di ALBERTO FERRIGOLO

“Condotta antisindacale”. Con questa motivazione Il Gazzettino di Venezia, Gruppo Caltagirone (Il Messaggero e Il Mattino di Napoli), il 31 gennaio è stato condannato dal Tribunale civile di Venezia, sezione Lavoro, nelle figure del suo direttore Roberto Papetti e del legale rappresentante Roberto Ganelli. 

I fatti risalgono al 2021, quando il direttore ha opposto un netto rifiuto, “protratto nel tempo”, al confronto sindacale con il Comitato di redazione, regolato dall’articolo 34 del contratto nazionale giornalistico, sui temi dell’organizzazione del lavoro interno. Un atteggiamento sfociato anche nel rifiuto a concedere l’assemblea di redazione a fine settembre e di pubblicare un comunicato del Cdr sul giornale. 

spostamenti anti-sciopero

Sotto accusa anche le affermazioni contenute in un editoriale, a firma del direttore, dei primi giorni di ottobre, nel quale Papetti “in prima pagina dava un giudizio pesantemente negativo sullo sciopero, esprimendo il suo disappunto per il disvalore etico di una scelta che penalizzava il cittadino lettore, privandolo del diritto all’informazione, in un momento importante quale quello post elettorale”, come si legge nel ricorso presentato dalla segreteria Regionale del Sindacato dei giornalisti del Veneto, che ha ritenuto il testo lesivo dell’immagine del Cdr e di tutta la redazione scesa in sciopero, quasi all’80%. Lo stesso direttore, “senza informare il sindacato, come è stata da sempre prassi dell’azienda nel rispetto delle prerogative sindacali di cui all’art. 34 del Ccnl, ordinava spostamenti di giornalisti dalla sede di Treviso verso quella di Venezia-Mestre al fine di sostituire gli scioperanti, così riuscendo (almeno il primo giorno di sciopero) a pubblicare l’edizione del giorno successivo con i soli fascicoli locali di Venezia-Mestre (dove ha lavorato solo il caporedattore) e Treviso (dove hanno lavorato 6 giornalisti su 11)”.

La segreteria del sindacato regionale lamenta che “il conflitto sindacale è all’interno del giornale è molto più ampio e ha radici lontane”, perché “da diversi anni ormai, la scelta dell’editore è quella di rifiuto del dialogo con il sindacato”.

lavoro usurante

I redattori de Il Gazzettino denunciano “un’organizzazione del lavoro inaccettabile”, dove “i carichi sono enormi” e i giornalisti “sono tenuti a svolgere mansioni non proprie del loro ruolo ed inquadramento”, con redattori “che da decenni ‘coprono’ settori specifici – politica, economia, giudiziaria, nera, cultura, etc – ai quali non vengono riconosciute le cosiddette ‘qualifiche orizzontali’, come quelle di redattore esperto o redattore senior. Ma non è tutto: un giornale dove i vice capiservizio “sono messi a capo di redazioni periferiche come Treviso e Rovigo, quando per quanto dispone il contratto di lavoro (art. 11) queste devono essere dirette da un caposervizio”. E ancora: redazioni in cui “vi è un utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative, che altro non si può definire se non selvaggio: i collaboratori sono remunerati in modo largamente insufficiente (4 euro fino a 1.200 battute, fino a al massimo di 19 euro per pezzi di apertura), sono costretti a carichi di lavoro usuranti e devono essere sempre disponibili”.

incontrarsi in autostrada

Poi, lo smart working: “La chiusura iniziale delle attività per ridurre il contagio da Covid-19 nel 2020 è stata disposta senza limiti di tempo e continua tutt’ora, oltretutto con modalità vessatorie: ad esempio non vi erano computer sufficienti per ciascun giornalista e per mesi i redattori sono stati costretti a scambiarsi il computer nei giorni di riposo, di ferie e di cig con chi era destinato a sostituirli, anche percorrendo molti chilometri per consentire lo scambio, che avveniva solitamente incontrandosi in autostrada o a casa del singolo o in altri luoghi, vie o piazze; nell’attività in smart working non vi è alcuna limitazione di orario, né disconnessione perché i giornalisti in stragrande maggioranza sono costretti a utilizzare telefonini personali e quindi vengono contattati di continuo”, si legge ancora nel ricorso presentato. Le sedi de Il Gazzettino sono ancora chiuse, tutti lavorano da casa, tranne un piccolo gruppo operativo nella sede centrale.  

A parte la questione del comunicato non pubblicato, il tribunale lagunare ha accolto tutte le istanze sollevate dal Sindacato Veneto dei giornalisti. Sulla reiterata volontà del direttore e dell’editrice di sottrarsi al confronto sindacale, il tribunale fa notare che “la doglianza appare fondata in quanto il modus operandi della società non rispetta in modo pieno e corretto il diritto di informazione e confronto” contenuto nell’articolo 34; e se “è ben vero che l’ organizzazione del lavoro rientra nelle prerogative dell’imprenditore” altrettanto lo è il fatto che “nello specifico settore la contrattazione collettiva sub art 34 riconosce al Cdr una specifica, forte, forma di partecipazione”, tant’è che è “proprio in questa situazione che la mancata attivazione di incontri periodici quindicinali come previsti dalla disposizione contrattuale in questione finisce per integrare condotta antisindacale”. 

spirito costruttivo

Quanto all’assemblea generale non autorizzata, il legale rappresentante Ganelli è addirittura arrivato a sostenere che “l’assemblea non si comunica, ma si richiede”, mentre il tribunale ha ritenuto che sulla base dell’ex articolo 28 Statuto dei lavoratori, siano ravvisabili gli estremi della condotta antisindacale. 

Insomma, sconfitta dell’ editrice Il Gazzettino su tutta la linea. “Ricorrere al tribunale non è una vittoria – ha dichiarato la segretaria regionale Sindacato dei giornalisti del Veneto, Monica Andolfatto – ma questo passo si è reso necessario di fronte a una condotta fortemente lesiva del ruolo e della rappresentanza del Cdr. L’augurio è che da ora si possano stabilire relazioni sindacali approntate a quello spirito costruttivo cui il Cdr e lo stesso sindacato mai si sono sottratti, consentendo all’azienda di gestire crisi e situazioni di difficoltà”. Aggiunge inoltre l’avvocata Maria Luisa Miazzi, che ha assistito il sindacato, che il decreto-sentenza “fa giurisprudenza” e che da esso si possono trarre le indicazioni che “l’articolo 34 per quanto tarato su una realtà di relazioni sindacali che può sembrare datata, in verità mantiene anche oggi tutta la sua attualità ed è uno strumento da non trascurare per entrare nel merito delle questioni, sempre e comunque”. E non si tratta di “una questione di poco conto: il decreto dice all’editore che mi devi convocare, mi devi ascoltare, devi ascoltare la mia opinione e le mie ragioni e questo è assolutamente un punto di forza del sindacato interno, anche se poi per gestire i rapporti bisogna anche avere la forza dietro, saperla attuare”.

Insomma, Direttori e proprietà non possono fare il bello e il cattivo tempo a piacimento. Ma trovano terreno fertile nella crisi dei Comitati di redazione. A meno che non vi sia chi, come il sindacato Veneto ricorra alla magistratura. Le cui motivazioni sono ora valide erga omnes. 

(nella foto, Francesco Gaetano Caltagirone, proprietario del Gazzettino di Venezia)

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