di MICHELE MEZZA

La sentenza sulle copie digitali gonfiate al Sole 24 Ore, che ha portato, in primo grado, alla condanna del direttore dell’epoca del quotidiano della Confindustria, Roberto Napoletano, credo che introduca una torsione radicale nella tradizionale visione e funzione del responsabile di una testata, oltre che degli stessi giornalisti.

In sintesi, i magistrati sostengono che nelle attività digitali di una redazione il ruolo di direttore va a sovrapporsi e a coincidere con quello del capo impresa, e che tutte le azioni di carattere organizzativo ed editoriali comportano un riflesso diretto su aspetti fondamentali dell’attività dell’azienda nel cui ambito agisce la testata. Ora al netto del merito del contenzioso, il punto che mi pare importante mettere a fuoco è proprio questo: come nei nuovi processi produttivi e tecnologici delle pubblicazioni digitali mutino i profili professionali, la struttura gerarchica e le caratteristiche specifiche delle funzioni prettamente giornalistiche.

competenze e abilità

Le esperienze che stanno maturando, soprattutto all’estero, come risulta ad esempio dal libro “Mercanti di verità” (Sellerio) di Jill Abramson, che ci documenta l’evoluzione dell’organizzazione editoriale negli USA, ci mostrano con grande evidenza che l’evoluzione tecnologica, con la convergenza fra digitale e versione cartacea, e la moltiplicazione dei format e dei servizi che sviluppano le redazioni addentrandosi nel mondo virtuale, come stiano cambiando le competenze e abilità dei giornalisti, intrecciandosi sempre più con funzioni strategiche tipiche dell’ambito manageriale, come il marketing, la comunicazione d’impresa, l’ingegnerizzazione dei sistemi produttivi, la logistica interna ed esterna, la distribuzione.

La natura stessa della digitalizzazione, che implica una selezione e aggiornamento costante dei processi produttivi e degli apparati tecnologici in base ai linguaggi e alle modalità espressive della redazione costringe e valorizza, al tempo stesso, il giornalista a diventare soggetto centrale della riorganizzazione e ingegnerizzazione dei nuovi assetti tecnologici ed editoriali della testata.

pubblicità e marketing

In questa logica diventa non più distinguibile la figura del direttore responsabile, e dei suoi collaboratori redazionali, da quelle dei manager della pubblicità, della diffusione. Del marketing e della gestione del personale.

Gli assetti infatti sono sempre più liquidi, in evoluzione, si devono costantemente adeguare ai contenuti ed alle formule organizzative della redazione, e reclamano costantemente la complicità dei giornalisti, lungo tutta la catena gerarchica redazionale, per ottimizzare il processo produttivo complessivo dell’impresa.

Pensiamo in queste settimane di guerra, come il nucleo di direzione di una testata abbia dovuto intervenire per gestire le modalità organizzative che portavano gli inviati e i corrispondenti a dotarsi di riferimenti tecnologici, come droni, motori di ricerca, intelligenza artificiale, cloud dedicati, ecc. Così gli stessi giornalisti hanno poi dovuto elaborare e sperimentare formule di pubblicazione e diffusione che valorizzassero il lavoro interno, moltiplicando prodotti e servizi per gli utenti.

obbligo di intervenire

Un contesto questo che da una parte rende inevitabilmente i giornalisti, tutti i giornalisti, responsabili della gestione digitale in tutte le sue fasi e componenti, compresa ovviamente la distribuzione e diffusione e dall’altra impone ai giornalisti l’obbligo di intervenire e controllare le applicazioni e implementazioni digitali che non potranno mai essere solo di competenza e di responsabilità della proprietà o della gestione dell’azienda.

In questa trasformazione si ricava la necessità di aggiornare gli istituti contrattuali e sindacali, oltre che l’impalcatura organizzativa e professionale della redazione. I Comitati di redazione, ad esempio, proprio alla luce della sentenza sul Sole 24 Ore, non potranno più ignorare le modalità di diffusione delle copie digitali, e saranno chiamati ad esercitare un’azione di vigile controllo e verifica costante, anche ai fini di una possibile responsabilità penale.

processo negoziale

Diventa così urgente adeguare la tradizionale catena di responsabilità ed autonomie che fino ad ora ha legato il lavoro giornalistico lungo la filiera proprietà-direttore- staff di direzione-responsabilità di contenuto-giornalisti, collaboratori.

La manifattura digitale, con il coinvolgimento, direi la compromissione, dei diversi profili redazionali nei diversi stadi organizzativi reclama in questo un nuovo statuto dell’impresa editoriale, dove l’integrazione di memorie, intelligenze e infrastrutture, fra cui ad esempio anche la scelta dei fornitori di tecnologia, sono funzioni che comportano una possibile lezione all’autonomia e trasparenza professionale e che dunque oggi debbono essere al centro di un processo negoziale permanente, per confermare il giornale come opera collettiva per eccellenza.

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