di GIANNI GIOVANNETTI

“… Li dobbiamo guardare in volto”, scrive il Direttore de la Repubblica, Maurizio Molinari a proposito dei fratelli Bianchi. 

Io credo che stia proprio qui il tema che mi sembra sollevare Michele Serra, in un articolo sul giornale. L’autore de L’Amaca si riferisce a una rappresentazione visiva reiterata dei due condannati all’ergastolo per aver ucciso a calci Willy Monteiro (Colleferro, 6 settembre 2020), con “i loro tatuaggi, la loro aggressività palestrata, la loro postura da bulli in posa da combattimento”. 

Meglio non si poteva riferire quell’immagine che infatti mi torna immediatamente agli occhi, proprio come la descrive Serra. 

Sono i bicipiti che vengono cliccati, non il “volto del male”. È quell’aria da “malavitosi ma belli di periferia”, quella strafottenza giovanile che si ritrova in milioni di altre pose di ragazzi “normali” a ingannare e ad essere ossessivamente riproposte allo stesso scopo. 

Io chiederei a Maurizio Molinari di cominciare domani a pubblicare le loro facce in primo piano, a isolarle dal contesto fisicante che le contorna e dirotta l’attenzione altrove, un altrove tutto sommato apparentemente meno colpevole.

E insieme a quei due primi piani, dove ognuno può vedere il male di cui parla Molinari, sempre e accanto un primo piano di quel ragazzo sorridente, e ignaro del male, che si chiamava Willy. 

Io penso che questo sarebbe dovuto accadere fino ad oggi, invece di riempire una paginata accademica sull’etica della scelta tra il Bene e il Male nel giornalismo contemporaneo.

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