Sotto il Foglio Sportivo, il sabato, c’è una bella indicazione, sotto la testata: “A cura di Umberto Zapelloni”. Zap, il gigante del giornalismo sportivo, in tutti i sensi, da sei mesi  ha preso in mano l’inserto del Foglio. Zapelloni è un collaboratore nobile, un consulente, un freelance di pregio, classe ’62, gran curriculum, sino al licenziamento, unico, da vicedirettore, alla Gazzetta dello Sport. E su Il Giornale, la pagina del ciclismo del sabato è firmata in testa, a cura della redazione sportiva, responsabile Benny Casadei Lucchi, all’anagrafe Beniamino.

Sarebbe bello se tutte le pagine fossero firmate, non solo certe speciali, non solo certi inserti, sarebbe bello per dare nobiltà al lavoro di redazione.

Mi raccontava Paolo De Paola, su vannizagnoli.it, che un redattore dovrebbe amare la sua pagina, sono d’accordo. Il famoso lavoro di cucina.

Sarebbe bello se ogni pagina fosse firmata, a cura di. Non solo le pagine nobili, ma proprio di default.

Anche, sotto la mail del settore di un quotidiano scrivere i nomi dei redattori, si spreca spazio ma si dà soddisfazione e oggi con le redazioni assotigliate l’elenco non sarebbe infinito.

“Chi ha la pagina?”, ho chiesto per anni, in varie testate. 

Ci sono grandi deskisti di grandi quotidiani che sono ignoti anche a me, onnivoro di firme e di tutto quanto riguardi giornalisti.

Pagina a cura di, per spiegare chi fa i titoli, non tanto come onere, in caso di querelle giudiziaria, ma proprio come onore, disegno – spesso però è dei grafici – scelta delle foto, didascalie, titoli, telefonate ai collaboratori. 

Magari le piccole redazioni avrebbero problemi a far sapere che sono in pochi, a lavorare al giornale. 

In radio, per esempio, Rai, elencano nelle edizioni principali il vicedirettore e chi ha lavorato alle edizioni del giornale radio..

Anche nei siti, delle grandi testate, si potrebbe indicare non solo il responsabile della redazione, ma tutti i nomi dei redattori. Andrea Tempestini è il capo del sito di Libero, Andrea Indini de Il Giornale, Guglielmo Nappi de Il Messaggero.

Magari a chi non firma non interessa proprio apparire, può essere, ma in realtà sono pochi.

Il re dei senza firma è Antonio Cantù, da quando è alla Gazzetta dello Sport, talmente ignoto che da Google neanche esce. “Son Cantù, ciao”, mi chiamava con la sua voce cavernosa a L’Indipendente – raro – e poi ad Avvenire.

vanni.zagnoli@icloud.com

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