Qatar, Mondiale di Calcio, partita Portogallo-Uruguuay, secondo tempo, minuto 51. Il gioco si blocca, sugli schermi tv si intravede qualcuno che corre sul campo. Non è un giocatore né l’arbitro. Il regista stacca e inquadra il campo, altrove. Il telecronista Rai Stefano Bizzotto dice: “C’è un invasore. Con una bandiera della pace”. Secondo ogni regola dell’informazione, dovremmo vedere cosa accade. Invece, sono inquadrati i calciatori fermi e l’arbitro. Brivido lungo la schiena. Ecco cos’è un regime. Dove non si può vedere che succede. Dove si vede solo cosa decide chi decide. Bizzotto ritenta: “La bandiera arcobaleno non si vede… no ecco l’arbitro la raccoglie…”. Seguendo l’arbitro Faghani, per errore, il regista coglie l’attimo in cui questi raccoglie la bandiera, si scorgono i colori arcobaleno che non si dovevano vedere, ma subito di nuovo stacca, mostra gli spalti con i tifosi. Il Mondiale come un videogioco, dove non devono avvenire imprevisti. E se avvengono, vanno cassati. Si dirà: gli invasori di campo non vanno ripresi per evitare emulazioni. Ma questo è un compito per le forze dell’ordine, la tv resta un mezzo di informazione, non un organo per fare la morale.

mario “il falco”

L’invasore di Portogallo-Uruguay, si chiama Mario Ferri, detto “il falco”, ha 35 anni ed è italiano. Nel Mondiale 2014 in Brasile, era sceso in campo durante Belgio-Stati Uniti con una maglietta con le scritte ‘Salva i bambini delle favelas’ e ‘Ciro Vive’, in omaggio a un tifoso del Napoli ucciso. Ferri in Qatar era stato placcato a terra da uno steward e poi scortato dalla polizia fuori dal campo. Indossava una maglietta con il logo di Superman e la scritta “Save Ukraine” davanti e “Respect for Iranian Woman” dietro.

Il 23 novembre su la Repubblica Emanuela Audisio ha affrontato la questione, parlando del Mondiale di Doha: “Protesti? E io stacco l’inquadratura, ti filmo dall’alto, ti rendo un panorama lontano. Hai le scarpette con l’arcobaleno? E io evito di farle notare. C’è il ministro dell’Interno tedesco, Nancy Faeser, con la fascia OneLove accanto al presidente Infantino? E io ri-evito. Stacco quando undici giocatori della Germania mimano il bavaglio alla bocca. Chi è allo stadio vede, chi è davanti alla tv non vede. La protesta tedesca svanisce, anzi evapora, fortuna che ci sono i fotografi. Si arriva all’assurdità: il telecronista Rai descrive a parole quello che la tv evita. La regia televisiva, la produzione, le linee guida sono della Fifa che agisce tramite il service Hbs. La Fifa non solo si arroga il diritto di dire ai calciatori cosa devono pensare, ma anche quello di decidere cosa gli spettatori debbano vedere. In Germania per quell’immagine la regia televisiva ha dovuto far ricorso alla telecamera dedicata del canale Ard, perché il circuito internazionale non la forniva”.

privacy e pietà

Continua Audisio: “Ora, si capisce il diritto alla privacy e alla pietà: il danese Eriksen a terra, incosciente per 11 minuti, con il cuore che non batte più all’Europeo. E togliere il clamore all’invasore che entra in campo o alla nudista per l’ambiente o all’attivista di Greenpeace che si paracaduta sul terreno durante Francia-Germania. Tutti disturbatori. Ma se il pugno nero di Smith e Carlos non fosse stato visto in mondovisione diventando icona dei diritti civili forse LeBron James e compagni non avrebbero potuto nei play-off Nba 2020 giocare su un parquet su cui era scritto ‘Black Lives Matter’. In Cina durante i Giochi 2008 la tv differiva di un secondo le immagini per poterle correggere in caso di appoggio al Tibet e al Dalai Lama. Tralasciamo che sotto il fascismo la foto di Joe Louis che manda ko Primo Carnera non fu mai pubblicata, perché il nuovo campione del mondo era nero, e quello a terra bianco, ma soprattutto italiano”. 

male al calcio

E ce n’è anche per l’Italia oggi: “Non tralasciamo che a maggio la Lega di Serie A ha oscurato i duri scontri tra tifosi in Spezia e Napoli con la partita interrotta per 10’, senza che si capisse il perché. Sono immagini che fanno male al calcio, si presume. Certo c’è un protocollo, si vuole evitare l’effetto emulazione, ma soprattutto fare in modo che il pallone sia asettico”.

La situazione delle immagini tv uniformate non è una caratteristica del Mondiale di Doha. Esiste anche in Italia. Su Calcio e finanza lo ha spiegato Matteo Spaziante, nel dicembre 2016. La “regia unica” gestita dalla Lega di Serie A nasce ufficialmente all’inizio della stagione 2015/16. Dal 2010, con l’entrata in vigore della Legge Melandri, la produzione degli eventi è stata assegnata ai club. Per quanto riguarda la regia, invece, la Lega forniva delle linee guida editoriali, cui i registi delle varie televisioni si sarebbero dovuti attenere. La scintilla verso la “regia unica” è arrivata nel febbraio 2015, dopo uno Juventus-Milan dominato dalle polemiche per un presunto fuorigioco non fischiato a Tevez e mostrato in televisione, secondo taluni, in modo condizionato dai broadcaster.

sei club in proprio

In cosa consiste la “regia unica”? La Lega fornisce “le menti” che stanno dietro il racconto delle partite in tv, ovverosia i registi. L’obiettivo è di attenersi maggiormente alle linee guida, che tra le altre cose stabiliscono il divieto di riprendere o enfatizzare immagini con contenuti negativi, quali violenza, striscioni offensivi. I registi quindi coordinano un team di produzione, che per legge spetta ai club: le società scelgono poi se delegare alla Lega o eventualmente ai broadcaster. Ma questa scelta (oggi sono sei i club che producono per conto proprio) riguarda solo il cosiddetto service, ovverosia camere, operatori, mezzi regia ecc, e non c’è altro tipo di ingerenza nel raccontare la partita: è infatti comunque il regista a dare le indicazioni su come lavorare e su cosa mandare o meno in onda.

diritto di cronaca

Di tutto questo si è occupato Vittorio Di Trapani su Professione Reporter tre anni fa: “L’insieme di norme sui diritti sportivi e regia unica si traduce in una lesione del diritto di cronaca. Insomma, le attuali leggi e regolamenti rendono impossibile un racconto completo di tutto ciò che avviene dentro uno stadio. A danno dei cittadini ai quali, quindi, noi giornalisti non possiamo fornire il servizio migliore cui loro hanno diritto. Con le attuali regole c’è chi decide per tutti voi dove dovete rivolgere lo sguardo, cosa potete vedere e – soprattutto – cosa no. Ed è la Lega Calcio di Serie A che amministra i diritti tv, produce e li vende per conto dei club di calcio. E’ bene sapere che: 

1- Le immagini della serie A sono prodotte da un unico soggetto. E sono uguali per tutti.

2- All’interno dello stadio non possono entrare altre telecamere. Pertanto nessun altro video è consentito se non quelli messi a disposizione dal Produttore dell’evento.

3- Ora addirittura si impedisce ai giornalisti seduti in tribuna stampa di scattare foto. Insomma, un tifoso può scattare una foto. Un giornalista in tribuna stampa no”. 

Professione Reporter

(nella foto, il fotogramma dell’invasione di campo a Doha)

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