il Presidente del Consiglio Mario Draghi (Il Direttore Fontana) e Papa Francesco (il Direttore Fontana e la vicedirettrice Fiorenza Sarzanini). L’editore Cairo ha ricomprato il palazzo di via Solferino che i precedenti proprietari avevano venduto a basso prezzo. L’organico dei giornalisti aumenterà di 100 unità con l’inserimento dei giornalisti dei “Corrierini”, gli inserti locali. 

La Repubblica e la Stampa, sempre tra le testate più prestigiose, hanno perso circa il 30 per cento delle copie da quando è arrivato il nuovo editore Gedi, presidente John Elkann. 

Testate nuove. La Verità, diretta da Maurizio Belpietro, batte ogni record di incremento diffusionale: in tre anni fa più 56 per cento. Belpietro, ad aprile, vara un nuovo giornale economico di carta, Verità&Affari, ma dopo otto mesi lo dirotta solo sul web. A metà febbraio, a Bari, esce di nuovo, dopo 7 mesi, La Gazzetta del Mezzogiorno, edita da Ecologica spa. E nei primi mesi del 2023 ri-uscirà l’Unità, acquistata da Alfredo Romeo presso il tribunale fallimentare e diretta da Piero Sansonetti, già condirettore dal 1996 al 1998. Prosegue il percorso del quotidiano Domani e del settimanale di carta Tpi. Prosegue il lavoro della Sae con i cinque quotidiani acquistati da Elkann: Nuova Sardegna, Tirreno, Nuova Ferrara, Gazzetta di Modena e di Reggio. Il Tirreno, per la prima volta nella sua storia (78 anni), apre le pagine di Firenze. E’ rimasto solo sul web, invece, L’Essenziale, settimanale di Internazionale.

Giornalisti dell’anno. I cronisti di guerra. Professione Reporter ne intervista dodici: tv, radio, carta stampata, free lance, giovani e veterani, donne e uomini. Parlano di pregiudizi, di paura, dei bambini, degli stupri, del consumo di suole, della solitudine, della necessità del back ground, delle notizie fasulle. 

Chiediamo scusa. In Italia, il quotidiano gratuito Leggo, diretto da Davide Desario, è l’unico che alla fine dell’anno -da 4 anni- fa ammenda per le informazioni sbagliate che ha pubblicato. Ripetendole, una per una. 

Utili e soldi di Stato. Cairo (Corriere della Sera) e Caltagirone (Il Messaggero) chiudono il 2021 rispettivamente con 72,4 e 28,7 milioni di utili. In tutto, cento milioni. Ma sono in prima fila a chiedere e ottenere soldi per prepensionare i giornalisti più esperti e quindi più costosi. Grazie a generici “stati di crisi”. La colpa è di chi reitera -dal 2009- leggi per permettere agli editori questo scempio. 

Inpgi addio. A causa del peso dei prepensionamenti (che il sindacato non è riuscito ad impedire) e di tante altre cose, il 30 giugno lo storico istituto autonomo di previdenza dei giornalisti (aveva 96 anni) chiude i battenti. Dal 2017 i bilanci erano in rosso fra i 100 e i 200 milioni di euro l’anno. Per mesi i dirigenti dell’Istituto chiedono di far entrare i comunicatori, con i loro contributi. I comunicatori non vogliono salire sulla nave in difficoltà. Alla fine, il governo Draghi sceglie la strada più sicura: le pensioni della categoria finiscono all’Inps. 

Redazioni deserte. Nei media, dopo il lockdown, resta un forte desiderio di smart working. Al Corriere della Sera, a febbraio, un referendum rivela che il 90 per cento lo vuole. A fine anno viene firmato un accordo per 6 giorni al mese di lavoro da casa. Di certo, la perdita della vita di redazione, come scambio professionale, culturale e umano, è enorme ed epocale. 

Vade retro Cdr. Sempre più difficile trovare qualcuno, nelle redazioni, che voglia fare il rappresentante sindacale. Le elezioni sono diventate veri e propri parti. E la durata in carica sempre più breve. I comitati restano schiacciati fra le pretese delle proprietà e le proteste delle redazioni. Con le direzioni spesso schierate con le prime. 

La pubblicità invade. La gita di Chiara Ferragni e Fedez a Roma con sette marchi (ristoranti, hotel abiti, catering) citati, l’intervista all’amministratore delegato di Ferrovie con diluvio di pagine pubblicitarie delle Ferrovie nello stesso numero di giornale, inserti bellezza, moda, orologi, eventi presentati come fossero composti di articoli normali e non a pagamento. Al Washington Post, però, in un lungo pezzo, attaccano la pubblicità mascherata contenuta nei cataloghi di Amazon, che appartiene al padrone del giornale, Jeff Bezos. 

Diventare giornalisti. A novembre l’Ordine vara una mini-riforma per allargare la possibilità di accedere all’esame, saltando il praticantato. Il ministero della Giustizia la boccia: la legge non prevede tali modifiche. L’esigenza era giusta, teneva conto dell’arrivo di nuove figure professionali -fotoreporter, videomaker, social media manager- ma la realizzazione poteva essere preparata meglio.

Verso Riccione. A metà febbraio 2023 congresso Fnsi sulla riviera romagnola. La speranza è che si parli a fondo proprio di nuovi mestieri dell’informazione, vasto precariato, pubblicità invadente, fuga dal sindacato.  

Nuovi sindacati. Fanpage, Open e altre testate applicano un contratto firmato dall’Uspi (Unione Stampa Periodica) e non da Fnsi con Cisal. Il Cdr di Citynews, che pubblica 50 testate online, ha firmato un integrativo con assistenza Uspi e Cisal. Un nuovo sindacato, Figec, è stato formato. Cgil-Cisl e Uil offrono i loro patronati per l’assistenza ai giornalisti pensionati che ora si ritrovano nell’Inps. Primi segnali verso la fine del sindacato unico, a meno che Fnsi non conquisti nuova credibilità. 

Domande? No grazie. Un trend che dura da tempo. Macron, presidente del semestre europeo, a gennaio, a Bruxelles, dichiara e non risponde ai giornalisti. Meloni, a dicembre, inaugura su Facebook “Gli appunti di Giorgia”, un modo per rivolgersi direttamente al popolo e non subire fastidiosi interrogativi. 

14 ore al pronto soccorso. Il racconto del giornalista e sindacalista Vittorio Di Trapani sulla sua allucinante giornata in ospedale (19 settembre) esemplifica di cosa soprattutto i giornali dovrebbero occuparsi e di cui si occupano troppo poco. 

Il Papa e l’osteria. Il messaggio di Francesco ai giornalisti quando lavorano: “Non fermatevi alla prima osteria” (Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio).

(foto di Letizia Battaglia)

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