di MARCO POLITI

E’ singolare che l’intervista di papa Francesco a “Che tempo che fa” sia stata criticata ancora prima di andare in onda. Non parlo di coloro che avrebbero voluto essere al posto di Fazio, mi riferisco a chi ha agitato il fantasma di una desacralizzazione del ruolo papale in una trasmissione cocktail di informazione e intrattenimento.
Un argomento ritrito da quando Karol Wojtyla decise di collegarsi con Bruno Vespa a “Porta a porta” nel 1998, facendogli la (finta) sorpresa di una telefonata. Era tutto organizzato dal geniale portavoce vaticano Navarro-Valls.
Giovanni Paolo II è stato il primo a darsi senza rete ai giornalisti nelle conferenze stampa in aereo, durante i voli internazionali, permettendo ad una trentina di inviati di tutto il mondo di porre qualsiasi domanda. Eventi che si ripetevano in media quattro volte l’anno: uno screening eccezionale del ruolo e della geopolitica papale. (Benedetto XVI, non sentendosi a suo agio, avrebbe chiesto domande inviate in anticipo. Francesco ha ripristinato l’uso di domande non concordate).

strumento di governo

Giovanni Paolo II e Francesco hanno sempre lucidamente considerato il rapporto con i mass media uno strumento di governo. Non è un caso la scelta che il pontefice argentino fece poco dopo essere eletto. Aprire un dialogo costante con Eugenio Scalfari. Significava interfacciarsi con l’opinione pubblica fuori da ogni recinto confessionale.
Francesco è il primo papa che non sia nato in un ambiente quasi esclusivamente cattolico, in un paesino italiano, in un villaggio bavarese, in una città di provincia polacca. (Sebbene già con Wojtyla si possa vedere quanta influenza avrà sul suo pontificato il fatto che a Wadowice ci fosse una forte comunità ebraica ed ebrei fossero suoi amici).
Buenos Aires è una metropoli del mondo globalizzato, nel nucleo centrale vivono tre milioni di abitanti, con la grande fascia urbana si arriva a quattordici milioni. Una mescolanza di etnie. Un incrocio di religioni e tendenze spirituali: cattolici e riformati, ebrei, musulmani, pentecostali, agnostici, atei, seguaci di religiosi orientali e appartenenti ad una robusta massoneria. 

pubblico trasversale

Scalfari, laico, ateo, affascinato e attento al fenomeno religioso, di forte impronta anticlericale, era l’interlocutore perfetto. Mediando i colloqui con il pontefice secondo la sua cultura, il fondatore di “Repubblica” li portava in pagina per un pubblico trasversale. Una scelta strategica, che riflette la volontà di Bergoglio di interloquire con la società nel suo pluralismo culturale.
Egualmente strategica è stata la decisione di dare nel 2015 la prima grande intervista sul pontificato all’emittente messicana “Televisa” (condotta da Valentin Alazraki, resta una pagina di giornalismo, replicata nel 2019 da un secondo incontro con Bergoglio). In tal modo Francesco si ricollegava in presa diretta con il grande e complesso mondo cattolico ispano-americano, fortemente presente anche negli Stati Uniti.

Il pontefice argentino è sempre stato eclettico nelle sue scelte. Passando da giornali come il “Pais” in Spagna o settimanali come la “Zeit” in Germania, al milanese “Scarp de tennis”, simbolo di quelle periferie esistenziali verso cui la Chiesa deve in primo luogo rivolgersi.

vespa e TV2000

Individuare il canale televisivo italiano, a cui dire di sì, è come sempre in Vaticano una valutazione soppesata accuratamente. Vespa aveva già avuto la sua primizia con Wojtyla, scegliere Mentana sarebbe potuto apparire come una scelta di campo (editoriale). Da Mediaset Bergoglio era già stato ospitato due volte nel 2021. E naturalmente (nel 2020) era stato intervistato dall’emittente dei vescovi “Tv2000”.
Dunque, Rai3, da Fazio. Un programma di informazione e, in senso largo, di intrattenimento.
Jason Horowitz, corrispondente del New York Times, ha definito la trasmissione newsless. Un gioco di parole tra “senza notizie” e “senza utilità”. Venendo da un giornalista estraneo alle tensioni concorrenziali italiane, vale la pena di approfondire.
Sono tre, in prima battuta, le lezioni che si ricavano dall’evento.
Non ingannare gli spettatori. E’ inutile fingere che si tratti di una intervista in diretta, se poi uno sguardo attento scopre che l’orologio del papa segna in vari momenti ore diverse. Dunque si tratta di una trasmissione registrata, tagliata e lavorata.
L’Italia è un paese plurale. L’emozione insistita dell’intervistatore, le sue esclamazioni di meraviglia davanti alle parole del pontefice non riflettono minimamente la temperie culturale della società italiana contemporanea. Sembrava a tratti di sentire toni nei confronti della Bianca Figura, che ricordavano decenni lontani, in contrasto con il panorama attuale, in cui il consenso per Bergoglio è molto alto e al contempo un 30 per cento della popolazione sente Dio poco vicino, mentre un venti per cento non crede proprio o trova la domanda stessa indifferente.

Abusi e crisi russia-Nato

Mancavano domande cruciali. E’ stato notato da più parti e non da colleghi invidiosi. Niente sulla crisi Russia- Nato che incombe sull’Europa, niente sugli episcopati che fanno indagini sugli abusi e su quelli (come in Italia) che rimandano continuamente la questione, niente sul celibato dei preti e sull’accesso delle donne al sacerdozio di cui si parla in Germania.
Il primo interrogativo è se in Vaticano abbiano rifiutato domane scottanti. Il secondo è perché eventualmente Fazio si sia lasciato imporre limiti che ai giornalisti stranieri non sono stati posti. Un giornalista saprebbe sempre come porre con garbo e chiarezza questioni anche spinose.
Di suo Bergoglio ha messo la sua conosciuta capacità comunicativa. Non parla come un papa-monarca, non parla ex cathedra, non usa tono di comando o di lezione. Si sente la sua scelta: muoversi come un discepolo di Cristo sulle strade polverose di Galilea, in mezzo a gente di ogni tipo e tendenza. Si sente la sua convinzione che essere cristiani non è andare soltanto a messa la domenica, ma significa spendersi per l’altro come il buon Samaritano. Curarsi dei poveri, di chi è lasciato da parte, dei migranti, degli affamati, dei bambini lasciati a se stessi o affogati nella grande tomba del Mediterraneo. Riflettere sulla vendita di armi e sui soldi che vengono succhiati dalle guerre, mentre potrebbero colmare la sete di educazione e la fame di cibo. Riflettere e agire per contrastare radicate ingiustizie e disuguaglianza. Sapere perdonare.

all’altezza degli occhi

Francesco dialoga sempre in maniera pacata, parla – secondo un detto tedesco – alla stessa altezza degli occhi del suo interlocutore. Alla gente, agli ascoltatori di qualsiasi tendenza il suo messaggio arriva in modo diretto. E questo continua a piacere. Quasi sette milioni lo hanno seguito, con picchi di 8,7 milioni.
Poiché ogni apparizione mediatica papale non è mai casuale e il momento temporale conta, è giusto porsi anche un’ultima domanda. Perché adesso?
Perché proprio ora Bergoglio ha voluto presentarsi nell’arena televisiva?
La risposta si può trovare nella cerimonia drammatica e coinvolgente del 27 marzo 2020, primo anno della pandemia, quando Francesco solo in piazza San Pietro deserta si prese sulle spalle le angosce e il disorientamento di milioni di persone, ricordando che si è tutti nella stessa barca e bisogna salvarsi tutti insieme e bisogna scegliere tra ciò che è necessario e ciò che è dannoso. “O siamo tutti fratelli o crolla tutto”, avrebbe poi detto. E nella sua enciclica Fratelli tutti dell’ottobre 2020 avrebbe poi sviluppato la visione di una ripartenza segnata da una nuova economia “sociale” di mercato, dal superamento delle disuguaglianze, dal modello di una economia sostenibile in termini di contrasto deciso al degrado naturale.Le cose non stanno andando così. Si parla molto di green economy e intanto le disuguaglianza crescono a livello mondiale. (Più di cento milioni di nuovi poveri, altre centinaia di milioni risospinti indietro nella prospettiva di ascesa sociale, il tema dei migranti praticamente accantonato, l’espandersi di una nuova mentalità da guerra fredda).
E allora Francesco ha sentito il bisogno di intervenire. Sente i segnali negativi crescenti. Ha capito che si fa largo lo slogan “Siamo tutti nello stesso mare, ma in barche diverse”…..
Perciò insiste, come ha fatto in Tv, che bisogna “toccare con mano le miserie” e non voltarsi dall’altra parte.
                                        

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