di ALBERTO FERRIGOLO

I giornalisti del Gazzettino di Venezia hanno scioperato lunedì 4 ottobre, dopo il primo giorno di elezioni amministrative, con decisione di punto in bianco. Motivo ufficiale: “Denunciare la continua opera di delegittimazione di direttore e azienda nei confronti delle rappresentanze sindacali e la negazione di una dialettica costruttiva e collaborativa per cercare di superare la crisi del settore editoriale”. Motivo reale, l’aver tolto dalla foliazione del giornale, con spazio in pagina già assegnato, gli articoli di cronaca nera di due collaboratori a causa del raggiunto limite del plafond di collaborazione. Un’evenienza non infrequente, che si è ripetuta per l’ennesima volta.

Si tratta di uno degli ormai tanti episodi che “sono solo l’epilogo di una stagione in cui il direttore si è sottratto in maniera sistematica al confronto con il Cdr sull’organizzazione del lavoro a fronte di carichi di lavoro appesantiti da cassa integrazione, smaltimento ferie imposto, mancati reintegri in pianta organica di colleghi morti prematuramente, pensionati, dimissioni volontarie”, come si legge in una nota del Comitato di redazione della testata lagunare. 

applicata la “tagliola”

Il punto, però, è che nel quotidiano del Gruppo Caltagirone (Il Messaggero, Il Mattino di Napoli, Leggo) da tempo è stato fissato un tetto al numero degli articoli che ciascun collaboratore può pubblicare nell’arco di un mese e, una volta arrivati al limite, la direzione applica la “tagliola” e non pubblica più gli articoli, indipendentemente dall’oggetto dell’articolo. Può essere una semplice notizia come uno scoop, con un’inevitabile impoverimento della qualità del quotidiano, che rischia di prendere “buchi su buchi” dalla concorrenza. Ma è la legge dei conti, improntata a una rigorosa logica del risparmio. In Il Gruppo Caltagirone continua ad applicare uno “smart working selvaggio”, prosegue la nota del Cdr, “tutt’ora applicato ininterrottamente da inizio pandemia, rispetto al quale c’è sempre stato il rifiuto di sedersi a un tavolo sindacale”. Tanto che non manca chi sottolinea come “ormai il giornale si fa per corrispondenza”.

sostituzioni mancate

Il fatto è che tra tagli, prepensionamenti, licenziamenti, cassa integrazione e dimissioni volontarie, gli organici al Gazzettino si stanno affievolendo, cosicché i collaboratori diventano sempre più indispensabili per la fattura del giornale, tanto che andrebbero “a inserirsi in maniera significativa nell’organizzazione del lavoro dei giornalisti dipendenti”, sottolineano e rivendicano i giornalisti. 

L’adesione allo sciopero è stata massiccia, con la sola eccezione della redazione trevigiana, andata in soccorso del direttore Roberto Papetti, che martedì 5 ottobre è riuscito comunque a far uscire un giornale incompleto, per riuscire però a dare i risultati delle elezioni. Poi, Papetti è stato costretto a cancellare l’edizione di mercoledì 6, a causa di un secondo sciopero di reazione e di protesta dei giornalisti. A questo proposito un nuovo comunicato del Cdr evidenzia di trovare “stupefacente che il direttore minimizzi a ‘ragioni interne’ la violazione dello Statuto dei Lavoratori, la violazione del contratto nazionale giornalistico, il rifiuto di confrontarsi con le rappresentanze sindacali, la mancata sostituzione di colleghi morti prematuramente, di pensionati e di dimissionari, i carichi di lavoro insostenibili, il tetto imposto ai pezzi dei collaboratori”, ciò che “ha causato una ferita profonda che sarà difficilissimo rimarginare e che dimostra scarso rispetto del lavoro giornalistico di tutti i suoi redattori”. 

(nella foto, il direttore Roberto Papetti)

LASCIA UN COMMENTO