di ALBERTO FERRIGOLO
Il suo governo è in carica da quasi cinque mesi. Come comunica Mario Draghi? Per rispondere, i giornalisti italiani preferiscono l’anonimato. In ogni caso, emerge che le notizie arrivano con il contagocce. Aneddoti zero. Tuttavia, i ragionamenti non mancano. Come i distinguo, le precisazioni, le puntualizzazioni. La portavoce Paola Ansuini? Rispetto a Casalino, che seguiva Giuseppe Conte, “c’è e risponde”, “ascolta”, “è molto disponibile”, “se la chiami, anche attraverso il numero dell’ufficio stampa e lasci il nome, richiama”.
Ansuini è la portavoce ufficiale del premier e di Palazzo Chigi. Viene dall’ufficio comunicazione della Banca d’Italia, si occupa dei media nostrani. Poi ci sono Ferdinando Giugliano e il suo braccio destro Nicola Lillo. Il primo è il consulente per i media del premier, con delega ai rapporti con l’estero: negli ultimi quattro anni ha lavorato a Bloomberg, prima ancora al Financial Times ed è stato opinionista per la Repubblica. Il secondo viene dalla comunicazione di Cassa depositi e prestiti. Sono i tre speakers essenziali, che hanno archiviato l’era Casalino, fatta da una struttura di comunicazione con una pletora di persone di partito, ora ritrasferita dentro la casa a Cinque Stelle.
colpo a effetto
Quel che manca complessivamente, per alcuni, “è lo spin”, “il colpo ad effetto a correggere le tendenze”, l’informazione data per chiarire e far comprendere, per consentire di potersi meglio orientare. Un lavoro, che secondo alcuni, dall’ufficio di Palazzo Chigi viene svolto al minimo. Un esempio? Si evidenzia un problema alle 7 del mattino di un messaggio distorto, non pertinente, o un problema che riguarda la presidenza del Consiglio? Bene, si racconta che in genere c’è una certa lentezza della macchina a carburare, a mettersi in moto, a rispondere. Talvolta l’informazione è persino assente. Di più, sulle questioni essenziali “loro vanno direttamente sulle direzioni dei giornali”. Però il 22 aprile quando il Corriere della Sera titola “Coprifuoco, strappo della Lega”, la Repubblica va dritta al punto e scrive: “Draghi, doppio no di Salvini”. In questo caso, lo spin c’è stato sicuramente. Mirato. Diretto. E il quotidiano di Molinari ha fatto centro, azzeccando la notizia.
buono e cattivi
Insomma, manca l’aneddotica. Anche se si racconta, però, che Ferdinando Giugliano, portavoce di Palazzo Chigi per la stampa estera, all’inizio si esprimesse solo in inglese. A partire dai comunicati. Poi in doppia lingua, italiano incluso. E se Draghi delle gaffe le ha anche fatte, sapere quanto di suo ci ha messo o quanto c’è del suo staff, sarebbe davvero interessante. Ma non è facile da scoprire. Quel che manca è questo tipo di “retroscenismo”, un tempo assai in voga. È come se si fosse spento. Come se si fossero placate molte curiosità da parte del sistema informativo. Lo storytelling è: Draghi è il buono, tutti gli altri sono i cattivi. Lui media tra le parti, modera, ma quando inciampa nessuno intinge il pennino. “A parte i soliti noti del Fatto Quotidiano”.
Per esempio, caso Letta e tassa di successione. Draghi, si annota en passant, è stato tutto sommato sgarbato. Letta ha avanzato una proposta, e lui l’ha al tempo stesso snobbata e cassata. L’altra gaffe, quella su Erdogan “dittatore”, ha finito col provocare un vero e proprio incidente diplomatico, ma in quel momento non è stata affatto rubricata come gaffe e come incidente. Se n’è parlato, ma nessuno s’è chiesto se Draghi l’aveva detto consapevolmente. Le sue affermazioni vengono spesso prese e messe in pagina o date al Tg sic et simpliciter. Eppure, prima Draghi dice che con i turchi bisogna parlarci, poi afferma che Erdogan è un dittatore. Quantomeno si tratta di una contraddizione in termini. Autocrate o proprio dittatore tout court? Insomma, si sarebbe potuto indagare almeno su quanto quella forzatura in quel momento fosse voluta. Dicono i maliziosi: ci fosse stato Renzi a Palazzo Chigi o un anche il Conte degli ultimi tempi – perché alla fin fine pure Conte è stato un po’ risparmiato – non ci si sarebbe fermati…
successo pieno
Insomma, quel che vien fatto notare è che il retroscena non si esercita mai “ad personam”, piuttosto si è spostato sui partiti. Anche se pure lì, nei colloqui con i vari leader non emerge quasi mai nulla di significativo. Insomma, a tirare le somme, a dare un giudizio su come va dopo circa cinque mesi di governo dal punto di vista informativo, si dovrebbe dire che la situazione “è anestetizzata”. Da questo punto di vista è un successo pieno della comunicazione. Secondo l’ottica di Palazzo Chigi, naturalmente. Si parla sempre di comunicazione, ma il paradosso è che il tentativo è più che altro quello di abbassare il microfono. Silenziarlo. Anche se non c’è una vera e propria intenzione di spegnerlo. Come si ci fosse un filtro incorporato, condizionato e condizionante. Lo sguardo è tutto rivolto sui partiti. Forse è così perché il partito è lo strumento più contiguo alla logica della rissa all’italiana. L’uno vs. l’altro. Come in tv. Evoca il talk show.
Rispetto alla stagione Casalino, tuttavia, si fanno più conferenze stampa e sono più partecipate. Più giornalisti, più domande, più risposte. Anche se il format non è sempre uguale, varia a seconda del contesto e delle esigenze. Ma ora, a differenza del governo che l’ha preceduto, Draghi dispone di un apposito spazio, la Sala Polifunzionale in Santa Maria in Via. Anche se per la visita di Ursula von der Leyen, a Roma per ratificare il primo acconto di 25 miliardi del Recovery, Draghi ha preferito traslocare negli Studi di Cinecittà.
simngole questioni
Differenze con Casalino? C’erano conferenze nel cortile di Palazzo Chigi e miscuglio tra “cose ufficiali, ufficiose, un po’ di spin”. Mentre oggi la comunicazione è più istituzionale, ordinata, fatta di appuntamenti e discorsi ufficiali, documentazione istituzionale. Certo, se interrogato, Palazzo Chigi risponde sulla singola questione, ma spontaneamente non manda nulla, o nulla che non sia ufficiale.
La grandissima differenza riguarda l’uso dei social. “Draghi non ne fa uso”, mentre si fa uso di twitter di Palazzo Chigi e il sito è sempre molto aggiornato. Ansuini rilancia anche tramite il suo account twitter, ma il tutto è molto sincronizzato con la con la comunicazione istituzionale. Non come prima, quando Casalino faceva i Facebook live e la comunicazione era prevalentemente social. Ma si precisa: “Attenzione, non è che prima era mai, ora sempre…”. Semmai ora con lo staff di Draghi la comunicazione “è più lineare”, “meno frenetica”, “con minori cambi di programma”, ma “poi dipende anche dalle giornate”.
non mancano misteri
Non mancano i misteri. Ad esempio, lo scorso 25 febbraio tra le 18,19 e le 18,45 l’Agenzia Ansa ha battuto tre distinti take per dire che “Draghi al vertice Ue sollecita accelerare sui vaccini. Andare veloce per rallentare la corsa delle varianti”, il titolo del lancio. Occhiello: “Fonti”. Dizione inusuale. Leggendo si scopre l’arcano: “’Occorre andare più veloce’, ha sollecitato secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche europee”; nel secondo lancio si legge: “Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate”; quindi, nel terzo: “Draghi ha detto di sostenere il Covax, lo strumento per l’accesso globale ai vaccini anti Covid, ma ha messo in rilevo un problema di credibilità nei confronti dei cittadini europei se si avviassero le donazioni in questo momento. Si apprende da fonti diplomatiche europee. Draghi ha detto di comprendere in pieno le ragioni morali, ma di non essere a favore delle donazioni ora, perché l’Unione è troppo indietro sulle vaccinazioni”. Resta inevasa una domanda: chi ha diffuso il testo all’Ansa? Di quali “fonti diplomatiche europee” si tratta? Bruxelles al posto di Palazzo Chigi?
C’è chi fa notare che le contraddizioni non mancano. E che in fondo, pure l’operazione centralizzazione del Recovery plan con Draghi è sostanzialmente passata. Eppure quello della “centralizzazione” delle decisioni è stato un punto centrale della contestazione mossa da Renzi a Conte. Che ha prodotto, tra le altre cose, la crisi del governo dell’”Avvocato del popolo” e ha portato alla svolta, con Draghi che ha rimpiazzato Conte. Cosicché, alla fine, la domanda inevasa o la semplice constatazione resta sempre la stessa: a chi andranno o non andranno quei soldi che pregiudicheranno i prossimi quindici anni dell’economia italiana? Cercasi risposta disperatamente. Da comunicare quanto prima.
(nella foto, Paola Ansuini, portavoce di Palazzo Chigi)